Domenica mattina, come sempre quando non sei di turno ti svegli verso le dieci, nonostante sia rimasto a controllare le mail fino a tardi. Ieri era una delle date segnate a fuoco sul calendario: a Cardiff si giocava la finale della Champions League e la nostra squadra di giornalisti, dentro e fuori il Principality Stadium, ha avuto il suo bel daffare per raccogliere le reazioni di tifosi e giocatori. Hai ancora negli occhi le immagini del fuggi-fuggi in piazza a Torino quando qualche incommensurabile idiota ha gridato all’attentato, riprese dalla nostra bravissima corrispondente Isabella, come le altre immagini arrivate dal Bernabeu e da Cibeles, dove per la seconda volta in due settimane, i tifosi merengue hanno lasciato esplodere la loro gioia, stavolta per il primo “gran doblete” Champions-Liga dal lontano 1958, da quella leggendaria squadra con Di Stefano e Puskas.

Tutto andato per il meglio, uno dei fine settimana di lavoro più importanti dell’anno sembra chiudersi bene, con alcuni momenti memorabili che ricorderemo a lungo, come quando un tifoso del Real ha chiesto la mano alla nostra giornalista Sylvia a Cardiff (http://www.corrieredellosport.it/Tifoso del Real chiede in sposa la giornalista Sylvia Aledovideo/calcio/2017/06/03-26652710/il_tifoso_alla_giornalista_se_il_real_vince_ti_sposo_/) e tante altre piccole soddisfazioni a rimarcare una trasferta quasi perfetta.

Poi vai su Facebook e la mattinata cambia immediatamente sapore. Ennesimo attacco terrorista a Londra. Il copione sembra preso pari pari dal manuale palestinese, che a Gerusalemme conoscono fin troppo bene: furgone contro la folla, poi, armati di coltellacci, via ad inseguire i passanti per massacrarne quanti più possibile. Attimo di terrore. London Bridge è una stazione importante della metro, mio fratello Marco ci passa spesso. Poi ti ricordi che ieri sera era troppo stanco ed aveva preferito guardare la finale a casa. Sospiro di sollievo.

Il pensiero corre ai colleghi giovani, che non sottoscrivono il tuo stile di vita monacale; magari qualcuno di loro era in zona. Corri su Facebook a controllare: niente, per fortuna avevano tutti scelto zone diverse della città, stanno tutti bene. Per evitare le mille domande di amici e conoscenti, confermi di “stare bene” tramite Facebook. “Stare bene”, eufemismo dell’anno. Ti domandi come sia possibile “stare bene” quando tre dei tuoi concittadini hanno pensato che il modo migliore per placare il demone che abita nelle loro menti fosse quello di massacrare passanti inermi gridando a gran voce il nome di Allah.

Poi, come succede sempre, per evitare di perdere l’ultimo barlume di buonsenso, passi oltre. Giornata di faccende oggi, come ogni fine settimana. La pila di piatti nel lavello e la montagna di panni nel cesto ti ricordano che, attentato o non attentato, la vita continua.

L’unica differenza da una normale domenica è che, stavolta, Sky News è accesa e provvede il solito sottofondo di dichiarazioni indignate, testimonianze di sopravvissuti e pareri di esperti convintissimi che basti buttare qualche altro miliardo di sterline di soldi pubblici per risolvere il problema.

Il primo ministro Theresa May parla alla nazione: “Enough is enough”, dice. Parole forti, poi il solito richiamo ad un aumento della sorveglianza su Internet. Sorpresa, un altro pezzetto di libertà immolato sull’altare della “sicurezza”.

Il primo ministro scozzese corre subito, ansiosa di non fare di ogni erba un fascio, a dire che i terroristi sono solo una “esigua minoranza”. Tutti a sperticarsi nel dire che questo non è Islam, che tutti i musulmani non sono terroristi, il che è allo stesso tempo una banalità mostruosa ed una sorta di obolo forzato al mostro del politically correct, la tricoteuse digitale del terzo millennio, pronta sempre a chiedere la testa di qualcuno per saziare la propria, inesauribile, brama di controllare ogni parola, ogni pensiero.

La polizia annuncia di aver arrestato 12 sospetti nel quartiere di Barking, East London. Tutto secondo il solito copione, condito dalla pelosissima taqiyya dei rappresentanti della comunità islamica, che in realtà non hanno alcuna voglia di schierarsi chiaramente contro i profeti dell’odio ed i loro munificissimi protettori.

Ti fermi un attimo quando ricordi che proprio nella zona di London Bridge hai festeggiato prima il tuo compleanno, poi la seconda laurea di tuo fratello, poche settimane fa. I tuoi genitori erano venuti a trovarvi per l’occasione – sarebbe potuto succedere a te. Una serata felice, passata tutti assieme come purtroppo capita sempre meno spesso da quando abbiamo lasciato l’appartamento che avevamo affittato assieme cinque anni fa. Una serata che sarebbe potuta trasformarsi in tragedia, solo una questione di buona o cattiva sorte.

HMS Belfast lo scorso 25 Aprile

Ricordi la sagoma della HMS Belfast, l’incrociatore della Seconda Guerra Mondiale ancorato vicino a London Bridge per ricordare a tutti i sacrifici della “greatest generation”. Anche loro avevano a che fare con un’ideologia totalitaria, nemica delle libertà personali, asservita al culto dello Stato, dove l’individuo non aveva alcun posto. La sconfissero pagando un prezzo altissimo in sangue e patrimonio. L’Impero sul quale non tramontava mai il sole, esaurito dall’immane sforzo, crollò pezzo dopo pezzo.

Eppure stavolta la situazione è ancora più complicata. Stavolta il favoloso “scudo di legno” della Royal Navy non potrà niente per proteggere questa isola che continua a credersi un continente. Il nemico è tra di noi, nascosto tra le tante persone perbene che, come te, pensano solo a pagare i conti e costruire un futuro più sereno per sé e per i propri figli.

Cosa succederà domani, mi chiedete? Niente, la vita continuerà come sempre. Londra si sveglierà, forse con il tipico mal di testa del lunedì mattina, quello dovuto alle troppe sbornie del fine settimana. Si metterà in cammino, prenderà gli autobus, la metropolitana, il carissimo e mediocre caffè da infilare nelle tazzone thermos e tornerà ad affollare piazze, strade, centri commerciali. D’altro canto, come potrebbe fare altrimenti? Alla fine del mese ci sarà da pagare l’esorbitante affitto/mutuo, l’altrettanto esoso abbonamento dei mezzi, le fin troppe birre a sei sterline a pinta che ingurgitano come se non ci fosse un domani. Life must go on and will go on (http://www.unilad.co.uk/news/guy-running-from-terror-with-beer-in-hand-becomes-symbol-of-londons-spirit/).

Ancora una volta avremo occasione di vedere come il proverbiale “stiff upper lip” inglese non sia un mito e come questa città, fatta non solo di radical chic, politici, banchieri ma soprattutto di membri della working class con due dita di pelo sullo stomaco che hanno sempre tirato dritto.

Non è la prima volta che Londra è sotto attacco: nei giorni più bui del Blitz, poi quando la morte cadeva dal cielo, silenziosa, portata dalle V2 di Hitler o quando l’IRA era arrivata a mettere una bomba nell’albergo del primo ministro, tutti pensavano di poter spezzare la resistenza di questo fiero, riottoso e talvolta irritante popolo con un attacco diretto o con dieci, cento, mille attacchi diretti. Fallirono allora, falliranno anche oggi, anche se a Downing Street non c’è la Lady di Ferro ma una lady che spesso ha difficoltà a mantenere ferma la barra del governo.

Margaret Thatcher, dopo la bomba di Brighton, disse che l’unica reazione doveva essere “business as usual” e che si sarebbe dovuto tornare subito a parlare dei problemi veri, quelli importanti per tutti, senza che l’attacco cambiasse di una virgola la determinazione del governo o la propria agenda.

Allora le cose andarono esattamente così e, alla fine, quell’IRA che sembrava imbattibile dovette alzare bandiera bianca. Il culto della morte e la sua svastica calante bruciarono ingloriosamente tra le fiamme del Reichstag. Londra restò qui, indolente, orgogliosa e indifferente a tutto e tutti. Londra rimarrà anche quando, certo non domani ma in un futuro non troppo lontano, anche questo odioso culto della morte finirà nel proverbiale “ash heap of History”, a far compagnia a fascismo e comunismo.

Noi londinesi, come al solito, continueremo a tirare dritto, con il cinismo e l’umorismo dark che contraddistinguono quest’isola, dentro un’isola che ha smesso di essere centro di un Impero da tempo ma che continua ad avere un posto speciale nel cuore di chi continua a credere che la Libertà di ogni individuo sia ancora la misura di ogni Civiltà degna di questo nome.

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