Ama il proprio lavoro, soprattutto per il rapporto umano che instaura con i pazienti. Nicola Della Bartola lavora all’ospedale di Cernusco sul Naviglio (Milano) come fisioterapista. Sposato con Margherita, ha due bellissimi bambini, Sara e Alessio. Ha una grandissima passione per i colori nerazzurri e per Pisa, dove torna ogni volta che può per vedere sua mamma e respirare l’aria della sua città.

Dove abiti e da quanto tempo vivi lontano da Pisa?
Abito a Caravaggio (Bergamo) ma sono in procinto di trasferirmi a Milano, dove sono sbarcato nel 2007.

Come ti trovi da quelle parti?
Nelle campagne bergamasche non si sta male, solo che non c’è una grande sintonia con la gente che è sempre molto chiusa.

Com’è stato il primo impatto con il Nord?
Orribile Milano in particolare. Avevo la sensazione che se fossi svenuto per strada nessuno se ne sarebbe accorto visto che tutti vanno sempre di fretta.

Tua moglie di dov’è? Cosa fa?
Mia moglie è nata a Milano da genitori della provincia di Caserta e lavora in banca.

I tuoi bimbi come ti chiamano, babbo o papà?
Papà, purtroppo.

Ci puoi parlare un po’ del tuo lavoro?
Mi occupo in particolare della riabilitazione dei cardio-operati e dei cardiopatici, ma ho anche pazienti ortopedici e neurologici, anche se mi danno meno “soddisfazioni”.

Come hai deciso di fare il fisioterapista?
Dopo aver buttato tre anni a studiare alla facoltà di Biologia ho capito che la mia strada era un altra e mi sono iscritto a Fisioterapia, nel frattempo ho avuto anche un negozio di fumetti a Carrara per circa sei anni.

Fumetti? E perché proprio a Carrara?
Avevo avuto la possibilità, grazie a un livornese (risata), di aprire e gestire un negozio di fumetti e giochi. A quel tempo ero appassionato. A Carrara non c’era nulla del genere. È durata sei anni questa esperienza, durante i quali ho capito che non sarei andato da nessuna parte, così ho terminato gli studi di fisioterapia.

Fare il fisioterapista ti piace?
Da morire perché mi fa stare in contatto con la gente e mi dà la possibilità di aiutarli a recuperare da una malattia, sia fisicamente che, sempre più spesso, psicologicamente.

Poco tempo fa mi hai raccontato che molti di loro prendono bene il fatto che tu sia toscano. In che senso?
Ho un rapporto amichevole, da buon pisano tendo subito ad entrare in confidenza e a dare del tu, questo fa sì che per ogni necessità mi vengano a cercare per avere aiuti o consigli e che anche dopo svariati tempo dalla dimissione mi telefonino o mi mandino qualche pensiero. I toscani piacciono perché sono schietti e senza peli sulla lingua da loro ti puoi aspettare sincerità e passione per quello che fanno (politici a parte).

Hai mai avuto problemi per la “toscanità”?
Sì, soprattutto perché sono troppo impulsivo e spesso troppo colorito con le espressioni, ma non è un problema mio ma per gli altri… (sorride).

Cosa ti manca di più di Pisa?
Sembra banale mi mancano i pisani con i loro pregi e i loro difetti con il loro senso di appartenenza e la loro passione, con il loro criticare e lamentarsi.

Dove vivevi? Che ricordo hai della città?
Io sono figlio di San Martino dove sono cresciuto e mi sono appassionato a Pisa e alla sua storia, ogni volta che torno torno bambino e ripenso a tutte le cose che ho fatto da giovane compreso L’attaccamento al Gioco del Ponte: sono stato per sei anni sbandieratore del San Marco.

Che scuole hai frequentato?
Le Elementari alle Zerboglio, le Medie alle Fucini e le Superiori all’Its Gambacorti, dove ho conseguito la maturità scientifica. Poi, all’Università di Pisa, mi sono laureato in Fisioterapia.

Hai ancora parenti lì? Ogni quanto ci torni?
Ho sempre mia madre a Pisa e quando posso scendo a trovarla.

Se chiudi gli occhi e pensi a Pisa, mi dici la prima cosa che ti viene in mente?
Il lento scorrere dell’Arno.

Mi diresti un pregio dei pisani?
I pisani sono orgogliosi e testardi.

E un difetto?
Sono bubbolatori di professione.

Cosa vorresti portare al Nord da Pisa?
Che domanda… i pisani!

Ricordi la tua prima volta all’Arena Garibaldi? 
Anni ’80, Pisa-Juventus in Curva Nord con un’autorete di Paul Elliot al 90’. Ero con degli amici di famiglia.

Il giocatore del Pisa che ti è rimasto nel cuore? 
Potrei citare tanti giocatori che mi hanno impressionato, ma non ne ho uno in particolare perché quelli passano mentre il Pisa resta!

E la partita che non dimenticherai mai?
La finale Pisa-Monza, indimenticabile.

Come definiresti i “Pisani al Nord”?
Premetto che a Pisa ho partecipato alla vita di un gruppo, quello di Arenaromeo, molto affine ai Pisani al Nord. Ho avuto l’onore e l’onere di essere amministratore del forum dei tifosi e ho conosciuto persone fantastiche accomunate dalla stessa passione. Mi farebbe piacere rivivere tutto questo con i Pisani al Nord e per adesso la strada sembra quella.

Qual è il tuo piatto preferito?
La carne alla brace.

Ti piace cucinare?
Ogni tanto mi diletto tra i fornelli, ma senza mai fare cose complicate.

Che ne pensi de L’Arno.it?
Mi sembra uno strumento utile per rimanere informati su Pisa e sui pisani per chi purtroppo sta lontano come me.

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