C’è una ditta, a Navacchio (Pisa), che con orgoglio e tenacia da anni porta avanti il “made in Italy” nel mondo della scherma. Dalle divise ai giubbetti elettrici, dai guanti alle pedane e molto altro ancora. Tutto viene prodotto o trasformato sotto l’attenta supervisione di Eurofencing snc dei fratelli Leonardo e Simone Macchi. Numerosi i campioni del fioretto, della sciabola e della spada che hanno scelto i loro prodotti. Abbiamo rivolto alcune domande Simone Macchi, 44 anni, cercando di capire il segreto del loro successo.
Come siete partiti?
L’Eurofencing è nata nel 1997, quando abbiamo decise di portare avanti l’eredità della Dueci Escrime, fondata nel 1989 da nostro padre, il maestro di scherma Carlo Macchi, che ritenne opportuno terminare ogni tipo di attività commerciale dopo essere stato chiamato, dalla Federazione italiana scherma, a ricoprire l’incarico di commissario tecnico di tutto il settore Under 20. Da allora il nostro mercato si è allargato di anno in anno a tutte le società sportive italiane e i nostri stand sono puntualmente presenti in occasione di tutte le competizioni regionali, nazionali e internazionali.
In cosa consiste la vostra attività?
Produciamo e vendiamo materiali per la scherma, dall’abbigliamento tecnico alle pedane. La produzione avviene quasi tutta in casa. Ad esempio acquistiamo la stoffa e confezioniamo le divise, una ad una. Lo stesso per le lame: al mondo esistono solo 3-4 grandi ditte che le fabbricano. Noi le acquistiamo grezze, le elettrifichiamo e sistemiamo di tutto punto per gare e allenamenti.
Venti anni di attività non sono certo pochi di questi tempi per una Pmi. Come avete fatto?
Forse il segreto, se così si può dire, è stato questo: non sedersi mai sugli allori, ma sforzarsi sempre di migliorare i prodotti, cercando di capire le nuove esigenze e innovando. Il tutto condito da tanta, tanta passione, per uno sport in cui siamo entrati fin da piccoli, grazie alla nostra famiglia.
Obiettivi futuri?
A breve venderemo anche una maschera prodotta da noi, l’unico articolo che, al momento, non fabbrichiamo direttamente, Per noi è un grande motivo di orgoglio essere in grado di produrre tutti gli articoli che servono per la scherma: pedane, divise, scarpe, armi e presto anche le maschere. Uno degli articoli più importanti (è il primo che acquista chi tira di scherma) ma anche più complessi da realizzare.
I vostri sono tutti prodotti made in Italy?
Sì, ma aggiungerei che a parte scarpe e guanti, prodotti fuori regione, tutto il resto è “made in Pisa”. Anche la maschera, che salvo un componente, sarà prodotta interamente da noi.
Lavorate in Italia e all’estero?
Soprattutto in Italia ma ci piacerebbe espanderci fuori dai confini. Ci stiamo lavorando. Abbiamo, ad esempio, due rivenditori all’estero: uno ad Hong Kong, l’altro a New York.
Quali sono i mercati più floridi?
Gli Stati Uniti sono in grandissima espansione, sia come numero di atleti, in forte crescita, che come risultati sportivi Poi sono in espansione anche Cina e Giappone.
I concorrenti più forti?
Il leader mondiale nel nostro settore è tedesco, con rappresentanti anche in Italia.
Lo Stato via ha più aiutato o ostacolato come imprenditori?
Aiutato direi di no. Troppa burocrazia e troppi vincoli ci frenano. Faccio solo un esempio: tra poco ci sarà una gara molto importante a San Francisco (California). Ho preso contatti con alcuni uffici per avere indicazioni su come organizzare la nostra presenza lì, con uno stand. Siamo pronti a caricare un container e portarlo fino in California per far conoscere i nostri prodotti in un mercato in forte crescita. Ma ovviamente non possiamo rischiare di vederci bloccare al porto di arrivo, perché non in regola. Purtroppo gli “esperti” a cui ci siamo rivolti non hanno saputo darci alcuna indicazione utile. È solo un piccolo esempio ma fa capire come, spesso, siamo abbandonati a noi stessi.
Cosa vi servirebbe per crescere ancora di più?
Il primo passo è darci una migliore organizzazione interna, strutturandoci meglio. Così come dobbiamo potenziare la nostra presenza sui social network, sempre più importanti. Ci siamo ma dobbiamo fare di più. Operando in un settore di nicchia fortunatamente non abbiamo pagato troppo lo scotto di questi nostri ritardi. Se avessimo operato in un altro settore forse questo gap ci avrebbe già spazzato via dal mercato.
C’è un sogno che avete all’orizzonte?
Ne ho uno grande: mi piacerebbe poter organizzare un’Olimpiade, allestendo un campo gara di scherma.
Vorresti che i tuoi figli proseguissero l’attività?
Non ci ho mai pensato. Forse perché sono ancora giovane. Credo però che sia giusto che seguano, liberamente, le strade che desideranno intraprendere.
Qual è il vostro legame con Pisa?
Un legame molto forte. Ci sentiamo fieri di produrre tutti gli articoli sportivi nella nostra provincia. Purtroppo la nostra realtà conta ancora pochi iscritti. Ma il legame con Pisa ci ha permesso di crescere e di farci conoscere e apprezzare anche all’estero. Grazie, ad esempio, agli atleti della palestra Di Ciolo, che abbiamo servito e che ci hanno portato, coi loro successi, in tutto il mondo. Un punto di forza fondamentale, per noi, sono i giovani atleti che vengono alla palestra di Navacchio a fare stage e gare. Questo ci permette di farci conoscere e stabilire molti contatti anche con l’estero.
Per lavoro (e amicizia) siete legati ai successi di alcuni campioni della scherma. Ci potresti ricordare quali sono?
Partirei dallo splendido oro olimpico individuale di Alessandro Puccini nel 1996 ad Atlanta, e alle numerose vittorie mondiali ed olimpiche di Diana Bianchedi, Margherita Zalaffi, Salvatore Sanzo, Simone Vanni e Ilaria Salvatori. Tra i più recenti Enrico Garozzo, Ilaria Bianco, Irene Vecchi, Tommaso Lari e Martina Batini. Poi la fortissima squadra azzurra di spada, argento agli ultimi Giochi di Rio: Marco Fichera, Andrea Santarelli e di nuovo Enrico Garozzo,
C’è qualcosa di cui siete particolarmente orgogliosi?
Se riguardiamo indietro, soprattutto da dove siamo partiti, siamo molto soddisfatti. Abbiamo realizzato tante cose e non possiamo lamentarci. Un prodotto di cui siamo particolarmente orgogliosi è la nuova divisa con la fodera traspirante. Un nostro “cavallo di battaglia”.
Perché oggi un bambino dovrebbe avvicinarsi alla scherma?
È uno sport che ti forma, soprattutto nella vita, a partire dal rispetto per l’avversario. Io credo che sotto questo punto di vista abbia una marcia in più rispetto alle altre discipline. Uno sport molto tattico, in cui si pensa tantissimo. Una sorta di partita a scacchi, in cui però c’è anche una fortissima relazione con l’altro.
Come vedete la situazione dei cosiddetti sport minori in Italia?
Purtroppo male. Secondo me, però, facendo scelte politiche più attente i cosiddetti sport minori potrebbero crescere moltissimo, ed essere più seguiti e praticati. Credo che il demerito dell’attuale situazione, dunque, sia di chi ha governato lo sport.
Ci vuole un ex atleta per guidare lo sport?
Non è detto che sia garanzia di successo. Uno sportivo conosce l’ambiente e sa cosa vuol dire, ad esempio, tirare di scherma. Ma potrebbe non essere all’altezza a livello manageriale. È un fatto anche culturale, penso, ad esempio, alla Francia e al fortissimo impulso che da decenni sta dando allo sport nelle scuole, e in particolare alla scherma.