Nel 2009 il Pisa festeggiò 100 anni di vita. Un traguardo importante che molti altri club blasonati non hanno ancora raggiunto. Purtroppo chi all’epoca teneva le redini della società non seppe né volle fare niente per celebrare in modom degno l’evento, impelagato com’era in una difficile situazione che, di lì a poco, sfociò in una retrocessione in serie C e in un triste fallimento (il secondo in quindici anni). Per fortuna ci pensò un gruppo di volenterosi e appassionati tifosi nerazzurri, riuniti nell’Associazione Cento Pisa, a tenere alto il nome della squadra, celebrando le gesta del glorioso club e dei tanti giocatori che, nel corso dei decenni, avevano calcato il prato dell’Arena Garibaldi. Abbiamo parlato di questa bella avventura con uno dei protagonisti dell’associazione, Marco Castellano, vicepresidente del sodalizio.
Com’è nata la vostra avventura?
Era il 2009. Da poco con la mia casa editrice avevo pubblicato un libro, “Solo per la maglia”, in cui raccontavo la storia del Pisa partendo proprio dalle diverse maglie indossate dalla squadra nel corso del tempo. Fui chiamato, insieme ad altri collezionisti e appassionati, per cercare di allestire una mostra temporanea per festeggiare i cento anni del Pisa. Celebrazione che era saltata, tra retrocessione e fallimento. Quell’anno a far ripartire il Pisa ci pensò Carlo Battini, che dovette pensare a mille cose importanti, ricostruendo da zero la società. Sicuramente la festa era un di più. Così ci pensammo noi tifosi.
Come andarono i festeggiamenti?
Molto bene. Organizzammo una bella iniziativa che durò una settimana intera, alla Limonaia. C’erano moltissimi cimeli: bandiere, maglie che avevano fatto la storia e tante foto. Ebbe un grande successo di pubblico. Da lì, visto l’interesse che c’era, nacque l’idea di andare avanti, provando a realizzare qualcosa di più stabile e duraturo. Così abbiamo dato vita all’Associazione Cento Pisa.
Per fare cosa?
Da anni stiamo lavorando al progetto di creare un vero e proprio museo del Pisa. Sono passati già diversi anni da allora, ma abbiamo avuto diverse difficoltà, a partire, ad esempio, dal reperimento di una struttura adeguata allo scopo. Lo stadio, ad esempio, non prevede spazi adatti. Finalmente siamo riusciti a ottenere uno spazio idoneo, negli ex studi medici posti tra la Curva sud e la Gradinata. Ma la nuova proprietà, con la sua idea di ristrutturare lo stadio, ci ha indotto ad aspettare. Nel nuovo progetto, infatti, si prevede uno spazio ad hoc per ospitare il museo, quindi non avrebbe avuto senso sprecare soldi e lavoro per aprire una sede solo temporanea.
Avete fatto altre iniziative?
Sì, ad esempio una bella mostra itinerante nell’atrio del Comune, durata tre giorni. Poi abbiamo collaborato con il Museo della Grafica, per una mostra, e abbiamo avviato un progetto per un’iniziativa futura al museo di Palazzo Blu. E con un libro abbiamo festeggiato i 105 anni della storia del Pisa.
Quest’anno un’altra grande festa…
È stata una due giorni intensa, il 9 e 10 aprile. Abbiamo deciso di ricordare i 108 anni della nascita del Pisa con una maglia celebrativa, d’epoca, con cui i giocatori sono scesi in campo prima della partita. Una maglia molto bella, sartoriale, in cotone, cucina a mano e fatta come un tempo. Le maglie indossate dagli undici giocatori del Pisa sono state poi poste in vendita, all’asta, per finanziare due attività: il futuro Museo del Pisa e il Parco dedicato a Maurizio Alberti (guarda il progetto), grande tifoso nerazzurro morto per un malore, durante la partita Spezia-Pisa, nel gennaio 1999. Il giorno dopo, invece, abbiamo organizzato una visita allo stadio, con accesso a tutte le strutture solitamente chiuse al pubblico: dagli spogliatoi alla sala stampa, dal campo al magazzino.
Com’è andata la giornata?
Siamo rimasti sbalorditi dalle code, visto e considerato che venivamo da una brutta sconfitta in casa con il Cesena, che avrebbe potuto raffreddare gli entusiasmi dei tifosi. Invece sono accorsi in massa. Sono rimasti tutti contenti per l’organizzazione, anche perché abbiamo offerto un “pacchetto professionale”, con visite guidate a gruppi, intervallati, spiegando ai tifosi ciò che stavano vedendo e allestendo un percorso storico interessante, con i palloni usati nel corso del tempo e alcune grandi foto a segnare i momenti clou della storia del Pisa.
Che materiale avete raccolto sino ad ora e come avete fatto?
Il nostro è un lavoro costante che va avanti ormai da anni. Molti cimeli ci sono stati donati dagli ex giocatori del Pisa, che abbiamo contattato. Altri, invece, dai tifosi stessi. Disponiamo anche di un vasto archivio fotografico, che abbiamo ottenuto sempre grazie ad alcuni ex calciatori, che ci hanno messo a disposizione il materiale che avevamo e che noi abbiamo digitalizzato. Un grande ex del Pisa, degli anni Cinquanta, Giancarlo Virgili, ci ha donato i suoi scarpini. Così come ha fatto Nacho Castillo, autore di 21 gol nel 2008 (record per il Pisa). Paolo Andreotti ci ha donato maglie e scarpe. Abbiamo avuto anche la maglia di Fabrizio Barontini, bandiera nerazzurra degli anni Sessanta e Settanta, che detiene il record assoluto di presenze con il Pisa (318).
Torniamo alla maglia celebrativa. Com’è nato il progetto?
Ci piaceva tornare a celebrare la storia del Pisa con una bella iniziativa che potesse unire l’aspetto mediatico a quello sociale (raccolta fondi), rinfocolando l’amore per i colori nerazzurri. Ne abbiamo parlato con il presidente Giuseppe Corrado e l’idea gli è subito piaciuta. Dopo pochi giorni dal Pisa ci hanno chiamato comunicandoci che avevamo il via libera, ma dandoci l’incarico di curare gli aspetti organizzativi. Per noi è stata una bella responsabilità. In una settimana siamo riusciti a presentare, sulla scrivania di Corrado, tre diversi campioni di maglie celebrative, prodotti da altrettante ditte. Lui ha scelto quella che preferiva e, così, siamo passati alla produzione. La maglia, interamente fatta a mano, è stata confezionata dalla Sartoria Sportiva di calcio retrò (Milano). È stata un’edizione limitata, con tutte le maglie dei giocatori vendute all’asta per raccogliere fondi. Il Pisa, inoltre, ne ha acquistato altre cento, facendone dono ai propri dipendenti e agli sponsor.
Che maglia celebrativa avete scelto?
Fatta a due sole strisce grandi, una nera e l’altra nerazzurra, era quella che fu utilizzata nel 1959, in occasione dei festeggiamenti per i cinquanta anni del Pisa. Al centro uno scudo rosso crociato fatto a meno, lo stesso usato nel 1909, l’anno della fondazione.
Progetti futuri?
Andare avanti, dare vita al museo, a cui stiamo lavorando da anni, una collana di libri, un gioco di carte e altre iniziative d’accordo con la società. Al contempo andiamo avanti con la ricerca dei cimeli. Tra poco ne arriveranno di nuovi, davvero molto significativi per la storia del Pisa. Poi abbiamo in mente di istituire una “Hall of Fame”, conferendo ogni anno uno speciale riconoscimento ad alcune persone legate indissolubilmente alla storia del Pisa.
Che rapporti avete con le istituzioni pubbliche?
Molto buoni, sia con i vari assessori competenti che con il sindaco. Ci siamo costruiti una credibilità, nel corso degli anni, di cui andiamo fieri. E devo dire che tutti, nei nostri confronti, sono sempre stati molto disponibili, nonostante le oggettive difficoltà burocratiche ed economiche per realizzare alcuni progetti (vedi museo). Anche i responsabili del Pisa, sotto le varie gestioni, hanno sempre apprezzato e spronato il nostro lavoro.
Ricordi la tua prima partita all’Arena?
Sì, era un Pisa-Reggiana. Finì 0-0 e il Pisa tornò in serie A. Ero con mio babbo, in Curva Sud. Lui era romano, emigrato a Pisa per lavoro, e tifava Lazio. Però mi ha sempre assecondato e rispettato nella mia scelta di tifare per la squadra della mia città.
Il giocatore nerazzurro a cui sei più legato?
Berggreen. Stravedevo per lui. Non so quante volte l’avrò disegnato. Ricordo anche un episodio curioso-doloroso. Il Pisa venne a fare un allenamento a Riglione, sul campo dello Scintilla. Io mi intrufolai e, alla fine, riuscii a chiedere l’autografo proprio a lui, il mio idolo. Che involontariamente mi rifilò un pestone sul piede con i tacchetti. Mi fece un male…
A proposito di Berggreen, la sua mitica maglia numero 7, rimasta strappata durante un Pisa.Juventus del 1986 (1-1), è passata alla storia…
Sì, appartiene a un nostro amico, Davide Micheli. Ogni tanto ce la presta quando organizziamo le nostre mostre. La ricevette in dono proprio da Romeo Anconetani.