Nel suo cuore c’è ancora il giornalino che realizzò  insieme a un compagno di banco al Galileo Galilei: si chiamava “Altair” e andò avanti tutti i mesi, per i tre anni del liceo. Fabrizio Pagani è ancora molto legato a quel ricordo giovanile. Cinquanta anni, capo della Segreteria tecnica del Ministro dell’economia e delle finanze, in precedenza ha lavorato all’OCSE a Parigi. Sposato con Katharina, ha due figli: Caspar (9 anni) e Anton (7 anni). La sua famiglia vive nella capitale francese. A Pisa ha ancora gli anziani genitori, Luisa e Walter. In questa bella chiacchierata con L’Arno.it Pagani ci racconta il suo lavoro e il suo rapporto con l’amata Pisa.

Qual è il primo ricordo che ha di Pisa di quando era bambino?

Probabilmente il Ponte di Mezzo, che nel mio immaginario di bambino rappresentava una sorta di spartiacque… e poi l’asilo dalle suore Marzocco e la zona dove abitavamo Porta a Lucca, prima abitavamo l’area di via XXIV Maggio…

Da quanto tempo vive lontano?

Da molto, ormai da più di venti anni.

Ogni tanto ci torna?

Di frequente, almeno tre o quattro volte l’anno…

Cosa le manca di più?

L’apertura dei Lungarni verso il mare.

Cosa sopporta di meno?

Le zanzare…

Ci spiega in cosa consiste il suo lavoro?

Assisto il Ministro dell’economia nella formulazione delle politiche economiche del governo e coordino l’attuazione di alcune di queste politiche. Lavoriamo su temi molto vari e diversi: dalle politiche di bilancio alle facilitazioni per le imprese, dal fisco alle privatizzazioni, dagli investimenti al sistema finanziario. Fa parte piena del lavoro anche la spiegazione di quello che facciamo ed in particolare la comunicazione agli investitori delle politiche del governo e più in generale del valore del Sistema Italia.

Come ha scelto questo lavoro?

Credo che il mio lavoro non lo si scelga, ma si è scelti: io avuto la fortuna, lo dico senza falsa modestia, di esserlo.

È un lavoro più tecnico o politico?

Un misto, le misure che presentiamo al livello politico devono essere valide ed efficaci, quindi devono essere ben vagliate tecnicamente, ma devono essere anche realiste e convincenti per poter passare il vaglio politico. Non si opera mai in un vacuum.

Come e dove ha conosciuto il ministro Padoan?

Ci siamo conosciuti molti anni fa e poi abbiamo lavorato molto assieme all’OCSE su temi G20 relativi all’economia e al sistema finanziario internazionale.

Che esperienze aveva fatto prima di quella al Ministero?

Come le dicevo sono stato funzionario internazionale all’OCSE, lavorando prima sui negoziati commerciali e poi su temi G20 e G8. L’OCSE è stata una grande esperienza, una finestra aperta sul mondo. La prospettiva internazionale mi ha aiutato molto a mettere in prospettiva i problemi e le questioni dei singoli paesi, inclusi, per esempio, quelli italiani.

Se non avesse fatto questo mestiere, cosa le sarebbe piaciuto fare?

Forse studiare e insegnare storia, qualsiasi periodo mi piace ed interessa, ma l’epoca classica in particolare.

La sua professione le ha permesso di conoscere bene l’Europa, e non solo. Che immagine si ha dell’Italia all’estero?

A contrasti: tutti sono pronti ad esaltare la bellezza, la storia e l’immenso patrimonio culturale dell’Italia. In questo senso l’Italia è una vera iperpotenza culturale ed esercita il suo soft power ovunque, tanto nei paesi avanzati quanto in quelli emergenti. In alcuni osservatori e operatori soprattutto nordeuropei, rimane una certa diffidenza verso il nostro Paese dovuta alla nostra instabilità politica e a una nostra presunta (sic!) attitudine al free-riding.

Tuttavia, nella maggioranza degli investitori c’è piena percezione del potenziale economico del Paese. Questo è soprattutto vero per quegli operatori economici che sono già presenti in Italia e che la conoscono meglio. La vitalità imprenditoriale del Paese e la ricchezza del nostro tessuto produttivo fanno molta invidia all’estero.

Cosa ne pensa dei cosiddetti “cervelli in fuga”, di cui spesso si è parlato negli ultimi anni?

E’ importante che i giovani vadano all’estero a studiare / lavorare e che poi magari tornino / ripartano. / ritornino. Così come è importante che giovani stranieri vengano in Italia – e Pisa è meta ideale – a studiare e lavorare. Il governo ha adottato un pacchetto di misure fiscali assai attraente per professori, ricercatori e manager che vivono all’estero (italiani o stranieri che siano) e che vengono a lavorare in Italia. Spero che l’Università di Pisa ed in particolare la Normale ed il Sant’Anna, a cui rimango molto legato, ne approfittino. Sono contento di aver contribuito a disegnare queste misure.

Facciamo un gioco. Tra un certo numero di anni viene eletto sindaco di Pisa. Si siede intorno a un tavolo con i suoi collaboratori e indica loro le prime tre cose che vorrebbe provare a fare: quali sono?

L’attuale Sindaco sta già facendo molto bene. Cosa farei? Non so… cercherei di fare ancor più leva sugli atouts di Pisa: prestigiosa università e quindi innovazione; primaria destinazione turistica e quindi internazionalità; efficiente sistema di trasporti e quindi logistica.

Le piace il calcio? E il Pisa?

Il Pisa ci aveva fatto sperare tornando in B…

C’è un giocatore del passato che le è rimasto nel cuore?

Due: Di Prete e Barbana del grande Pisa di Anconetani.

Si ricorda la prima partita che ha visto all’Arena?

Alla fine degli anni Settanta, un Pisa-Catania vinto dai nerazzurri 2 a 1, che ci permise di tornare in B.

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