Ha sempre avuto la passione per la danza. E l’ha coltivata con passione e tenacia, conseguendo risultati molto importanti. Andrea Bibolotti, 38 anni, da Cascina ha raggiunto livelli altissimi sui palcoscenici di mezza Europa. Rientrato in Italia, oggi fa il coreografo e l’insegnante di danza Classica, Moderna e Contemporanea. Non ha mai dimenticato quella volta in cui un doganiere svizzero lo ricoprì di insulti (solo perché italiano). Ma alla sua esperienza all’estero deve tanto. Anche se è felicissimo di essere tornato a vivere in Italia.
Quando sei partito per andare all’estero?
Sono andato all’estero a 20 anni dopo avere ultimato il servizio civile e dopo due esperienze in compagnie di danza italiane. Sono stato ingaggiato da una compagnia francese per giovani danzatori dove mi sono ritrovato ad avere colleghi di ogni paese europeo, Svezia, Finlandia, Grecia, Francia, etc. Ero l’ unico italiano, ma sopratutto l’unico a parlare solo la sua lingua madre.
È stata dura?
L’ inglese era parlato più o meno in maniera egregia da tutti gli altri e nonostante un primo momento in cui mi sono sentito isolato, non mi sono mai abbattuto grazie sopratutto ad un collega greco (che è tutt’oggi il mio migliore amico) Harris Gkekas, che mi ha aiutato fin da subito con il francese. Dopo due mesi riuscivo già a seguire un film in francese, questo perché imparare la lingua velocemente è stato elemento fondamentale di socializzazione. Dopo tre mesi in compagnia sono entrato nel primo cast di una produzione, guadagnandomi così un posto sicuro per le tournée della compagnia e permettendomi di conoscere luoghi e fare esperienze per me ancora sconosciute.
Poi come sono andate le cose?
Dopo una stagione all’interno della compagnia francese (i ballerini scandiscono il tempo in stagioni e non in anni), sono entrato senza neppure rendermene conto in una delle compagnie di danza più ambite del momento, il Ballet Basel in Svizzera.
Perché non te ne eri reso conto?
La mia cultura nel panorama della danza era bassissima e c’è da dire che da italiano difficilmente poteva non essere così. In Svizzera ho imparato l’inglese ma non solo. Durante il periodo svizzero ho scoperto una nuova passione, quella del creare coreografie. Tutto è nato grazie al direttore della compagnia che mi incitò a creare un balletto per i suoi ballerini, feci un salto nel buio e accettai di rischiare perché “ogni occasione lasciata è persa” e feci bene, contro ogni mio pronostico fu un successo e da li non mi sono più fermato tanto che alcune mie creazioni sono state ballate in tutta Europa fino ad arrivare in Giappone. Sono entrato a stretto contatto con un modo di pensare ed agire completamente diverso da quello italiano e le cose che mi hanno stupito sono state forse le più semplici.
Ci fai qualche esempio?
Vedere le macchine fermarsi in prossimità delle strisce pedonali, la cura che avevano le persone nel fare la raccolta differenziata (i miei colleghi lavavano ogni contenitore prima di gettarlo) e la pulizia delle strade sono alcune di esse. Il rispetto delle proprie città. Questo gli svizzeri me lo hanno insegnato e ancora oggi ci penso ogni volta che vedo qualcuno gettare dal finestrino della propria auto qualche cartaccia, ma anche in Svizzera non tutto è perfetto… Nel periodo trascorso in Svizzera ho vissuto uno degli episodi più spiacevoli della mia storia da migrante.
Ce ne puoi parlare?
Come molti, essendo Basilea sul confine con la Francia e la Germania, abitavo fuori dal paese ed ogni mattina mi presentavo alla frontiera munito del mio regolare permesso di lavoro fino a un maledetto giorno in cui un doganiere non ha deciso di scaricare su di me le sue frustrazioni mattiniere. Dopo aver constatato la regolarità dei miei documenti ha cominciato a dirmi: “Italiano? Sei un mafioso, Italia e Berlusconi, venite qui a rubare lavoro, tornate a casa vostra…”..
Come finì?
Dopo dieci minuti nei quali non voleva mostrarmi il suo nome, ripartii mentre lui gridava “ALT ALT!”. Per la prima volta ho fortemente sentito la mancanza del paese più ospitale che conoscessi, l’Italia.
Quanto ti mancava la tua città?
Escluso quello che ho raccontato ed altri episodi discriminatori, non ho mai sentito eccessivamente la mancanza del mio paese o della mia città (della bellezza dei Lungarni pisani e la nostra Piazza dei Miracoli mi facevo sempre vanto con i miei colleghi) ma solo per un motivo: le mancanze erano riempite dai riconoscimenti dati a chi lavora in teatro, vuoi come ballerino, attore o musicista. Sono passato da vivere nel mio paese natale, dove l’unica cosa che conta è il calcio, dove quando se dicevo di essere un ballerino professionista mi veniva chiesto in quale discoteca o quando mi avrebbero visto in tv, oppure dove mi veniva chiesto se ballassi sulle punte… (cosa che fanno solo le donne) o con chi non poteva credere che l’arte tersicorea potesse essere una professione retribuita, a paesi dove non solo la mia professione era considerata di tutto rispetto ma anche ben retribuita e piena di soddisfazioni. Teatri pieni ogni sera della settimana e un pubblico entusiasta per quello che fai. Dopo la Svizzera ho lavorato stabilmente in Austria e Germania, sporadicamente in altri paesi europei.
Potresti dirmi un pregio dei pisani?
Un pregio dei Pisani? Il campanilismo.
E un difetto?
Il campanilismo che se portato a livelli estremi sfocia nel ridicolo.
Se non avessi fatto questo mestiere, cosa ti sarebbe piaciuto fare?
Non riesco ad immaginare un’altra professione, probabilmente essendo diplomato in ragioneria sarei finito a lavorare in una banca o all’interno di uno studio commerciale ma come ho detto è difficile da immaginare. Al contrario, se non avessi studiato danza, avrei probabilmente optato per uno sport come il tennis o il pattinaggio artistico su ghiaccio (peccato manchino le piste su ghiaccio).
Oggi di cosa ti occupi?
Dopo avere deciso di interrompere la mia carriera ed aver provato l’esperienza dell’insegnamento all’estero, ho deciso di tornare in Italia perché non esiste altro paese al mondo che nonostante i suoi difetti possa farti sentire così pieno. Ho pensato fosse arrivato il momento di trasmettere ad altri quello che avevo appreso in tutti quegli anni e convinto di poter dare una speranza di riuscita a molti bambini, ho aperto una scuola di danza, la DNA danza a Fornacette. Spesso ripeto ai miei allievi una frase di Mikhail Baryshnikov (a mio parere il più grande ballerino di tutti i tempi): “Non cercare di essere migliore degli altri, cerca ogni giorno di essere migliore di te stesso”. Mentre mi dedico all’insegnamento continuo a coreografare per compagnie, preparare le mie allieve per concorsi e a fare il giurato in concorsi di danza.
A tuo avviso che immagine si ha dell’Italia all’estero?
Quella di sempre, un popolo ospitale ma furbo, un popolo che anche nei momenti di crisi non rinuncia a stare bene, un popolo che è l’emblema della Dolce Vita, una capacità di vivere anche alla leggera che molti ci invidiano.
Cosa ne pensi dei cosiddetti “cervelli in fuga”, di cui spesso si è parlato negli ultimi anni?
I cervelli in fuga sono un bene, sono un bene se si riesce a farli tornare. Saranno ancora migliori di quando sono partiti perché ci sono cose che non si imparano sui libri ma solo vivendo esperienze a contatto con altre culture e pensieri. Basterebbe incentivarne il ritorno e apprezzarli adeguatamente al loro rientro. Chi da giovane parte dall’Italia deve farlo con lo spirito di volersi migliorare e acquisire nuove conoscenze, se esce dall’Italia nella convinzione di prendere una strada più facile, si sbaglia di grosso. Andare all’estero significa anche imparare le lingue molto più velocemente, questo mi ha permesso di parlare fluentemente l’inglese il francese e il tedesco, anche con lo spagnolo me la cavo.
Facciamo un gioco. Tra un certo numero di anni vieni eletto sindaco di Pisa (o di Cascina,
scegli tu).Ti siedi intorno a un tavolo con i tuoi collaboratori e indichi loro la prima cosa da
a fare: qual è?
Come prima cosa metterei tutte le parti sociali (associazioni di categoria, cittadini, volontariato) attorno ad un tavolo e ne ascolterei le esigenze per trovare la miglior soluzione ai vari problemi. Un sindaco non può pensare di possedere la verità assoluta e non deve cadere nell’errore di fare promesse irrealizzabili, nessuno ha la bacchetta magica.
Ti piace il calcio?
Come sport mi piace, quello che non mi piace è tutto quello che ci sta in torno, le cifre sproporzionate di soldi che genera, il tifo quando sfocia in guerriglia e vedere che che sui giornali si dia più risalto all’ipotesi di acquisto di un giocatore che non ad una medaglia d’oro vinta ai mondiali da una coppia italiana nel nuoto sincronizzato. Se venisse data la stessa importanza a tutti gli sport oggi l’Italia sarebbe un eccellenza mondiale al pari degli Stati Uniti, basti vedere i numerosi successi che anche in queste condizioni riusciamo a raggiungere alle olimpiadi.
E il Pisa?
Lo seguo, come molti miei concittadini, e sogno di vederlo in serie A, cosa che reputo possibile nel giro di quattro anni.
C’è un giocatore del passato che ti è rimasto nel cuore?
Senza dubbio Roberto Donadoni. Non c’è una particolare partita a cui sono rimasto affezionato, direi che lo sono rimasto per tutto il mondiale Italia 90 e chi lo ha vissuto può capirmi.
Come te la cavi in cucina?
Ho dovuto imparare a 18 anni a cucinare, quando sono andato ad abitare da solo.
Piatto preferito?
Sicuramente i gamberoni.