Dopo la Maturità si era iscritto a Ingegneria Nucleare, ma un esame particolarmente ostico lo indusse a cambiare strada. Diventato medico (neurologo) Andrea Gelli oggi vive a Pordenone. Sposato con Silvia, ha due figli (Leonardo 9 anni, Azzurra 15 mesi). All’ombra della Torre vivono ancora i genitori (Guido 83 anni, Rosaria 75 anni) la sorella Francesca (46) e alcuni zii. Profondamente attaccato alla sua città, si è trasferito perché, come ci racconta, dopo tanti studi e sacrifici non riusciva a trovare il giusto ritorno professionale.

Qual è il primo ricordo che hai di Pisa di quando eri bambino?

L’appartamento dove sono nato e ho vissuto fino ai 28 anni, in via Romiti, quartiere Sant’Antonio.

Cosa ricordi in particolare?

Il cane Alex, un lupone che stava nel cortile prospiciente la mia cameretta e ci si stava a guardare per ore, finché arrivava il buio. Casualmente era del Donati, ex presidente del Pisa della prima serie A. Ma all’epoca non sapevo ancora chi fosse.

Dove andavi a giocare da piccolo?

In Piazza San Paolo a Ripa d’Arno. Vederla adesso mi viene il sobbollito per com’è ridotta.

Da quanto tempo vivi lontano da Pisa?

Dal settembre 2005.

Sempre a Pordenone o sei stato altrove?

Prima in provincia di Venezia, a San Donà di Piave e Portogruaro.

Quand’è che hai scelto di fare il medico?

Iscritto ad Ingegneria Nucleare dopo la Maturità classica, dopo aver dato tre volte chimica ed essere stato rimbalzato con ignominia, e contemporaneamente essere entrato al test di medicina fatto un po’ così, “alla ioboia”, ho capito che quella del Medico, o der gelataio (ride) poteva essere la mia strada.

Perché hai scelto di specializzarti in neurologia?

È una disciplina molto difficile e per questo molto affascinante. In più mi innamorai di una lezione di un professore. Ho perso poi un anno prima di entrare (da ripescato) ed un anno per trovare qualcosa di decente, a 350 km di distanza da Pisa.

Ora ti ritieni soddisfatto?

Sì, per lo meno adesso, e sono uno dei pochissimi, faccio quello per cui ho studiato. E non è poco.

Ci parli del tuo lavoro?

Faccio il neurologo ospedaliero in una Unità Operativa complessa, in particolare mi occupo di strumentistica (Elettroencefalogramma, Ecodoppler carotidei e vertebrali, Elettromiografia, Potenziali evocati ecc).

Com’è suddivisa la giornata?

Turni di guardia, ambulatorio generale e privato ospedaliero, varie ed eventuali. In totale 38 ore alla settimana, con turni anche di notte.

Che esperienze avevi fatto prima di questa?

Di tutto di più in Toscana, come medico sottopagato/sottodimensionato, fino ad arrivare a medico delle colonie.

Se non avessi fatto il medico cosa ti sarebbe piaciuto fare?

Giornalista sportivo. Tele-radiocronache ma non solo.

L’aver studiato a Pisa pensi che ti abbia dato una marcia in più nel tuo lavoro?

Almeno sulla carta sì, perché Pisa è un brand. In realtà ho fatto tantissima fatica a mettermi in pari dal punto di vista culturale con chi aveva studiato a Trieste o a Udine… però meglio di loro sapevo fare la strumentistica, mi ha salvato quello.

Andrea Gelli con suo figlio Leonardo

Quanto ti manca la tua città?

Tantissimo, ma tutto sommato non ci tornerei, mi ci inc… troppo ogni volta che torno a vedere come è e come invece potrebbe essere, facendo il confronto con quella dove vivo.

Cosa porti dentro di Pisa?

La squadra di calcio, la caratterialità.

Ovvero?

La battuta facile, la filosofia di vita leggera, l’ateismo, la puntigliosità e il polemismo.

Mi diresti un pregio dei pisani?

Senso di appartenenza e orgoglio.

Un difetto?

Tanto brontolare ma pochi fatti, idee progressiste ma fatti conservatori.

Andrea Gelli con sua figlia Azzurra durante Pisa-Viterbese

Facciamo un gioco. Tra un certo numero di anni vieni eletto sindaco di Pisa. Ti siedi intorno a un tavolo con i tuoi collaboratori e indichi loro la prima cosa da a fare: qual è?

Togliere tutti i privilegi agli apparati che mi hanno fatto eleggere, e ripartire da zero

Ti piace il calcio? E il Pisa?

Seguo il Pisa da Pisa-Teramo, 1978, 1-0 gol di Barbana. Avevo 5 anni, da allora direttamente o indirettamente le ho seguite tutte.

C’è un giocatore del passato che ti è rimasto nel cuore?

Non amo e non credo alle bandiere in una realtà come la nostra, ma alle elementari feci un bellissimo tema su Klaus Berggreen…

La prima partita che hai visto o quella a cui più sei rimasto affezionato?

Torino-Pisa 0-2, gol di Todesco e Sorbi, penultima giornata annata 82-83, mia prima trasferta in treno speciale.

Te la cavi in cucina?

O signor Giudice, o un si piglia moglie apposta? (ride).

Piatto preferito?

La ‘nzuppa.

Dimenticavo, il trasloco di cui mi parlavi è andato bene?

Più o meno come Pisa-Gavorrano, ma me lo aspettavo. Il trasloco, non lo 0-0.

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