Antonio Cassisa

Tempo fa il nostro sindaco inaugurò uno splendido monumento al nostro santo: era il 15 giugno 2011 e una bella delegazione laica e religiosa, accompagnata da giornalisti e cameramen, si raccoglieva nello spazio verde dedicato alla statua tutta avvolta in una bandiera rossocrociata.

Azionate le macchine da presa il sindaco Filippeschi e l’arcivescovo Benotto s’intrafunavano un po’ con la bandiera prima di riuscire a liberare alla luce del sole il nostro amato Santo: alto due metri più la base, tutto di bronzo, con la barba, San Ranieri tiene in alto sulla mano destra un pezzo di pane e in basso su quella sinistra una ciotola piena d’acqua (a colpo d’occhio sembra un piatto di spaghetti). Ora lasciando perdere l’aspetto estetico della stessa, la mia domanda è : ma dove l’avete messo il patrono della città?

Il sindaco dice alle porte della città per dare il benvenuto a tutti quelli che passeranno di lì per entrare a Pisa. L’arcivescovo dice che proprio lì il santo ebbe l’incontro che gli cambiò la vita.
Ora dai, ma perdavvero?

In mezzo ar traffico, sull’erbetta spelacchiata di uno spartitraffico di Cisanello, lontanissimo dal centro, dove è impossibile scendere e vedere da vicino la statua. In una posizione di traffico incasinatissima dove se qualcuno si accorgesse che lì c’è una statua probabilmente un secondo dopo si ritroverebbe appicciàto alla macchina davanti (e giù moccoli, altro che preghiere).

Per vederla da vicino ho dovuto parcheggiare all’Isola Verde, farmi a piedi un bel pezzo, attraversare il casino a corsa e avvicinarmi alla statua smotandomi tutte le scarpe. Io l’ho fatto perché ero curioso di vedello ir mì santo, ma seòndo voi esisterà mai un turista che si recherà lì per vederlo da vicino? Mah!? Già dubito che lo faranno mai i pisani.

Ma seòndo voi un sarebbe stato bene in una piazzettina, anche piccola, ma centrale della nostra città? Allora sì che sarebbe stato valorizzato dal turismo e magari quarcuno sarebbe anche andato a trovarlo per raccomandassi un po’.

Antonio Cassisa

Dal blog “I penzieri der Cassisa”

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