Pisano trapiantato in Romagna, Antonio Minuzzo (classe 1961) lavora per la tv. La macchina da presa lo ha affascinato fin da ragazzo, quando si avvicinò al mondo del cinema lavorando al fianco di alcuni grandi registi. Conserva nel cuore alcuni ricordi indelebili di Pisa. Alcuni drammatici, come l’alluvione, altri epici, come la trasferta a Pagani che segnò l’inizio dell’epopea di Romeo Anconetani.
Dove vivi e da quanto sei lontano da Pisa?
Dal 2002. Vivo a Novafeltria, in provincia di Rimini, dove mi sono trasferito definitivamente nel 2003. Ma ho preso lì la residenza nel 2013, quando mi sono sposato.
Come ti trovi?
Bene. È un paese di circa settemila abitanti. E i romagnoli, si sa, sono ospitali e accoglienti. I prezzi, poi, sono umani… e questo non può che far piacere.
Ci parli del tuo lavoro?
Sono un cameramen libero professionista. Lavoro come freelance e collaboro per la tv di Stato di San Marino. Mi occupo inoltre dell’Associazione Scuola interiore, che lavora con i ragazzi facendo fare loro teatro. Abbiamo in gestione un piccolo museo, il “Museo Gualtieri, lo splendore del reale”.
La tua giornata tipo?
Lavoro in tv, vado in giro se c’è da coprire qualche evento importante. Poi faccio da guida al museo, diciamo che ho un’attività ramificata di volontariato. Per tornare al mio lavoro, seguo prevalentemente la costa romagnola, le zone di Rimini e Riccione, eventi sportivi, interviste.
Hai fatto altre esperienze di lavoro?
Ho iniziato nel 1985, per caso, facendo cinema. Collaborai con i fratelli Taviani nel film Good Morning Babilonia, ambientato a Pisa. Poi ho lavorato con Francesco Nuti in Caruso Pascoski.
Ma tu cosa facevi?
Preparavo le linee elettriche, i proiettori, poi mi sono dato alla fotografia. Si lavorava saltuariamente, a seconda dei film che c’erano in lavorazione. Io volevo fare l’operatore e così decisi di seguire un corso all’Alfea, nel 1990. Cominciai subito a lavorare negli appalti televisivi. Rai, Mediaset, Telepiù, Stream, Sky… ho girato un po’ tutta l’Europa per coprire eventi sportivi di tutti i tipi, in particolare motocross, superbike e, ovviamente, anche nel calcio. Ricordo di aver lavorato per la prima partita a pagamento, Milan-Sampdoria, quelle che Telepiù trasmetteva con gli anticipi e i posticipi. C’erano 15 telecamere in campo.
Com’è che sei arrivato in Romagna?
Mi sono trasferito lì quando ho conosciuto Mariangela, che poi ho sposato.
Lei è di quelle zone?
No, è abruzzese, ma ha studiato a Urbino. Ora insegna a scuola a Novafeltria, che come tutta la valle prima era in provincia di Pesaro.
Come vi siete conosciuti?
È amica di una mia amica decennale. Insieme abbiamo messo in piedi l’associazione di cui ti parlavo prima.
C’è una cosa di Pisa che porteresti in Romagna?
Tutto. Il mare, il sole che tramonta nel mare è tutta un’altra cosa. Mi manca Marina di Pisa, ogni volta che torno a Pisa devo andare a vedere il mare.
Se chiudi gli occhi e pensi a Pisa, cosa ti viene in mente?
Quelle giornate che c’è stata la tramontana e l’aria è pulitissima. Vedi i Monti pisani così vicini, praticamente attaccati alla città. E vedi le luci che piano piano si accendono. Anche i tramonti a bocca d’Arno sono qualcosa di spettacolare.
Hai qualche aneddoto da ricordare della zona dove abitavi?
Fino a 8-9 anni ho vissuto in Corso Italia, di fronte al palazzo che ospitava gli istituti di ricovero. Ricordo, nel 1966, quando ci fu l’alluvione. Eravamo per strada e la mamma, all’improvviso, mi disse “via, via, torniamo subito a casa”. Nell’atrio del nostro palazzo arrivarono settanta centimetri di acqua. Restammo rintanati in casa per tre giorni. Non vedevo l’acqua per strada perché le nostre finestre davano sul retro. Sentimmo una botta fortissima quando venne giù il Ponte Solferino.
Conosci altri toscani dalle tue parti?
Siamo molto vicini alla Toscana, alla provincia di Arezzo che si spinge molto in alto. Per questo di toscani ce ne sono parecchi
Mi diresti un pregio dei pisani?
Un pregio è sicuramente la pisanità, l’orgoglio di essere discendenti di un popolo che ha fatto la storia.
E un difetto?
Sono dei bubboloni tremendi. Se gli fai dieci domande ad otto ti rispondono che “è un lavorone”.
Come vedi Pisa quando ci torni?
Bellissima. Però negli ultimi tempi si sta un po’ spersonalizzando. Nel senso che, come molte altre città, si sta trasformando da città per i pisani a città “punto”. Il problema è nato tanti anni fa, quando hanno iniziato a chiudere tutte le attività produttive. Ora si vive al traino di quello che è rimasto, e la città diventa sempre più cara perché si cerca di spremere quel poco che c’è, a partire dagli affitti delle case agli studenti, oppure ora i B&B per i turisti che spuntano come funghi. Mi piacerebbe che la mia città tornasse ad avere più personalità.
Potresti farmi un esempio per capire meglio questo aspetto critico?
Mi ha stupito vedere come, a Montepulciano, c’è stata una grandissima cura per fare in modo che il borgo restasse com’era una volta, coi negozi tipici e tante altre cose. Ora, sicuramente è un centro molto più piccolo di Pisa, ma è solo per rendere l’idea. Per tornare a Pisa, via dell’Aeroporto, che sicuramente non è nel centro di Pisa, è diventata una serie continua di B&B, con prezzi abbastanza alti, anche 75 euro a notte. Su questi cambiamenti, però, devo ammettere però che Pisa non fa eccezione risopetto a molte altre città.
Noti un atteggiamento poco propenso a contrastare questa china?
Tutti i mutamenti della vita vanno presi nel modo migliore possibile. A mio avviso, però, i pisani sono sempre stati bravi a lamentarsi ma poi restii a impegnarsi per cambiare davvero le cose. Dovremmo renderci conto di quello che abbiamo e da lì partire per valorizzare al meglio la nostra unicità.
Sei tifoso del Pisa?
Sì, pensa che mi sono fatto la mitica trasferta a Pagani, quella che ci vide tornare in Serie B, la prima promozione di Romeo Anconetani. Su quel treno speciale, organizzato per l’occasione, ricordo una delle sensazioni più forti e belle che abbia mai provato come tifoso.
Come fu il viaggio di ritorno dopo la vittoria?
Pericoloso. Ricordo che il treno speciale fu fermato più di una volta dalle ferrovie. Una volta arrivati a Livorno alcuni ultras, fra quelli più sanguigni, minacciarono che se non lo avessero fermato anche lì avrebbero tirato loro il freno di emergenza. Così il convoglio fu fermato anche a Livorno, all’ultimo binario. Arrivammo a Pisa, stremati, dopo circa 8-10 ore di viaggio, intorno alle 2.30 di notte. Piazza della Stazione era piena di tifosi che ci aspettavano per festeggiare tutti insieme. Ricordo il bagno nella fontana della piazza. Una felicità enorme.
Hai continuato a seguire il Pisa?
Con il lavoro che faccio mi sono un po’ allontanato. Negli ultimi anni mi è capitato di seguirlo ai tempin in cui era allenato da Ventura.
Il giocatore che ti è rimasto nel cuore?
Te ne dico tre: Barbana, Di Prete e Cannata. Sono legati a quel periodo magico in cui seguivo ogni partita, in Curva Nord. Andavo allo stadio con la mia compagna di banco a scuola, tifosissima anche lei del Pisa.
Progetti futuri?
Mi piacerebbe portare avanti altre belle esperienze con i ragazzi. Credo che la cosa migliore che possiamo fare per il mondo è lavorare con i ragazzi, per migliorarli… e così migliorare il nostro futuro.