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Dal restauro in San Pietro all’arte contemporanea: scopriamo i colori di Barbara Calabi

- Cultura
3 Aprile 2018

Vive in mezzo ai colori da sempre. Ama sottolinearlo lei stessa, ricordando di aver affinato la sua passione e imparato l’essenza del colore fin nella sua profondità, a partire dal pigmento. Dopo gli studi e la specializzazione Barbara Calabi è entrata nel mondo del restauro vivendo diversi anni tra laboratori e cantieri sparsi per l’Italia: ha messo mano su dipinti importanti ma anche marmi e stucchi pregiati. Dopo essersi fermata, dedicandosi alla famiglia e ai suoi due figli, Barbara ha vissuto dentro di sé il desiderio di tornare ai suoi amati colori. Questa volta per esprimere in pieno se stessa attraverso i propri quadri.

Quando hai iniziato a dipingere?

L’estate di quattro anni fa, con la spinta e il sostegno di mio marito e dei miei figli, convinti che potessi riuscire bene anche in questa attività nonostante il mio legame e la mia concezione pittorica fosse legata a quella del ritocco, volto solo al restauro di un’opera d’arte e non alla creazione della stessa nuova e personale.

Quali sono i tuoi soggetti preferiti? Che tecnica usi?

I miei soggetti preferiti al momento sono i paesaggi, realizzati in modo figurativo e piuttosto fedeli alla realtà.
Dipingo quadri su tela con colori acrilici e una finitura protettiva data da una vernice lucida trasparente e brillante di ottima qualità, che proviene dalla mia esperienza lavorativa come restauratrice di dipinti antichi su tela e tavola.

Ci racconti come nasce un quadro? Idea, studio, schizzo, ecc.

Tutti i miei quadri nascono a partire da un immagine stampata, semplicemente scelgo una bella fotografia di un paesaggio urbano e non, che mi colpisce in modo particolare e spesse volte è legato a luoghi che hanno fatto parte della mia vita. Lavoro, se vogliamo, in modo molto scolastico, così come mi hanno insegnato per riprodurre le immagini, mantenendo forme e dimensioni  in scala inalterate, attraverso il disegno preparatorio realizzato con la quadrettatura del foglio e della tela. Cerco di riprodurre a matita con attenzione maniacale al dettaglio, tutto ciò che vedo nella fotografia sorgente.

In passato hai fatto la restauratrice. Ci ricordi qualche lavoro a cui sei rimasta affezionata?

Per molti anni, concluso il mio ciclo di studi, ho lavorato come restauratrice. Specializzata nel restauro dei dipinti antichi su tela e tavola, ho svolto la mia attività però anche in numerosi cantieri di materiali lapidei: chiese e basiliche in giro per l’Italia.
Le esperienze vissute e le opere d’arte che posso dire di aver toccato sono molte, ma un cantiere che ricordo sempre con grandissimo piacere è il cantiere per eccellenza: il restauro degli stucchi del Maderno dell’atrio della Basilica di San Pietro in Città del Vaticano. È stato un grande cantiere, pieno di giovani restauratori che vi hanno lavorato per circa sei mesi con grande entusiasmo e buon umore. Ovviamente ci consideravamo dei privilegiati. lavorare a S. Pietro in occasione del Giubileo dell’anno 2000  è stato motivo di grande orgoglio e questo serviva a creare l’atmosfera positiva che aleggiava intorno a noi.
Sul piano pittorico invece mi piace ripensare al grande lavoro di ritocco svolto sulla pellicola pittorica  di una  tavola lignea di Benedetto Tisi, detto “Il Garofalo”, autore seicentesco, molto danneggiata durante un incendio, e attualmente conservata presso Palazzo Barberini, sede della galleria d’arte antica di Roma.

A volte dopo un restauro si notano colori ed emozioni incredibili, magari semplicemente togliendo la patina di nero dopo secoli. Qualcuno teme che si l’opera originale venga irrimediabilmente alterata (o falsata). Ci spieghi qual è il giusto equilibrio?

Una delle fasi che più colpiscono l’occhio del pubblico durante un restauro è “la pulitura”, sia essa eseguita su un dipinto che su marmo o pietra, perché in effetti la differenza tra il prima e il dopo è immediatamente apprezzabile. In generale siamo abituati all’osservazione di opere d’arte talmente vecchie di secoli che diamo per scontato che colori e brillantezza siano ormai persi nella patina del tempo: ridipinture, ingiallimenti di vernici, polveri e depositi atmosferici, croste nere, attacchi biologici… in realtà poi il bravo restauratore è proprio colui che è in grado di svelare la seconda vita dell’opera d’arte, rimuovendo solo e soltanto ciò di cui sopra, senza mai intaccare le molecole del pigmento. Anch’esso nel tempo invecchia e si modifica ma molte volte si riescono ad ottenere risultati sorprendenti riscoprendo colori molto vivaci e vitali. Lo stesso dicasi per i materiali lapidei nei quali è fondamentale imparare a distinguere la patina di sporcizia dalla patina del tempo che è frutto della pietra stessa e che andrebbe assolutamente conservata.

Come restauratrice disponi di tutti i pigmenti per riprodurre i colori. Come funziona, tutto a occhio o si utilizzano anche i computer e la tecnologia?

Durante la fase di ritocco pittorico e non solo, la parola d’ordine è “reversibilità”. L’intervento del restauratore deve necessariamente poter essere rimosso in modo tale da non compromettere l’integrità e l’originalità dell’opera, a questo scopo quando si esegue il ritocco si usano dei colori appositi detti “a vernice”, trasparenti, che si stendono con numerose velature.
La sensibilità e la capacità personale nel riuscire a scomporre nel proprio occhio ciascun singolo colore da ricreare è una caratteristica fondamentale del bravo restauratore, e devo dire che attualmente in questa mia attività artistica, mi permette di maneggiare con padronanza la tavolozza dei colori ed interpretare con facilità l’immagine che ho deciso di dipingere; utilizzando alla fin fine pochi colori, essenzialmente quelli primari, con i quali si riescono ad ottenere le svariate gradazioni; e magari piuttosto, alcuni colori metallici che conferiscono al quadro delle particolari luminosità e un aspetto di modernità, un bel gioco di contrasto con la mia scelta di soggetti figurativi e realistici.
Oggigiorno, la tecnologia e l’uso del computer  è sempre a servizio di qualunque tipo di lavoro, nel restauro è molto importante nella fase diagnostica, ma ovviamente anche dopo, per non parlare poi delle forme artistiche contemporanee quale la fotografia digitale, la video arte degli anni ’90, e non so più quante installazioni di tutti i generi e modi possibili.

Usi anche tu la tecnologia?

Io non la prediligo, sono molto legata al lavoro manuale, artigianale, mi piace proprio l’uso intrinseco delle mani e le ritengo lo strumento più efficace che abbiamo.

I tuoi prossimi impegni? Mostre, iniziative, ecc.

Alla fine dell’anno scorso, dopo aver accumulato un certo numero di quadri, mi sono lanciata e mi son detta che era giunto il momento di confrontarmi col mondo esterno legato ed interessato alla pittura contemporanea. Volevo capire quale effetto avrebbe suscitato la mia produzione pittorica nel pubblico di coloro che guardano, osservano e giudicano secondo il proprio gusto; ma anche in coloro che sono gli addetti ai lavori, galleristi, critici, organizzatori di mostre ed eventi culturali. Perciò stavolta mi sono fatta aiutare dall’uso del computer e ho preparato un sito fotografico (www.barbaracalabi.jimdo.com) e un blog (www.barbaracalabi.wordpress.com)  attraverso i quali mi sono aperta e presentata al mondo.

Com’è andata?

Ha funzionato, perché nel giro di pochi mesi sono riuscita con gioia a partecipare ad un certo numero di mostre tra Pisa, Livorno e Firenze, mostrando i miei lavori e  riscuotendo commenti positivi e incoraggiamento a proseguire. Tra breve ho in programma di esporre nell’ordine prima a Roma con la FLYER ART GALLERY e poi a Matera con la INARTE WERKKUNST GALLERY, partecipando ai due eventi con alcune delle mie opere, nel primo caso con paesaggi marini: I retoni di Bocca d’Arno e nel secondo più urbani: la Chiesa della Spina di Pisa e il Moulin Rouge di Parigi.

Ci puoi dire se c’è un tuo quadro a cui sei più affezionata di altri?

Non c’è un quadro a cui sono più affezionata di altri, ogni volta che finisco l’ultimo a cui sto lavorando mi sembra venuto meglio degli altri. Credo che sia una questione di allenamento, dipingendo continuamente la mano si affina e ho l’impressione di migliorare.

Pisa è la città dove vive da anni. Tu sei di Venezia ed hai studiato, se non sbaglio, a Firenze? Che aria si respira a Pisa dal punto di vista artistico?

Pisa è la città in cui sono cresciuta e in cui vivo da anni, ma sono nata a Venezia e ho studiato restauro a Firenze. Sono tutte città d’arte, ricche di opere in ogni angolo. Pisa in tutta sincerità devo ancora scoprirla sotto il profilo artistico, ho partecipato ad una sola mostra presso la galleria “GAM Centro d’Arte Moderna”, che per altro è stata forse una delle più belle perché ho potuto esporre un bel numero di quadri e presentarmi al pubblico in modo più completo.

Cosa ti piace di più e cosa di meno della città?

Pisa è una città a misura d’uomo, abbastanza piccola che si vive facilmente a piedi o in bicicletta, e questo è molto piacevole, tutto è a portata di mano. I miei figli raggiungono le loro scuole in pochi minuti a piedi, il che è comodissimo e li rende indipendenti e liberi di passeggiare per il centro storico. Purtroppo per contro, negli ultimi tempi, causa la situazione complessiva sociopolitica dell’Italia, anch’essa subisce l’ondata di delinquenza e personaggi poco raccomandabili che si aggirano per le nostre città. E naturalmente le categorie prese di mira sono proprio gli artigiani, i commercianti, coloro che lavorano in proprio e che non vengono mai difesi da nessuno, tanto meno dalle istituzioni.  Cosa che ritengo profondamente ingiusta.

Ti diamo la possibilità, tramite L’Arno.it, di dire qualcosa cosa che ti fa piacere…

Vorrei che le persone sapessero che la mia arte può essere fruibile da chiunque. Nel senso che io dipingo ovviamente ciò che più mi piace, secondo l’ispirazione e la voglia del momento, ma essendo una pittura che parte da un’immagine, chi lo desiderasse potrebbe commissionarmi il quadro che più si adatta al suo gusto ed esigenza, scegliendo lui stesso l’immagine da dipingere magari di un luogo o di un soggetto a lui caro. in effetti mi è già capitato proprio questo, non solo con la scelta di un paesaggio ben specifico, ma addirittura nel caso di una natura morta per la quale ho inserito le tonalità di colore preferite dalla cliente.

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Giornalista.

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