Costretto a un riposo forzato per motivi di salute, Giorgio Barsotti, dirigente in pensione della Provincia di Pisa, iniziò a ripensare ai racconti di sua nonna, risalenti al tempo di guerra e al periodo dell’occupazione tedesca di Pisa: prima la Wehrmacht, poi le SS. Professoressa di disegno, residente nel quartiere di Porta a Lucca, nel quartiere delle “palazzine”, la nonna era ebrea. Dopo la costituzione della Repubblica sociale italiana un suo ex allievo, divenuto un piccolo gerarca fascista, la portò in salvo in Garfagnana, sotto falso nome. Il rischio di restare vittima di un rastrellamento era troppo alto, e probabilmente il giovane gerarca era venuto a conoscenza dei rischi che correva l’insegnante, a cui lui era rimasto affezionato. La donna restò tra i monti della Garfagnana fino a primavera, poi fece ritorno a Pisa.
Da questi ricordi, intrecciati alle minuziose ricerche fatte in diversi archivi, pubblici e privati, Barsotti ha scritto “La linea sull’Arno – cronache dell’occupazione militare tedesca a Pisa” (edizioni il Campano), un libro tutto da leggere. Se ne ricavano, infatti, informazioni molto interessanti sulla vita all’ombra della Torre in uno dei periodi più difficili della storia della città: dal luglio 1943 (prima del tragico bombardamento del 31 agosto) al 2 settembre 1944, con l’arrivo degli Alleati. La sofferenza della popolazione, i lutti, la paura, la fame e la vita che, nonostante tutto, continuava a scorrere giorno dopo giorno. In un susseguirsi di drammatiche vicende emergono alcune figure molto importanti.
L’occupazione militare tedesca fu gestita con grande abilità dall’arcivescovo di Pisa, Gabriele Vettori, e dal commissario prefettizio del Comune di Pisa, l’avvocato Mario Gattai: si adoperarono con perizia affinché alla popolazione, ormai stremata, fossero risparmiati ulteriori strazi. I tedeschi erano comandati da un capitano delle SS, Günther Kaddatz, che aveva ben compreso che la sorte della guerra ormai stava precipitando per la sua parte. Così si misero d’accordo con le autorità pisane, civili e religiose: se non ci fossero stati sabotaggi e uccisioni i tedeschi non avrebbero avuto la mano troppo pesante con la popolazione.
“Luglio 1944: Terremo con successo la linea dell’Arno”. Così il capitano Kaddatz nel suo primo incontro con l’avvocato Gattai, concluse il colloquio, meravigliandosi che a Pisa, devastata dai bombardamenti aerei prima e poi
dagli incessanti cannoneggiamenti delle opposte artiglierie, potessero essere rimaste ancora alcune migliaia di persone, affrontando ogni giorno il pericolo costituito dalle mine, disseminate su interi quartieri vicini al fiume, dalla brutalità e dalle fucilazioni sommarie delle SS, opponendosi ai saccheggi, priva di cibo, di acqua, di gas ed energia elettrica, col rischio costante di ammalarsi di tifo o di morire per una banale ferita a causa della mancanza di medicinali.
La città era letteralmente allo sbando. Il capo Provincia (l’autorità che sotto la Rsi aveva sostituito il prefetto) era sparito. Alessandro Pavolini, segretario del Partito fascista repubblicano, così scrisse a Mussolini: “Sono scappati tutti, è una vergogna”. L’arcivescovo Vettori tentò di far dichiarare Pisa “città bianca” (per lasciarla fuori dagli scontri armati), ma il tentativo fallì. Ai pisani, dunque, non restò che attendere cercando di sopravvivere in attesa dell’arrivo degli Alleati, incomprensibilmente immobili lungo la riva sud dell’Arno.
A causa della guerra moltissimi pisani erano scappati nei dintorni, in campagna o sulle colline, in città erano rimaste 10-15mila persone, secondo una stima dei tedeschi, al massimo 20mila tenendo conto anche dei dati non ufficiali (il commissario prefettizio e l’autorità militare tedesca avevano il compito di occuparsi del vettovagliamento, quindi disponevano di dati abbastanza precisi sulla popolazione). In quell’anno, il 1944, ci fu un grande raccolto di frutta e verdura: così i soldati tedeschi, che disponevano di un pessimo rancio, erano soliti spostarsi nelle zone coltivate, a ridosso della città per andarsi a procacciare il cibo.
Finita la guerra il capitano Kaddatz fu incriminato, in Germania. Per tentare di difendersi scrisse al vescovo di Pisa per chiedere una copia della lettera che questi gli aveva fatto avere il giorno in cui i tedeschi avevano lasciato la città. Il capo della chiesa pisana ringraziava l’ufficiale tedesco per ciò che aveva fatto, mantenendo l’impegno preso. Dagli appunti dell’alto prelato emergono diversi personaggi ed episodi interessanti, che aiutano a comprendere lo sforzo compiuto per garantire la sopravvivenza della popolazione. Il 2 settembre 1945, un anno dopo la liberazione della città, all’arcivescovo venne conferita la cittadinanza onoraria, come premio per l’esempio, l’aiuto e il conforto dati al popolo pisano durante l’assedio.
Barsotti ha impiegato circa otto anni a terminare il proprio lavoro. Una minuziosa e accurata ricerca che ha tenuto conto anche di alcune testimonianze dirette. Oltre al diario dell’avvocato Gattai (che ricopriva una carica pubblica), gli altri racconti consultati dall’autore sono tutti di privati cittadini, le cui annotazioni sono comunque state utili per ricostruire la vita di quei giorni e le sofferenze patite dai pisani. Il “Diario di Anna Maria Manetti” – 20 giugno – 12 settembre 1944, il Diario delle suore salesiane dell’Istituto Maria Ausiliatrice, il “Diario di una mamma” di Tina Tommasi e di “Le giornate di Pisa dal 18 giugno al 2 dicembre 1944” di Marco Picotti. Molto utili, a detta dell’autore, anche i ricordi di Armando Nannini, titolare dell’omonima mesticheria di Porta a Lucca.
L’autore ha consultato inoltre il diario scritto da Ferruccio Razzini, figlio del gerarca repubblichino Giuseppe, che fuggì da Pisa con tutta la famiglia raggiungendo Maderno (Brescia). Grazie a questo scritto Barsotti è riuscito a ricostruire le origini della Brigata Nera pisana. E la consultazione di alcuni archivi nazionali ed esteri ha permesso a Barsotti di ricostruire le vicende processuali di Ugo Catarsi, l’ultimo federale di Pisa.
PRESENTAZIONE DEL LIBRO
Mercoledì 2 maggio, alle 17.15, presso la sala dell’ETS (Piazza Carrara 16, Pisa) si terrà la presentazione del volume di Giorgio Barsotti. L’iniziativa è organizzata dall’Accademia Nazionale dell’Ussero.
Non posso dire molto non avendo letto il suo libro “Cronache dell’occupazione militare tedesca di Pisa” ma sento dalle sue premesse un fondo di sincerità. Quando si potrà presentare, Covid permettendolo, cercherò di esserci.