Antonio Cassisa

I lavori ripetitivi, si sa, sono quelli che durante le operazioni permettono alla mente di andarsene in giro per i fatti suoi, così in questi giorni, alle prese con levigatrice e carta vetrata ho avuto modo di ripensare alla stagione del Pisa appena malamente conclusa contro il muretto della Viterbese Castrense. Muretto che speravamo fosse facilmente scavalcabile ma il saltino agile alla “Olio Cuore” si è risolto in una clamorosa scivolata e conseguente musata per terra. Scivolone quasi comico se non fosse che a nessuno è venuto da ridere.

Passando e ripassando sui ferri coperti dalla ruggine pensavo a quanto presto fosse finita questa stagione e a come ci avesse lasciato a bocca asciutta nel giro di poco più di un’ora. Delusione grande alla quale credevamo di essere preparati ma che quando si è materializzata ci ha colti di sorpresa. E a nulla è valso ripetere che “tanto si sapeva” perché quando il risultato è sgradito la soddisfazione di aver azzeccato un pronostico non può superare il dispiacere del concretizzarsi dell’evento stesso.

Grattando via quella patina rosso scura, il piacere di veder riaffiorare l’antica lucentezza è appannato da un risultato finale che ad essere obiettivi non può che essere considerato totalmente fallimentare. Perché è inutile girarci attorno ma seppur in mano ad una gestione che ci ha tranquillizzato dal punto di vista dei conti e che ci tiene al sicuro da cadute e fallimenti, noi seguiamo pur sempre una squadra di calcio, la squadra della nostra città, e tutto vorremmo meno che vederla galleggiare anonima come una piccola boa bianca in mezzo a belle barche lucide e colorate.

La ruggine si forma spontanea con calma, lentamente, attaccando il ferro e logorandolo fino a comprometterlo in maniera che può diventare irrimediabile, se non si interviene per tempo. E lentamente anche noi rischiamo di essere avvolti dal velo rugginoso dell’apatia. In tanti mercoledì sera ci ritrovammo su quei gradoni. Tutti ci speravamo perché il passaggio era alla nostra portata ed eravamo curiosi di vedere quanto bene avesse fatto alla squadra la lunga pausa dopo la fine della stagione regolare nella quale niente di meglio avevamo saputo fare che spingere il Livorno in
serie B. “La via per la B passa anche per i playoff”, disse qualcuno poco convinto, e mentre i primi turni si giocavano noi facevamo conti, calcoli e supposizioni su quale fosse l’avversario più facile in una lotteria di gare in cui di facile non c’è nulla. E quando la sorte disse “Viterbese Castrense” il pensiero predominante fu che se lo spirito della squadra fosse stato come quello visto fino ad allora, era meglio uscire subito che prolungare l’agonia. L’apatia generale stava attecchendo su una passione solida come il ferro.

E ripetendo i soliti movimenti, avanti e indietro, su e giù, osservando il nuovo che esce dalla polvere, ripensavo all’ambiente pronto a sostenere ancora una volta la squadra mentre “l’operazione playoff” aveva inizio con magliette ufficiali a prezzi speciali e dichiarazioni del Mister, l’ultimo dei tre, l’unico con la possibilità di riscattarsi, certo di vedere un Pisa all’altezza della situazione. E dopo la pessima figura di Viterbo, addolcita da un risultato tutt’altro che impossibile da ribaltare, il condottiero chiama i suoi ad esibire gli attributi, cosa che dagli spalti eran mesi che
chiedevamo, e dichiara di voler riportare il pubblico dalla parte della squadra. Come se non lo fosse già. Poi la ciliegina finale e il rimprovero pubblico al tifoso reo di aver diffuso false voci su presunti litigi in famiglia con protagonista, tanto per cambiare, Mannini.

E mentre respiro attraverso la mascherina, ancora son qui che mi chiedo come si faccia in ambito professionistico a dare tutto questo peso e credito alla marea di voci che svolazzano sui social network. Fantastici giochini che danno voce a chiunque abbia un dito per pigiare un tasto ma che dovrebbero avere lo stesso peso specifico del cinguettio di uno storno.

E così si conclude la stagione del Pisa. In uno stadio pieno ma non tutto esaurito che incita con cori e colori la squadra fino all’ultimo, oltre ogni merito dimostrato in campo, e termina con bordate di fischi mentre gli avversari festeggiano sotto la sud insieme ad una cinquantina di affezionati. A questo punto, se è vero che saremmo dovuti essere l’uomo in più e che il pubblico avrebbe spinto la squadra alla vittoria, mi chiedo come abbiano fatto quei cinquanta laziali a spingere più di noi. Farebbero comodo sicuramente a qualsiasi squadra tra quelle che si scontreranno sul ponte di mezzo prossimamente.

Sarà ancora serie C. Con una stagione finita presto per un mondiale che non ci compete e una squadra che continua ad allenarsi in previsione delle imminenti vacanze al mare mentre a Pisa il progetto del nuovo stadio passa dalle voci competenti alle promesse di tutti i candidati alle prossime elezioni comunali. Anche il mio gatto, ovviamente candidato consigliere, come prima cosa ha detto che se i pisani gli daranno fiducia penserà al nuovo stadio e alla riqualificazione del quartiere di Porta a Lucca. Ancora prima del per lui grande problema della sicurezza sull’Aurelia.

Il braccio inizia a farmi male quando mi accorgo che rimuginando ho quasi finito e il colpo d’occhio è migliorato. Eliminata quella patina rosso bruna ripongo gli attrezzi pronto a stendere il nuovo smalto certo che alla prossima occasione tutto sarà migliore. E immagino un Pisa in uno stadio bello fiammante, con un attacco che segna e una Società che farà di tutto per salire di categoria insieme ai suoi tifosi sempre pronti a sostenere il giocatore che farà di tutto per meritarseli gli applausi, sul campo, non sui social, per un selfie o una maglietta regalata.

Nel frattempo, sporco di vecchia ruggine e smalto nero torno alla realtà con un’unica convinzione: qualsiasi sarà la categoria, qualsiasi sarà il giocatore, il direttore o il presidente che verrà per la “grande piazza”, noi, sempre i soliti da sempre, saremo lì sui gradoni dell’Arena, vecchia o nuova che sará, a gridare Forza Pisa Vinci per Noi.

Foto Pisachannel/Francesco Malasoma

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