Marina Sacchelli

Massimo Simonelli è un vigile del fuoco che improvvisamente tre anni fa si è messo a costruire violini. Vive a Campo, una frazione di San Giuliano Terme, dove è nato e cresciuto, nella casa che è stata dei nonni e che si trova proprio in una strada che porta il suo cognome: Via Simonelli. La storia dei violini si è diffusa velocemente, nella piccola frazione ed oltre, fino ad arrivare alle mie orecchie, così che, incuriosita sono andata ad intervistarlo. Mi riceve direttamente nel laboratorio di falegnameria ex fienile di una casa colonica che si trova proprio sotto il suo appartamento. C’è profumo di legno, un bancone pieno di attrezzi, pezzi di strumenti da assemblare, rifinire, verniciare… piano piano percepisco l’origine di questa che sta diventando una vera passione, è l’amore per il legno, tutto parte da lì.

Massimo, dove inizia questa storia?
“Da molto lontano. Cominciai a lavorare presto, da ragazzo, come tornitore. Quel periodo fu fondamentale per me perché imparai a conoscere questo meraviglioso materiale che è il legno, a trattarlo nel modo giusto e a tirarne fuori il meglio. Dopo il servizio militare la ditta presso la quale lavoravo chiuse ed io fui assunto ai Cantieri navali di Pisa . Lì imparai il mestiere del falegname, che mi dava molte soddisfazioni, mi occupavo praticamente di tutto: dallo scafo agli interni delle imbarcazioni. Poi nel 1996 vinsi un concorso nei Vigili del fuoco, ma la passione per il legno non mi ha mai abbandonato. Tanto del mio tempo libero l’ho passato in questo laboratorio, mi sono cimentato persino nelle sculture oltre che nel restauro e costruzione di mobili. A Campo ci conosciamo tutti, a volte mi è capitato di dare una mano a qualche compaesano con piccoli lavori di falegnameria, lo faccio volentieri, mi piace aiutare gli altri, in questo mi ritrovo molto nello spirito del Corpo in cui lavoro attualmente quello dei pompieri”.

Com’è nata l’idea di provare a costruire un violino?
“Dopo il matrimonio con mia moglie Rachele, appassionata di musica (suona il flauto), ho avuto modo di frequentare una sua vecchia amica di infanzia, Eleonora Bandecchi, una talentuosa violinista pisana. Fu sua l’idea. Durante una cena, si parlava di musica e dei nostri interessi, ad un certo punto lei mi esortò ad usare il legno per provare a costruire un violino. Detto fatto! Comprai il libro “Il fascino del violino”, per me un vero e proprio manuale di iniziazione… e ora guarda qua sono a quota nove”.

Mi avvicino al bancone dove ne sono appesi alcuni, uno invece è aperto, all’interno scorgo una targhetta con un numero e la firma di Massimo. Inizia a parlarmi dei vari tipi di legno necessari per l’assemblaggio.

“La tavola vuole l’abete rosso della Val di Fiemme, il fondo le fasce e il manico vogliono l’acero, gli accessori sono di ebano (legno duro) . Il numero 5 l’ho fatto totalmente con legno di recupero, probabilmente risalente a cento anni fa, trovato nella vecchia stalla di mio nonno. Guarda le venature di questo pezzo ancora da lavorare: sono come canne di un organo… la parte resinosa, la stagionatura, tutto ciò è fondamentale perché con le vibrazioni del suono, l’effetto canna d’organo viene amplificato”.

Cerco di seguire le sue spiegazioni, assaporo l’entusiasmo che ne traspare, prendo nota e fotografo tutto, persino delle minuscole pialle e piccoli pezzi da montare, tutto rigorosamente costruito da Massimo.

“Sai – mi dice – si potrebbe trovare tutto già bello e fatto e limitarsi a montare i pezzi, ma io provo un’enorme soddisfazione a fare tutto da solo. Ricordo ancora l’emozione forte che provai quando la mia amica Eleonora suonò il mio primo violino. Probabilmente non si aspettava che ci riuscissi e si stupì del risultato. Da lì non mi sono più fermato, posso dire che la mia è una continua ricerca per ottenere risultati sempre migliori. Ovunque mi trovi, colgo sempre l’occasione per recuperare qualcosa che penso mi possa servire oppure per aumentare le mie conoscenze. Come in quella vacanza a Vipiteno in cui incontrai un vecchio liutaio che mi raccontò della leggenda di Stradivari che batteva sugli abeti per sentirne il suono nella foresta di Panaveggio, in Val di Fiemme. Ma oramai anche gli amici e i colleghi sono coinvolti in questa avventura tanto da rifornirmi spesso di qualche pezzo di buon legno. Guarda questo ramo, ​ero andato a trovare mia zia e cosa vedo nel suo giardino uno splendido alberello di bosso, preziosissimo per me”.

Aspetta che ti fotografo con il ramo – gli dico, e poi – Massimo qui vedo quattro strumenti, gli altri dove sono?
“Li usa Eleonora per le sue lezioni ai ragazzi ma sai che non è l’unica ad aver suonato le mie “creature”

Davvero? E chi altri?
Da quando si è sparsa la voce che qui a Campo c’è un uomo che costruisce violini si sono presentati a casa mia diversi musicisti , alcuni si trovavano a passare di qua, uno ho scoperto che vive non molto distante da me. Si tratta di un austriaco, Gunar Letzbor, innamorato della nostra Toscana anche se per produrre brani su cd si reca nella sua nazione. Una sera venne a casa mia a suonare, l’ho anche ripreso col telefonino, mi pareva un sogno. Provo sempre forti emozioni quando qualcuno suona un mio violino.

Un lavoro che svolgi con orgoglio, una bella famiglia, una grande passione, cosa potresti desiderare di più?
“Niente, davvero, amo ciò che faccio e amo la mia terra anche se adoro passare qualche periodo in montagna a stretto contatto con la natura. Ecco se non fossi toscano e pompiere potrei fare la guardia forestale in Trentino.

Marina Sacchelli

Foto di Marina Sacchelli

 

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