Se decidesse di farlo come mestiere darebbe del filo da torcere ad Alberto Angela. Parlare di arte, storia e cultura gli piace, come si è visto nel docufilm in quattro puntate intitolato “Firenze secondo me”, andato in onda su “Nove”. Eppure Matteo Renzi è scivolato su un’inesattezza che non è passata inosservata. Ha definito Galileo Galilei “un fiorentino”. Non era proprio così. Ma lo approfondiremo più avanti. Soffermiamoci ora su ciò che ha detto Renzi parlando all’interno del Museo Galileo:
Occorrerà attendere l’avvento di un fiorentino per una nuova rivoluzione. È l’avvento di un fiorentino, nato a Pisa ma da famiglia fiorentina, che si chiama Galileo Galilei. Ciò che riesce a fare con il cannocchiale segna la svolta. Il cannocchiale è scoperto nei primi anni del Seicento… il cannocchiale era pensato per scopo militare: vedere il nemico prima che il nemico ti veda, un bel vantaggio competitivo. Bene, il cannocchiale per Galileo è innanzitutto lo strumento con il quale si può studiare le stelle. Ed è questa la rivoluzione di Galileo, la più grande rivoluzione di Galileo: capisce che il sistema tolemaico è sbagliato e che è il Sole il centro dell’universo. Questa rivoluzione ha un impatto pazzesco, ma incontra la resistenza non soltanto dei colleghi, o di alcuni di essi, soprattutto la resistenza della Chiesa cattolica, che inizia ad additare Galileo come un eretico. Il punto è che Galileo continua con le sue ricerche e allora si troverà di fronte al Sant’Uffizio e all’abiura. È costretto a riconoscere, o meglio ad ammettere una colpa che non ha. È costretto, per salvare la vita in tempi in cui gli eretici finivano al rogo, a disconoscere la validità delle sue scoperte”.
Si può definire Galileo un fiorentino? Scorrendo la biografia del grande scienziato troviamo che, come Renzi ha ricordato, nacque a Pisa (il 15 febbraio 1564). Sua madre, Giulia Ammannati, nata a Villa Basilica (Lucca) era originaria di Pescia (Pistoia), con importanti antenati: uno di questi era il cardinale Iacopo Ammannati, segretario di papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini (1405-1464). Il padre di Galileo, Vincenzo Galilei, apparteneva ad un casato più umile, anche se gli antenati (i Bonaiuti, che poi cambiarono cognome) facevano parte della buona borghesia fiorentina. Vincenzo Galilei era nato a Santa Maria a Monte, nel Pisano. Abile musicista, si trasferì nella vicina Pisa per poter continuare nella sua attività, svolgendo al contempo quella di commerciante, per incrementare i guadagni necessari al sostentamento della famiglia. Fu Pisa, dunque, che offrì a Vincenzo Galileo una possibilità di riscatto. Il giovane Galileo Galilei fece i suoi primi studi a Firenze. Poi, a sedici anni, si iscrisse all’Università di Pisa. Il desiderio di suo padre era quello di farne un medico, ma ben presto gli interessi del giovane e brillante studente si riversarono sulla matematica e la fisica. Interrotti gli studi in Medicina, Galileo tornò a Firenze e poi a Siena. Nel 1889, grazie alla raccomandazione di un suo amico influente (Guidobaldo Del Monte) arrivò a Ferdinando I de’ Medici (duca di Toscana), che gli fece ottenere il suo primo importante contratto, per tre anni, all’Università di Pisa. Fu proprio all’ombra della Torre che Galileo fece la sua prima importante scoperta, l‘isocronismo delle oscillazioni del pendolo. Nel 1592 iniziò ad insegnare a Padova, dove ottenne, sempre grazie all’amico Guidobaldo, un contratto cospicuo (180 fiorini l’anno). Restò in Veneto a lungo, periodo che definì “li diciotto anni migliori di tutta la mia età”.
Pisa, Firenze, Padova e poi di nuovo Firenze, dove Galilei ottenne (nel 1610) un ricco contratto da mille scudi l’anno, senza obblighi di risiedere in un luogo preciso. Accusato, processato e ingiustamente condannato all’abiura, Galilei fu anche umiliato (solo i familiari potevano fargli visita, dopo essere stati autorizzati). Continuò a occuparsi di scienza, pubblicando all’estero (Paesi Bassi) e divenendo a tutti gli effetti il padre della “scienza moderna”.
Purtroppo la cultura è di chi ce l’ha…