Lo Stato italiano ha acquistato la “Testa Lorenzini“, scultura in marmo di epoca etrusca risalente a un periodo compreso tra la fine del VI secolo e gli inizi del V a.C.. Pagata 355mila euro, lo Stato ha esercitato il diritto di prelazione, su indicazione della Soprintendenza di Firenze, Pistoia e Prato e attraverso il Mibact.
Il nome della scultura, che molto probabilmente era un oggetto di culto (forse rappresentante Herakles o Apollo) trae origine dalla famiglia che ne era proprietaria. La famiglia sosteneva di averla trovata in un pozzo della corte della loro vecchia casa nel centro di Volterra, tra piazza S. Giovanni e piazza dei Priori, dove secondo la tradizione si ergeva un tempio etrusco. Ma la scultura potrebbe provenire anche dall’acropoli, dove si trovava la maggior concentrazione di templi.
Il grande archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli descrisse la statua come “la più greca delle opere etrusche”. Realizzata con il marmo delle Apuane, può essere considerata il più importante frammento statuario di Volterra ed una delle più rilevanti testimonianze scultoree dell’Etruria. A realizzarla potrebbe essere stato un artigiano etrusco improntato alla tradizione scultorea greco-orientale, con alcune ascendenze attiche.
Dopo l’acquisizione da parte dello Stato la “Testa Lorenzini” tornerà ad essere fruibile dal pubblico in un importante museo della Toscana.
Una lunga battaglia legale
Per secoli rimasta in fondo a un pozzo, la scultura è stata al centro di una durissima battaglia legale per stabilire chi ne fosse il legittimo proprietario: la famiglia Lorenzini, che le aveva dato il nome; l’artigiano Maurizio Pazzagli, i cui nonni erano comproprietari del pozzo dove sarebbe stata trovata; lo Stato. Si trattava di stabilire se i Lorenzini, come sostenuto, ne fossero venuti in possesso prima del 1909, quando entrò in vigore la legge che pose i beni archeologici sotto la tutela dello Stato. Nel dicembre 1998 il Tribunale di Pisa fece sequestrare la statua e da lì è nato un duro contenzioso.
Secondo la famiglia Lorenzini la testa da generazioni era nel palazzo della loro famiglia, finendo in una soffitta, dove fu trovata all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso. Lorenzo Lorenzini si mise d’accordo con una stretta di mano con il direttore del museo Guarnacci affinché la testa, che lui chiamava “l’Apollo canzonatore”, fosse esposta al pubblico 364 giorni all’anno. Solo un giorno, a Natale, sarebbe dovuta tornare in casa sua. Filò tutto liscio per anni, senza problemi, dal 1946 al 1997. Quando il maestro Lorenzini morì, e i figli decisero di metterla in vendita, esplose il “caso”. Soprattutto per la possibilità che la testa potesse finire lontana da Volterra. Non fuori dall’Italia, unico vincolo posto dai venditori.
Codesta famiglia mi sembra di molto ignorante. Se fossero stati veri signori l’avrebbero donata al museo Guarnacci. Noblesse Oblige.