Il 25 marzo di ogni anno, bel tempo permettendo, un raggio di sole penetra nel Duomo di Pisa da una delle quattro piccole aperture del tamburo della cupola e va a illuminare una mensola sorretta da un uovo di marmo, posta sul pilastro accanto al pergamo di Giovanni Pisano, che si trova sul lato opposto. Inizia in questo momento il nuovo anno pisano a.I.D. (ab Incarnatione Domini).

L’uovo ha un significato simbolico molto importante: sta a indicare la nascita e, quindi, la vita. Quando le nubi rendono impossibile questo gioco di luce, la tradizione vuole che l’anno non cominci sotto i migliori auspici. Il primo documento che riporta, come data, l’Annus Pisanus risale al 25 maggio del 985.

Fu una scelta dei Pisani quella di far coincidere l’inizio dell’anno con una festa religiosa, l’annuncio dell’Arcangelo Gabriele a Maria. Il 25 marzo, tra l’altro, è vicino all’equinozio di primavera (21 marzo), che sancisce il risveglio della vita dopo l’inverno. Diverse altre città, come ad esempio anche Firenze e Siena, scelsero il 25 marzo come giorno di capodanno, ma con un anno di ritardo rispetto al calcolo dei pisani.

Questo antichissimo calendario rimase in vita per secoli, non solo a Pisa ma anche nelle terre che un tempo erano state sotto l’influenza pisana: dalla Corsica fino alle Baleari, da Reggio Calabria fino a Costantinopoli.  Il 20 novembre 1749 Francesco I di Lorena, Granduca di Toscana, stabilì che il primo giorno dell’anno fosse il 1° gennaio, uniformandosi al calendario gregoriano.

Foto: Comune di Pisa (Facebook)

 

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