La chiamano cultura dello sballo. Sentire musica a tutto volume, andare avanti per ore ed ore, fino allo sfinimento, tenendosi in piedi grazie ad alcune sostanze stupefacenti, con gravissimi danni per la salute. Ogni tanto qualcuno ci lascia la pelle, ma il “giochino” dei cosiddetti rave party va avanti, come se nulla fosse. I ritrovi avvengono in luoghi improvvisati: ex capannoni industriali, spiazzi abbandonati, spiagge, boschi. Tutto senza regole e senza controlli. Ci si “sballa” a partire dalla musica, prevalentemente techno, che picchia forte nelle orecchie e ti stordisce.

In Toscana ci sono stati decine di rave party negli ultimi venti anni, con almeno 300-400 persone ogni volta, se non di più. L’ultimo c’è stato tra Pasqua e Pasquetta nel capannone dell’ex Delphi-Trw di Livorno. Sono arrivati da tutta Italia, in treno, auto e camper, accampandosi per due giorni tra i detriti di quello stabilimento fantasma. Per fortuna nessuno è stato male. Una volta nascevano col passa parola, al limite circolava qualche volantino, ma senza dare troppo nell’occhio. Ora, nell’era dei social, è tutto più facile: si usa WhatsApp o, nella maggior parte dei casi, Telegram, e in un attimo si raggiungono centinaia o migliaia di persone.

Le forze dell’ordine spesso intervengono a cose fatte, quando la “festa” è iniziata. In alcuni casi lasciano che si concluda, per evitare conseguenze peggiori. Intervenire con un blitz in un luogo affollato e pericoloso (come ad esempio un capannone abbandonato), con molte persone sotto effetto di droghe o alcol, infatti, può essere molto pericoloso. Si cerca di fare prevenzione, laddove ci si riesce. Non sono pochi i casi in cui il rave finisce male, con qualcuno che muore per overdose di droghe.

Ma per quale motivo ci si deve sballare fino a stare male, stordendosi in un luogo oggettivamente brutto e degradante, mettendo a rischio la propria vita in un rito che ha il sapore dell’autodistruzione? C’è materiale su cui indagare a livello psicologico e sociologico. Ma è anche a livello culturale che bisogna intervenire. Nel nostro piccolo ci sentiamo di rivolgere un appello a quei ragazzi, più o meno grandi che siano: perché non provate a stordirvi di bellezza, andando a conoscere il mondo, con tutto ciò di magnifico e inatteso che esso può offrirvi? E se proprio dovete sballarvi, fatelo con l’amore…

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