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Cercare un ago nel pagliaio? Ecco un metodo scientifico per farlo

- Università
3 Maggio 2019

Un gruppo di ricercatori del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa ha affrontato in modo scientifico un annoso problema dell’uomo, entrato ormai nel linguaggio comune: come cercare un ago nel pagliaio.

Riuscire a localizzare oggetti relativamente piccoli rispetto allo spazio in cui si trovano ha ricadute fondamentali in campo militare, ma anche per il commercio e i trasporti. Gli aghi, in tal senso, possono essere equiparati a sottomarini, aerei o navi. E il pagliaio? Un vasto spazio marittimo o aereo. I ricercatori, guidati dai professori di Telecomunicazioni Fulvio Gini e Sabrina Greco, e il ricercatore Stefano Fortunati, hanno trovato una soluzione innovativa, descritta in un testo che ha vinto il premio “2019 EURASIP JASP Best Paper Award” come miglior articolo dell’anno pubblicato dalla rivista Journal on Advances in Signal Processing (JASP).

Cerchiamo di capire un po’ meglio di cosa stiamo parlando. “Quello che abbiamo fatto – spiega il professor Gini – è  usare un approccio statistico innovativo per stimare la posizione di oggetti di interesse, quali aerei o navi nel caso di dati radar o di sottomarini e persino relitti nel caso di dati sonar. La teoria usata, chiamata ‘compressed sensing’ permette infatti di sfruttare il fatto che i possibili oggetti di interesse sono ‘sparsi’ (ossia sono ‘pochi’ rispetto all’estensione dell’area da controllare) per ridurre drasticamente in numero di dati necessari all’identificazione e alla localizzazione degli oggetti stessi”.

Dalla teoria alla pratica. I risultati trovati dai ricercatori sono stati confrontati con i dati ottenuti da una campagna di misurazioni, effettuata in collaborazione con il centro Cmre (Centre for Maritime Research and Experimentation), della Nato di La Spezia, attraverso sensori subacquei mobili. “La validazione sperimentale – spiega la professoressa Greco – ha permesso di mettere chiaramente in luce tutti i vantaggi di questo nuovo approccio. Il basso numero di dati richiesto dall’algoritmo di rivelazione porta infatti ad una veloce localizzazione degli oggetti di interesse molto più rapida rispetto alle tecniche classiche”.

Fonte: Unipi.it – Foto: Pixabay

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