Non si placano le polemiche sulla manifestazione degli antiproibizionisti in programma a Pisa il 18 maggio (il corteo è stato vietato, si terrà solo un presidio in piazza della Stazione). Proseguendo il dibattito vi proponiamo una proposta-sfida lanciata da Paola Viegi agli organizzatori di Canapisa.
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C’è poco da dire su Canapisa. Per la maggioranza di noi Pisani è considerata una espressione sguaiata del concetto di liberalizzazione delle droghe. Questo perché da quasi vent’anni assistiamo allo scempio della città, o meglio di quella parte di città toccata dal corteo. Un fiume umano che al suo passaggio lascia sporcizia, rifiuti organici (vomito, orina e feci) e quant’altro. Ritengo anche legittime le proteste di chi vive in centro, un centro già martoriato da spaccio diffuso e criminalità spesso collegata ad esso, che il giorno della manifestazione è costretto a restare nelle proprie case a causa dei blocchi posti dalla sicurezza.
Badate bene, per me manifestare è sinonimo di democrazia, ma quando c’è degenerazione, si trasforma in tutt’altro. Il tema dell’assunzione delle droghe leggere e non, in una città come Pisa che è ai primi posti tra le città italiane per spaccio ed uso, dovrebbe essere affrontato con più serietà e soprattutto non strumentalizzato.
Creiamo occasioni di informazione e sensibilizzazione, andiamo nelle scuole a spiegare che di droga si muore, e magari facciamolo proponendolo agli organizzatori di Canapisa. Perché no?
Paola Viegi
Cara Paola,
condivido le sue affermazioni anche se non userei mai la parola leggero. La droga è droga. Vado nelle scuole con l’Associazione Gruppo Il Ponte a parlare di droga con testimonianze di ex tossicodipendenti che raccontano la loro storia e, anche da loro, arriva questo messaggio: non c’è niente di leggero.