La condanna di Antonio Logli, confermata dalla Corte di Cassazione, è arrivata grazie a un supertestimone, Loris Gozi. I giudici hanno ritenuto credibile il suo racconto. Gozi sostiene di aver visto Logli litigare violentemente per strada con una donna, spingendola poi in macchina, intorno all’1.10 di notte, quella in cui scomparve Roberta Ragusa, fra il 13 e il 14 gennaio 2012. Logli ha sempre sostenuto, invece, di essere andato a letto poco prima di mezzanotte, e di essersi risvegliato al mattino, alle 6.45, scoprendo che la moglie non si trovava al suo fianco.
La sera della sentenza in Cassazione Gozi è intervenuto in diretta a “Quarto Grado” (Rete4): “La giustizia ha fatto il suo corso, le cose sono andate così. Il signore ha ammazzato la moglie ed è giusto che sia andato in carcere. Poi per quello che riguarda il processo non ho più seguito niente perché è diventata una fiction. Non ho mai pensato di ritrattare la mia testimonianza, non scherziamo. A me non fa paura niente, non mi spavento di niente. Sono contento per le cugine di Roberta. Mi dispiace per i figli”.
Giostraio di 41 anni, originario di Reggio Emilia, Gozi in passato ha avuto alcuni problemi con la giustizia. Prima di droga, poi una condanna per il furto di un pc e il carcere per aver violato l’affidamento in prova ai servizi sociali. Sul caso Ragusa inizialmente il gip non crede a Gozi, perché ritiene tardiva la sua testimonianza (avvenuta mesi dopo la scomparsa di Roberta), peraltro modificata più di una volta.
Gozi ha avuto seri problemi con la sua famiglia. “Nei miei racconti – spiegò alcuni anni fa – all’inizio non ho detto tutto perché la mia famiglia, che è di etnia sinti e non vede di buon occhio la collaborazione con le forze dell’ordine, desiderava che rimanessi fuori da questa vicenda. Come ho spiegato, però, la mia coscienza ad un certo punto mi ha indotto a riferire ai carabinieri, al pm e poi al giudice quanto avevo visto e sentito quella notte, senza nascondere o tacere nulla”. Intervenuto diverse volte nelle trasmissioni tv che parlavano del caso Ragusa, Gozi ha sempre negato di averlo fatto per soldi o per avere visibilità, ma “solo perché volevo tenere alta l’attenzione sulla scomparsa della signora Ragusa”.
Nella vicenda giudiziaria ci sono stati anche altri testimoni: Silvana Piampiani, vicina di casa dei Logli; Filippo Campisi, vigile del fuoco che quella notte transitava in zona. Margherita Latona, collaboratrice domestica di Roberta. I loro racconti sono stati attentamente vagliati dagli inquirenti, ma alla fine non sono stati ritenuti attendibili.
La difesa di Logli ha sempre sostenuto la testi che Roberta si fosse allontanata da sola da casa. Ipotesi, questa, rigettata dai giudici. Questa la motivazione dell’appello, confermata, di fatto, dalla Cassazione: “Le ipotesi di un allontanamento volontario, pur astrattamente formulabile, risulta priva di qualsiasi concreto riscontro e estranea all’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana”.
UNO VIENE CONDANNATO PER LA TESTIMONIANZA DI UNO ZINGARO CHE HA AVUTO PROBLEMI DI DROGA PROBLEMI CON LA GIUSTIZIA E PROBLEMI FAMILIARI MA BRAVI I GIUDICI
che silenzio…vi sconcerta assai lo “zingaro” per bene, vero? Anzi lo detestate molto più degli zingari per male, perchè vi manda fuori squadra il vostro mondo, così ben assestato sulle vostre certezze.
Grazie a Dio quest’uomo, zingaro o meno non fa differenza, ha dato un’utile testimonianza!
Anche se purtroppo ovviamente ciò non porterà indietro il tempo, potrà però favorire che sia fatta giustizia almeno dal punto di vista legale.