Nel fascicolo aperto dalla procura di Firenze dopo i tre roghi dolosi di Rovezzano, che hanno messo in ginocchio l’intero trasporto ferroviario italiano, non c’è l’aggravante del terrorismo. Si parla di attentato alla sicurezza dei trasporti e danneggiamento aggravato. Le indagini, condotte da Polfer e Digos, non escludono alcuna pista, neanche quella degli ambienti anarchici. Una cosa si sa per certa: è stato usato liquido infiammabile, probabilmente benzina. Gli autori del folle gesto avrebbero aperto due tombini e dato fuoco alle canaline che corrono lungo i binari, bloccando la trasmissione dei dati della circolazione dei treni. Il “sabotaggio” è avvenuto poco prima delle 5 del mattino.
Intanto l’attenzione degli inquirenti si sofferma su un altro episodio, avvenuto alcuni giorni fa, sempre a Rovezzano, all’interno di un’area verde recintata a pochi metri dai binari dell’Alta velocità e da una centralina che, per fortuna, è stata risparmiata dalle fiamme. Si era parlato di un banalissimo incendio di sterpaglie, ma potrebbe esservi qualcosa di più. Qualcuno aveva già provato a colpire senza riuscirvi?
La tecnica è collaudata. Nel dicembre 2014 fu colpita la galleria di San Donato, vicina alla stazione di Rovezzano. Le telecamere di videosorveglianza immortalarono tre persone incappucciate, quasi sicuramente quelle che versarono del liquido infiammabile in due pozzetti. Pochi giorni dopo un altro pozzetto venne preso di mira, sulla linea Empoli-Siena. Su una gru in un cantiere, invece, fu trovata una bottiglia di benzina.
L’ombra di una talpa
Fanno riflettere le parole di un sindacalista della Fit Cisl, Stefano Boni: “Lavoro da una vita in Trenitalia, ma non ho la minima idea di come funzioni la tecnologia sui binari. Chi ha fatto il sabotaggio di Rovezzano come faceva a sapere dove andare a colpire e in che modo? Come sapeva che i pozzetti non sono chiusi e che incendiandone alcuni in particolare avrebbe bloccato tutta la linea? Queste informazioni non sono di dominio pubblico. Chi ha fatto il sabotaggio è stato ben consigliato”. Il sospetto è che qualcuno abbia suggerito ai sabotatori dove e come intervenire per compiere il loro gesto. Un altro sindacalista, Antonino Rocca (Rsu di Rfi per Fit Cisl) conferma i sospetti: “Qualcuno aveva un’ idea molto precisa di cosa stava facendo e dove. Ma ora quel che è successo a Rovezzano rischia di aver insegnato a tutti come si può sabotare la ferrovia”.
Perché i pozzetti sono aperti?
Si discute anche su un’altra questione. Perché, visto che spesso vengono presi di mira dai malintenzionati, questi pozzetti non vengono chiusi a chiave? La risposta è questa: per rendere più veloci gli interventi in caso di guasti. E bisogna anche tenere conto del fatto che i pozzetti sono tantissimi: possono essercene anche 40 per ogni km. Potrebbero essere chiusi tutti, ma per rendere tempestivi gli interventi bisognerebbe distribuire le chiavi a tutti i tecnici. Darli solo ai responsabili? Potrebbe essere un’idea, ma con il rischio di ritardare di 1-2 ore ogni intervento, con la conseguenza di tenere ferme le linee ferroviarie per lo stesso tempo. L’unica cosa possibile per aumentare il livello di sicurezza è migliorare i sistemi di recinzione, effettuare maggiori controlli e installare più telecamere di sorveglianza. Rete Ferroviaria Italiana fa sapere di avere un piano da 4 miliardi di investimenti per tutta l’Italia, per aumentare la sorveglianza e installare sistemi ridondanti nei punti sensibili. E in futuro molti cavi potrebbero essere sostituiti con un sistema radio per il controllo della distanza dei treni (sistema Ertms).
Ma è ovvio che c’è una talpa , chi di noi saprebbe come fare e dove andare a colpire nessuno !