Ha fatto molto discutere la scelta di don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro (PIstoia) di cantare e far cantare “Bella Ciao” al termine della messa. Il vescovo Fausto Tardelli gli aveva chiesto di non farlo ma lui è andato dritto per la sua strada. Sarà punito per questa palese ribellione? Staremo a vedere. Di certo il caso è finito nel tritacarne mediatico contribuendo ad avvelenare il clima politico, peraltro già teso, in materia di immigrazione. Perché la “disobbedienza” di don Biancalani nasce come contestazione delle politiche sull’immigrazione.
Biancalani si difende così. Cantare “Bella Ciao” in chiesa “non è un capriccio né una provocazione, ma è un segnale pensato per ricordare la doppia fedeltà del credente al Vangelo e alla Costituzione repubblicana”. Il prete spiega così la propria iniziativa. “Noi cristiani per certi aspetti siamo partigiani. Io personalmente mi sento di prendere una parte, non politica ma umana. Il cristiano deve essere un partigiano dell’accoglienza, della solidarietà e della giustizia. E così facendo risponde al Vangelo, che è la luce per un credente, ma anche alla Costituzione”. Definendosi “partigiano dell’accoglienza” Biancalani di fatto si allinea al Papa. Proprio per questo è difficile che la Chiesa decida di mettere don Biancalani “sotto processo” per l’insubordinazione al suo vescovo. Più probabile che venga richiamato e magari sollevato momentaneamente dall’incarico. Una riflessione per stemperare i toni e le polemiche.
“Che Bella ciao non sia un canto liturgico – ha spiegato il vescovo Tardelli ad Avvenire – è così ovvio che mi pare superfluo dirlo. Che non sia appropriato cantarlo in chiesa, durante o al termine della celebrazione eucaristica, dovrebbe essere evidente”. Il vescovo però critica anche il leader della Lega Salvini: “Provo profonda amarezza inoltre per la prevedibile strumentalizzazione del senatore Salvini che non perde l’occasione per entrare in polemica, in modo scorretto, nel contesto ecclesiale. Una dimostrazione di miopia e scarso di interesse nei confronti del mondo ecclesiale, usato più che sostenuto. È l’ora di finirla con questa insistente chiamata alle armi, alla guerra, alla censura nel nome del Vangelo. Rimbocchiamoci piuttosto le mani per risolvere i problemi!”.
Don Biancalani replica così: “Nessuno mi ha chiamato per sentire le mie ragioni, le spiegazioni. E io non ho mai proposto di sostituire i canti liturgici con ‘Bella Ciao’. Ho spiegato a conclusione della messa, che chi voleva poteva rimanere in chiesa per cantare una canzone che è ormai patrimonio di tutti, di sinistra, di centro, di centrodestra, perché lo è storicamente, per dare un segnale, per ricordare che noi restiamo e resistiamo dalla parte dell’umanità, nonostante tutto. Bella Ciao è diventato ormai un inno internazionale anche per i movimenti che si occupano di diritti civili. Mi sorprende che siano proprio gli italiani a scandalizzarsi per l’uso di questa canzone da parte di una comunità che sta facendo una battaglia per i diritti umani”.
Come andrà a finire? Staremo a vedere. Personalmente non credo che le iniziative che fanno molto rumore siano le più utili alla causa (e alla Chiesa). Forse è preferibile agire con i fatti che alimentare in modo aspro le già forti polemiche politiche. Ma non siamo noi a dover insegnare alla Chiesa ciò che sa bene.