Il giro d’affari è di 7,5 milioni di euro all’anno. Considerevole visto che parliamo di un prodotto alimentare di nicchia come il lampredotto, il famoso cibo di strada fiorentino. Da una stima di Confartigianato emerge che un fiorentino lo mangia 5 volte al mese. Chi vive e lavora in centro ancora di più, approfittando dei tanti baracchini dove lo vendono. Ciascun venditore al dettaglio ne vende dai 5 ai 50 kg al giorno. Questo tipico prodotto gode di ottima salute. Ma nonostante questo è a rischio: per esigenze commerciali (venire maggiormente incontro ai gusti dei turisti stranieri) potrebbe essere profondamente cambiato.
Per questo c’è chi chiede di tutelarlo. In che modo? Adottando una sorta di disciplinare, come spiega il presidente di Confartigianato Firenze, Alessandro Sorani, “per promuovere una tradizione fiorentina che deve mantenere determinati criteri di qualità. Un modo per proteggere i venditori che quotidianamente rispettano la tradizione. Ogni baracchino potrebbe esporlo e fare da monito per le richieste dei turisti che a volte chiedono versioni del lampredotto americanizzate o comunque stravolte”. Ma come si potrebbe fare? “Confartigianato, insieme alla categoria – prosegue Sorani – chiede un incontro al Comune di Firenze, in particolare all’assessore alle Attività economiche Federico Gianassi e al consigliere comunale per la valorizzazione e la promozione della fiorentinità, Mirco Rufilli. Non vogliamo essere la controparte, ma collaboratori propositivi nella definizione di questo regolamento per mantenere viva questa tradizione così cara alla città e così importante per la sua economia”
Il Comune di Firenze ha risposto positivamente tramite Gianassi e Rufilli: “Raccogliamo la proposta lanciata da Confartigianato Imprese e siamo pronti ad un confronto con venditori al dettaglio e produttori per realizzare un disciplinare di qualità per promuovere questo cibo di strada che è diventato, negli anni, parte stessa del modo di mangiare alla fiorentina. Siamo convinti che sia necessario realizzare anche un bollino di qualità a tutti quegli esercenti che difendono la tradizione del panino al lampredotto”.
Ci sembra una buona idea, da replicare anche per altri prodotti della nostra tradizione culinaria. Siamo in un Paese libero, ognuno può mangiare ciò che desidera e, se vuole, è liberissimo di farsi preparare una pizza all’ananas o con altri ingredienti stravaganti. Siamo certi, però, che quella pizza non potrà mai fregiarsi del bollino di “napoletana” né “italiana”. E lo stesso dovrebbe valere per gli altri cibi con una storia alle spalle. Storia che vuol dire anche gusto e tradizione.
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