“Un fulmine a ciel sereno”, dice Martina, la figlia del maresciallo Giuseppe Giangrande, che rimase gravemente ferito nell’attentato avvenuto davanti a Palazzo Chigi il 28 aprile 2013. Cosa è accaduto? Il sottufficiale dei carabinieri è stato contagiato dal coronavirus ed è ricoverato all’ospedale di Careggi (Firenze). In isolamento per motivi precauzionali anche sua figlia. Portato in ospedale per alcuni controlli, è stato sottoposto al test ed è risultato positivo al Covid-19.
“Mio padre da giorni aveva la febbre – racconta la figlia a Repubblica – ma per lui è purtroppo abbastanza consueta per via di infiammazioni urinarie. Quindi non immaginavano il coronavirus: non aveva tosse né raffreddore. E nemmeno mal di gola. È stato sottoposto al tampone ieri 10 marzo ed è risultato positivo. Avevamo comunque già adottato tutte le misure precauzionali”.
“Ora dovrò stargli vicino in un modo diverso – dice Martina a La Nazione -. Non è intubato e la febbre sta scendendo, a denti stretti mi dico che forse il peggio per lui è passato”.
L’attentato davanti a Palazzo Chigi
Quel giorno di fine aprile di sette anni fa Giangrande era stato mandato di rinforzo, col suo contingente del VI Battaglione Carabinieri Toscana, per svolgere attività di ordine pubblico a Roma. La mattina del 28 aprile era in servizio insieme ad altri colleghi in piazza Colonna, vicino a Palazzo Chigi. Era il giorno del giuramento, al Quirinale, del governo presieduto da Enrico Letta davanti al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. All’improvviso un uomo estrasse una pistola e iniziò a sparare. Due militari rimasero feriti: il brigadiere Giangrande e il carabiniere scelto Francesco Negri. Dopo un lungo periodo in ospedale Giangrande è tornato a casa ma versa, tuttora, in gravissime condizioni fisiche (è rimasto in carrozzina). Insignito della Medaglia d’oro al valor civile nel maggio 2013, è tornato nella sua abitazione, a Prato, nel settembre 2015. L’autore dell’attentato, Luigi Preiti, fu condannato a 16 anni (sentenza confermata dalla Cassazione).
Di un maresciallo, oggi come oggi, posso anche avere rispetto perché lavora sulle strade, ma di un suo generale assolutamente NO.