Il momento (causa Covid) è difficile per tutti, ma alcune attività sono più colpite di altre. Parliamo ad esempio dei ristoratori. “Qualcuno ha già chiuso la propria attività, altri lo faranno entro la fine dell’anno”, rivela un’indagine effettuata dal gruppo Ristoratori Toscana, che rappresenta 15mila imprese in Toscana. A soffrire maggiormente saranno i locali serali e i ristoranti, quelli che avevano già subito dopo l’approvazione del nuovo Dpcm. Secondo il sondaggio il 30% delle attività chiuderà, di questi il 5% solo per i mesi invernali per riprendere l’attività a marzo. Il 40% di chi proverà a resistere, soprattutto i ristoranti che trovandosi nelle periferie pagano affitti meno alti, avrà una perdita del 30%. Gli imprenditori che lavorano nel centro storico denunciano cali di fatturato che, con le nuove disposizioni, potrebbero raggiungere anche l’80%. Il 97,6% dei pubblici esercizi consultati boccia il Dpcm del Governo Conte.
Tra le misure che mettono più in difficoltà le aziende c’è la chiusura a mezzanotte: per il 35% degli intervistati equivale a perdere il secondo turno di lavoro, quello dei clienti più giovani, che al ristorante o in pizzeria arrivavano verso le 23. Per il 50% degli intervistati sarà soprattutto l’effetto paura a svuotare ancora di più le strade della città. Il 10%, invece, dichiara che a mettere in crisi le proprie attività saranno i limiti per cene o pranzi di matrimonio, battesimo e per le feste di compleanno. Per il 5% dei ristoratori il nuovo Dpcm non cambierà la situazione, poiché l’attività è già destinata a chiudere.
Il portavoce del gruppo Ristoratori Toscana, Pasquale Naccari, afferma che “lo stop a mezzanotte per i locali non ha alcun senso, perché per evitare assembramenti l’unico modo è dilatare gli orari. Auspichiamo un credito di imposta o un fondo per le locazioni – prosegue – oltre ad un aiuto per l’acquisto dei dispositivi di sicurezza, visto che nel decreto agosto c’è il credito di imposta per gli hotel fino a dicembre su cui però non rientrano i ristoranti”. Inoltre, conclude, “il limite dei 5 milioni di fatturato è stato eliminato a tutte le categorie tranne che alle attività di ristorazione. Per questo proponiamo che nella conversione del decreto siano inserite anche le attività di somministrazione”.
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