– Giovanni Caldara –
Paolo Sacchetti è senza dubbio uno dei più grandi pasticceri italiani e la sua Pesca di Prato, il dolce per cui è conosciuto in tutta Italia e non solo, ha assunto quello status di vero e proprio classico che si raggiunge solo allorquando, boccone dopo boccone, un cibo riesce a dischiudere significati che vanno ben oltre la sua indiscutibile bontà. Valori che sono apparsi ben evidenti anche durante i mesi del lungo e angoscioso lockdown, quando, non appena riaperta la pasticceria Nuovo Mondo di Prato, la forte domanda della sua affezionata clientela si concentrò appunto su questo dolce che affonda le radici ai tempi dell’Unità d’Italia, nella richiesta però di gustarlo nella ricetta per cui è conosciuto e amato da sempre. Senza innovazioni fantasiose perché – annota il maestro pasticcere fiorentino – “in questo momento noi dobbiamo dare sicurezza”. E che un dessert serva, letteralmente, ad addolcire le giornate buie e faticose merita proprio di essere conosciuto.
“La pesca qui a Prato è una cosa di tutti i giorni ed è ormai un vanto della città – ha raccontato Paolo Sacchetti che è membro della prestigiosa Associazione Maestri Pasticceri Italiani, nonché premiato come Miglior Pasticcere dell’anno 2012 –. Trent’anni fa ho cambiato una ricetta tradizionale che era stantia e l’ho rinnovata. Ora la mia incarna la tradizione. Tra dieci anni ci sarà un’evoluzione. Quando sono venuto a Prato le pesche, sia a Sesto che a Firenze, non venivano bucate ma bagnate per dare loro il giusto colore. La pasta brioche non veniva farcita, ma la crema pasticcera serviva solo a tenerle insieme come fosse colla e sopra veniva messa una ciliegina. Quando invece ho cominciato a prepararle, ho fatto quella che oggi può essere considerata un’innovazione: ho farcito la pasta brioche con una crema pasticcera straordinaria, ho inzuppato la pesca in una bagna altrettanto buona con del vero Alkermes e soprattutto l’ho ingolosita facendo uscire la crema, zuccherandola e mettendo al posto della ciliegia un picciolo candito così da farla apparire come un vero e proprio frutto”.
Gli ingredienti – dicevamo – di questo dolce soave che una volta assaggiato non si finirebbe più di desiderarlo: la pasta brioche, l’eccellente crema pasticcera (che ritroveremo a colazione anche in un’altra golosa creazione di Sacchetti: lo Scendiletto con sfoglia caramellata. Da urlo lo stesso zabaione al vin santo per accompagnare degnamente i lievitati delle feste, il panettone e la colomba), le arance candite e l’Alkermes dell’Opificio Nunquam che nulla ha a che spartire con le essenze e gli aromi chimici che oggi vanno per la maggiore. Anzi, anche quella di questo liquore è storia affascinante tutta “made in Toscana”: un rosolio le cui origini risalgono alla famiglia dei Medici, con testimonial d’eccezione nientemeno che i papi Leone X e Clemente VII che lo chiamavano “Elisir di Lunga Vita”. Il suo nome deriva da quell’insetto che vive sui cactus e che essiccato è parte della ricetta: la cocciniglia, che in spagnolo viene chiamato alquermes (dall’arabo quirmiz che significa scarlatto). E così, del resto, centinaia d’anni dopo ci appare anche la pesca di Prato: un elisir di lunga vita che allieta le giornate di grandi e piccini.
Giovanni Caldara