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Nel segno di Luciano: l’Empoli di Spalletti, una macchina perfetta

- Sport
23 Novembre 2020

Paolo Lazzari

La strada che conduce a Certaldo suggerisce la Toscana profonda. La Val d’Elsa sa di “c” aspirate e modi di porsi robusti. Di caratteri forti, anche. Qui, in questo piccolo comune di 15mila anime, è nato (ed è passato a miglior vita) il grande Boccaccio. Difficile pensare che da un luogo di dimensioni così ridotte, così ancestralmente provinciali, possano spuntare personaggi destinati a guadagnarsi il fascio di luce dei riflettori. Eppure, di quando in quando, succede.

Luciano Spalletti è uno di questi. I millennials devono averlo imparato a conoscere soltanto come allenatore: hanno preso confidenza con quell’eloquio spesso tracimante, composto di analisi che si avvitano intorno a termini abusati, a ridondanze espressive che sono divenute quasi mitologiche. Eppure, dentro quell’esercito di parole, Luciano ci ha infilato sempre tonnellate di fatti. Coppe in Italia. Trofei e campionati in Russia. Una prestigiosa panchina d’oro. La sua impresa più irragionevole, tuttavia, dimora altrove.

Spalletti ama il calcio ed il sentimento pare ricambiato. Dopo un passaggio nelle giovanili della Fiorentina debutta tardi, nel 1984, con la maglia del Castelfiorentino: è un centrocampista centrale. Il fisico non sembra prorompente, ma i piedi sono buoni e la visione di gioco pure. Poco dopo passa in Liguria, prima all’Entella e poi allo Spezia. A Chiavari, sotto la guida di Giampiero Ventura, raggiunge un quinto posto insieme ai suoi compagni nel campionato di C2. Dopo un breve intermezzo al Viareggio chiude la sua carriera ad Empoli, giocando al Castellani tra il 1991 ed il 1993. Ancora non può saperlo, ma il destino vorrà che quel sodalizio continui, seppur in altre vesti.

Dalla stagione successiva, infatti, Luciano assume un ruolo di guida tecnica nelle giovanili del club. Ad un certo punto però gli squilla il telefono: “Stiamo affondando e te stai facendo bene con i ragazzi. Ci proviamo?”. Ci provano: a sei giornate dalla fine del campionato subentra ad Adriano Lombardi ed assume la panchina della prima squadra, salvando la compagnia da una disfatta, ai play-out, contro l’Alessandria. Paradossalmente torna poi ad allenare le giovanili. L’appuntamento con il calcio che conta è tuttavia soltanto rimandato: nel 1995 torna in sella in C1 e costruisce una stagione strepitosa. Quell’Empoli vincerà la Coppa Italia di categoria e otterrà la promozione in serie B. Scolpite bene questo momento in testa, perché è qui che si inizia a conferire credibilità e rispetto a Spalletti come allenatore.

L’impresa però non è ancora completa. Anzi, è di là da venire. Gli azzurri si presentano da neo-promossi in serie B e, grazie alle idee tattiche del mister, prendono a picconate ogni preconcetto, piazzandosi al secondo posto alle spalle del Brescia. Un’impresa impossibile dopo un decennio di assenza dalla serie A, contorcendosi nell’infamia delle categorie minori. Un numero da prestigiatore costruito anche grazie a quella che si sarebbe proposta come una generazione di fenomeni: in rosa ci sono Birindelli, Di Natale e Luca Toni, ma i veri trascinatori hanno le sembianze di Giovanni Martusciello e Massimiliano Cappellini. L’uno flutta tra le linee con grazia e rifinisce, l’altro – rude, ariete vero – semplicemente la butta dentro. Balli tra i pali, Amoroso in mezzo ed i vari Ficini, Bianconi e Tricarico a fare spessore: la fisionomia di una squadra che sa palleggiare e verticalizzare a tradimento, è consapevole delle sue qualità tecniche, ma sa anche chiudersi come un blocco di granito. Si intravedono, in tutto questo, i primi concetti di Luciano: il Castellani è il laboratorio ideale per sperimentare moduli che diventeranno più avanti veri e propri marchi di fabbrica. Giunto in serie A, Spalletti salva gli azzurri al primo colpo.

Un legame inscindibile, anche se spesso le sirene di Firenze si stagliano in lontananza. Un’esperienza, quella di Empoli, che forse non varrà quanto un giro di giostra alla Roma, all’Inter o allo Zenit. Il sogno impossibile di Luciano, però, resta ancora quel film di ventiquattro anni fa.

Spalletti con Montella (in alto con Carmine Esposito) – da Pianeta Empoli

Spalletti all’Inter – da Wikipedia

Con la divisa della Roma – da Wikipedia

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