– Paolo Lazzari –
Giornate che ci mettono una vita per dissiparsi, il caldo come un lenzuolo e un balsamo, le cicale che si prodigano disinvolte in un soundcheck interminabile. È l’estate del 1984 e, sul monte Amiata, in un paesino di nome Castel del Piano (in provincia di Grosseto) la vita ha il sapore confortante di quella consuetudine composta dalle piccole cose. Non suggerisce la gloria, ma nemmeno ti infila nei paludosi terreni della disfatta.
Eppure, da quelle parti, sta per materializzarsi uno scompenso cosmico. Una di quelle esplosioni interstellari che, lì per lì, ti limiti soltanto a rimanere a naso in su, lo sguardo assente, gli occhi sgranati. Solo dopo, se ci ripensi, non puoi far altro che rimanere agganciato ad un ricordo che ti fa sussultare: “Io c’ero”.
Perché si dà il caso che nel sonnolento borgo, quell’estate, arrivi il Napoli di Diego Armando Maradona. Il fenomeno argentino, l’uomo che trasfonde su un rettangolo verde i comandamenti divini del Dio del pallone, è appena stato acquistato. I partenopei l’hanno ingaggiato dal Barcellona, sborsando 13 miliardi delle vecchie lire. Una cifra monstre per l’epoca, al punto che il trasferimento si concluderà, ma il club pagherà soltanto in un secondo momento.
Toscana profonda, si diceva. È qui che El Pibe de oro gioca la sua prima partita in Italia. Il Napoli ha scelto il paese amiatino per il suo ritiro e c’è da disputare un’amichevole. Così, se foste stati in zona, avreste assistito alla camminata di Diego e dei suoi compagni tra quelle strade strette, la gente affacciata alla finestre, un ammiccante gruppo di decani del bar in piazzetta, una lunga sequela di ragazzini a far da coda al corteo. Destinazione? Il “Campogrande”, lo stadio della squadra di casa, la Nenia Castel. Il risultato è straziante per chi ospita gli azzurri, ma non potrebbe essere altrimenti: finisce 1 a 13 e Maradona ne butta dentro quattro.
Quando una stella deflagra, specie in un piccolo borgo, il bagliore che produce è abbacinante. Così la notizia fa molto presto a passare di bocca in bocca ed i club di mezza Toscana si mobilitano per far da sparring partner al dieci. Il primo a muoversi è Danilo Nannini, allora presidente del Siena, che riesce a strappare un match. Il 12 agosto Diego sale su un autobus e si presenta nella città del Palio. Un profluvio di gente, applausi, foto, sorrisi. Il Napoli si impone 4 a 0, lui non segna, ma tesse comunque trame che incantano il pubblico.
C’è tuttavia anche un’altra località che, all’epoca, riesce ad ottenere la passerella di Maradona sul suo campo e, alla fine, anche qualcosa di più. Rino Marchesi, da allenatore dell’Avellino, aveva portato la squadra in ritiro a Reggello (in provincia di Firenze) e s’era trovato molto bene. Ora che è alla guida del Napoli, non troppo lontano da quei luoghi, decide che è il caso di replicare la visita, sospinto da una delegazione reggellese – sindaco in testa – che implora di giocare sul campo della Resco.
È deciso: Maradona attraversa ancora una volta la Toscana, la prima culla italiana, e conduce le sue regali movenze sul campo della rappresentativa locale, il 14 agosto 1984. La gara finisce 9-0 per gli azzurri, ma non è certo questo il lato più sorprendente della vicenda.
Socchiudete le palpebre e tentate di immaginare la scena: il sindaco di Reggello, Pieraldo Ciucchi, deve mettere sotto sopra un Comune. La viabilità subisce variazioni repentine e alcuni terreni agricoli in disuso vengono spianati e adibiti a parcheggio, perché la voce si è sparsa e stanno arrivando fan da ogni angolo d’Italia. Il Napoli decide di cambiare ritiro e di rimanere un’altra settimana lì: inconcepibile, se pensiamo alla programmazione maniacale dei giorni nostri. Altri giorni, altri tempi. Altra vita. Il paese che si mischia ai campioni e pazienza per il protocollo.
Diego Armando e la Toscana: un connubio certo singolare, eppure destinato a mietere ancora notizie di primo rilievo. Già perché è ancora legato a queste terre – segnatamente a Pisa – un altro episodio agganciato all’eccezionalità. Il 17 febbraio del 1991 Maradona giocherà nella città della torre, contro i nerazzurri, in un match di Serie A. Indosso, la maglia numero nove: un evento unico e irripetibile, al punto che quella casacca diverrà ben presto oggetto di venerazione. Messa all’asta nel 2018, se la aggiudica per la cifra record di 15mila euro un cittadino britannico.
Ora che Maradona ha intrapreso il viaggio più lungo, resta nel cuore quel suo primo on the road italiano. Un semplice ragazzo di ventiquattro anni, il tutto ancora da fare, colline morbide e paesaggi bucolici come comitato d’accoglienza. Se il presente è un boccone troppo amaro non è un peccato, di quando in quando, aprire la maniglia dei ricordi.
Foto in alto: Maradona a Castel del Piano (Facebook)