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“Alla Scuola Normale troppi figli di classi agiate. Stop all’ascensore sociale”

- Cultura
11 Dicembre 2020

Alla Scuola Normale di Pisa hanno studiato personaggi del calibro di Enrico Fermi e Carlo Rubbia (premi Nobel alla Fisica), Giosuè Carducci (Nobel alla Letteratura), due presidenti della Repubblica (Giovanni Gronchi e Carlo Azeglio Ciampi), il padre dell’informatica italiana, Alessandro Faedo, e molti altri. Fondata nel 1810 con un decreto di Napoleone sull’esempio dell’Ècole Normale Supèrieure di Parigi, sin dalle origini è stata una scuola di alta formazione universitaria, che si è sempre distinta nella caratteristica di rendere accessibile ai giovani più meritevoli una formazione e un ambiente di ricerca ai massimi livelli, senza alcuna distinzione di classe o di censo. La Normale oltre ai corsi (che si affiancano a quelli universitari) offre ai propri studenti vitto e alloggio. Tuttavia, come denunciato dal direttore della Scuola Luigi Ambrosio, l’ascensore sociale che in passato ha sempre funzionato, quello che ha sempre permesso al figlio dell’operaio meritevole di poter studiare e diventare dottore, nel corso degli anni si è inceppato.

Il professor Ambrosio, che dirige la Scuola dal maggio 2019, nel discorso che ha tenuto per l’inizio dell’anno accademico si è soffermato sul “fenomeno crescente della sempre più alta estrazione sociale dei nostri allievi. Nel passato la Normale funzionava molto meglio come ascensore sociale. Dato che il percorso di studi è completamente gratuito e gli allievi ricevono una retta come alla ENS da cui discendiamo, tanti ragazzi e ragazze di famiglie meno abbienti avevano possibilità di fare carriera. Cito per esempio uno dei nostri ex allievi più illustri, ora professore emerito, Adriano Prosperi, che ricorda spesso la propria provenienza da una famiglia contadina: per lui la Normale fu veramente un trampolino per allargare i propri orizzonti e le proprie possibilità. Pensiamo alla giovane protagonista Elena de L’amica geniale, una produzione della quale abbiamo ospitato con grande piacere ed entusiasmo le riprese lo scorso autunno: anche per lei la Normale è uno strumento straordinario di emancipazione e di libertà”.

Oggi come vanno le cose? “Negli ultimi dieci-quindici anni – spiega Ambrosi a Repubblica – questo ruolo si è molto ridotto. Sempre più spesso i normalisti sono figli di genitori laureati, di insegnanti e altri professionisti. Non possiamo ancora fornire dati precisi ma si tratta di una percezione diffusa tra i docenti. In passato non era così”. Ovviamente il problema non riguarda solo la Normale ma tutta l’università. Lo stesso dicasi per le lingue: “È ovvio che (la conoscenza) sia più sviluppata in chi ha avuto più occasioni di viaggiare, quindi più risorse economiche. Il nostro compito è valorizzare quegli studenti capaci che per ragioni familiari non hanno avuto queste possibilità”.

Un altro tema assai delicato è il divario di genere (gender gap), che anche alla Normale fa sentire i propri effetti, visto che, ad esempio, su 32 iscritti alla classe di Scienze solo 5 sono donne, mentre c’è un maggiore equilibrio in quella di Lettere (17 uomini e 11 donne). In tal senso la normale sta pensando di sviluppare un progetto di orientamento per gli studenti futuri normalisti sin dai primi anni del liceo, cercando di indirizzare in anticipo i giovani più promettenti.

L’obiettivo è quello di attrarre sempre più giovani (bravi e volenterosi) verso il mondo dell’eccellenza a livello universitario, per evitare il rischio che, specie nelle famiglie dove non vi sono laureati, l’università venga considerata solo una inutile perdita di tempo.

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7 Commenti
    giovanni

    “a pensar male è sbagliato ma spesso(sempre)si indovina” detto questo, non credo che alla “normale” ha mai funzionato l’escensore sociale(basta leggere i nomi che ha fatto il cronista, nessuno di loro è di piccolo ceto)non vi è mai sorto il dubbio che la “normale” sia una specie di università di di perugia di “suareziana” memoria?

      Orlando Sacchelli

      Non ci ho studiato ma essendo di Pisa la conosco molto bene. Le posso garantire che è sempre stata ed è tuttora una realtà di assoluta eccellenza, quindi il paragone ardito con la vicenda Suarez mi lascia basito.
      Sull’ascensore sociale – il discorso fatto dal direttore – non so dirle di più, non ho elementi per giudicare quanto affermato dal professor Ambrosi. Sicuramente il professor Prosperi, citato dal direttore, proveniva da una famiglia molto umile ed è riuscito a farsi valere ottenendo grandissimi risultati. Sono certo che vi siano molti altri casi.
      I personaggi famosi citati all’inizio dell’articolo sono stati indicati per inquadrare un po’ meglio il “peso” della Scuola.

    wxyz45

    Il mio relatore di tesi all’università proveniva da una famiglia che, quando era ragazzo, aveva pesanti problemi economici. Dopo la dequalificazione della scuola e dell’università, sancita questa definitivamente dalla famigerata “berlinguer-zecchino”, mi disse una volta che con il nuovo sistema scolastico difficilmente avrebbe potuto far valere il suo talento (questo non lo disse, ma lo aggiungo io) e la sua volontà di imparare in un ambiente dove, eliminata la selezione meritocratica, diventavano importanti fattori assai meno lusinghieri e puliti.
    Sicuramente la Normale, pur avendo subito la decadenza generale, è ancora un ambiente selettivo, ma se per le generazioni passate la laurea era garanzia di occupazione qualificata, e, magari, ben retribuita, ormai il “foglio di carta” che si rilascia a tutti non promette proprio niente e chi ha più materia grigia e volontà che soldi da spendere preferisce cercarsi strade più dirette.

    Busiride

    Il fatto è semplicemente che i tempi sono cambiati. Oggi tra i genitori dei figli in età da studi universitari vi sono molti più laureati che non 30, 40 o 50 anni fa, perché negli ultimi decenni il numero dei laureati è aumentato moltissimo. Io ho frequentato la Normale poco più di vent’anni fa e i miei compagni di corso erano di tutte le estrazioni sociali, si andava da quello che aveva entrambi i genitori docenti universitari al ragazzo di campagna figlio di artigiani. Però, chissà perché, tra tutti noi gli unici che siano riusciti a fare poi la carriera universitaria sono quelli che avevano uno o entrambi i genitori docenti universitari. Che strano, vero?

    giuseppe

    chi ha scritto questo articolo è un grande incompetente! Forse il figlio ha provato ad entrare alla Normale, ma…. ?‍♂️

    Il Professore

    Non è che non si presentano persone “normali”.
    Piuttosto vengono selezionati i soliti figli di potenti. La selezione non dal basso ma forzata dall’alto…

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