Che il Covid-19 circolasse nel nostro Paese ben prima del famoso “paziente zero” ormai è risaputo. Lo hanno evidenziato alcuni esami fatti su campioni di sangue prelevati mesi prima. Ora, però, emerge un altro dettaglio estremamente importante, che non riguarda solo l’Italia ma tutta l’Europa. Da uno studio della Scuola Imt Alti Studi di Lucca, appena uscito sulla prestigiosa rivista Scientific Reports, emerge che il virus circolasse già sui social da dicembre almeno. I social media, e in questo caso Twitter, avrebbero rilevato molte discussioni su strane polmoniti e “tosse secca”, ben prima che ne parlasse sui giornali e in tv o che venisse data la notizia ufficiale della diffusione della malattia.
La ricerca, intitolata “Early warnings of Covid-19 outbreaks across Europe from social media”, è stata guidata dal professor Massimo Riccaboni, docente di economia della Scuola Imt, con una squadra di ricercatori formata da Michelangelo Puliga (Scuola superiore Sant’Anna), Pietro Panzarasa (visiting professor della Scuola Imt e professore alla Queen Mary University di Londra) e Milena Lopreite (Università della Calabria). Sono stati scandagliati tutti i tweet comparsi in rete dall’1 dicembre 2014 al 1° marzo 2020, escludendo i retweet e i tweet contenenti link, per evitare di conteggiare la copertura mediatica successiva alla comparsa del virus. Le parole chiave, tra cui “polmonite”, sono state monitorate in sette lingue diverse: inglese, francese, tedesco, spagnolo, italiano, polacco e danese.
Dai dati emerge chiaramente che, già alcune settimane prima della scoperta del Covid-19, c’era qualcosa di strano. In tutta Europa gli utenti discutevano di “polmoniti” e “tosse secca”. Andando in profondità si scopre che la concentrazione di queste discussioni-preoccupazioni è maggiore nelle zone che, poche settimane dopo, evidenzieranno le maggiori diffusioni di Covid.
Sono risultati decisamente interessanti, come rileva il professor Riccaboni: “Siamo rimasti sorpresi nel constatare come Twitter già all’inizio del 2020 abbia prontamente registrato un incremento significativo dell’attenzione sui sintomi che abbiamo imparato solo in seguito ad associare al Covid-19”. Quando ancora non si sapeva nulla, o quasi, del coronavirus, la popolazione inconsapevolmente già ne parlava, attraverso i social network.
I ricercatori che hanno condotto questo studio sono convinti che i social media potrebbero essere molto importanti per monitorare e aumentare la sorveglianza, a livello internazionale, gestendo al meglio la pandemia e possibile nuove emergenze future. Tutto questo senza ledere la libertà dei cittadini, anche perché i dati analizzati riguardano commenti fatti dagli utenti dei social network e non dati sensibili.