Un ex direttore di banca è finito dei guai perché prestava soldi a tassi da usura. Ma non si limitava solo a questo: i soldi che maneggiava li prendeva da ignari clienti, con molte disponibilità, sottraendoli a loro insaputa. L’uomo, della provincia di Lucca, è stato condannato a due anni e tre mesi di reclusione per usura, oltre al pagamento di 25mila euro come risarcimento danni all’istituto di credito per cui lavorava, Unicredit, come danno d’immagine. Condannato anche a tutte le spese relative al processo, che si è concluso con una sentenza della Cassazione.
Come ricostruisce il Tirreno i fatti si sono verificati tra il 2005 e il 2007. È in quel periodo che l’uomo, all’epoca alla guida della filiale Unicredit di Viareggio, inizia a fare strani “giochi” con i soldi di alcuni correntisti. In che modo? Falsificando le firme di girata degli apparenti beneficiari. I clienti ovviamente erano ignari di tutto e si fidavano nel modo più assoluto del direttore della loro banca. In quel periodo, secondo quanto emerso dalle indagini, il dirigente di banca è venuto in possesso di un tesoretto di oltre due milioni di euro, con cui ha movimentato diverse operazioni (prestiti), ottenendo interessi considerevoli, considerato che applicava tassi fino al 150%. Da usura, come ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza. Da precisare che i soldi sottratti ai clienti rientravano poi nei conti. E così i clienti restavano all’oscuro di tutto.
Un meccanismo truffaldino quasi perfetto. Il direttore di banca era in grado di rispondere alle richieste di chi si trovava in difficoltà, con somme di denaro subito disponibili (tramite assegni circolari) in cambio delle quali si faceva consegnare assegni postdatati, ovviamente con somme maggiorate. La differenza tra i due importanti era il suo guadagno. Il meccanismo utilizzato è stato spiegato dalla stessa vittima dell’usura, che ha giustificato la sua richiesta con il fatto di essersi trovato in una situazione di disperato bisogno di liquidità per alcuni investimenti.
I clienti derubati, come dicevamo, non hanno subito alcun danno: i loro soldi sono regolarmente rientrati nei conti, la banca però è risultata parte lesa. Perché l’ex direttore aveva sfruttato la propria posizione, violando i doveri di fedeltà, correttezza e buona fede nei confronti del proprio datore di lavoro, per trarne un vantaggio personale. Inoltre ha danneggiato l’immagine della banca, mostrando una gestione non corretta e per nulla trasparente del rapporto tra clienti e istituto di credito.
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