Ormai lo scontro in seno al Pd toscano è totale. Nato per la profonda diversità di vedute sull’opportunità di candidare Giuseppe Conte a Siena, per il seggio alla Camera lasciato libero da Pier Carlo Padoan, è diventato qualcosa di molto più profondo, con una frattura pesante tra la segreteria regionale e quella nazionale. Simona Bonafè, che guida il partito in Toscana, intende andare fino in fondo liberandosi del suo vice, Valerio Fabiani, che ha osato contestarla pubblicamente. C’è un problema: Fabiani non è un “cane sciolto”, è esponente della corrente maggioritaria a livello nazionale, quella che fa capo al segretario Nicola Zingaretti. Quindi mandare a casa lui vuol dire dichiarare guerra al segretario. Un bel guanto di sfida. Il compromesso, apparentemente semplice, sembrava dietro l’angolo: far scegliere alla corrente zingarettiana un nuovo vice da far sedere al fianco di Bonafè. Ma la risposta, piccata, è arrivata in poco tempo: non se ne parla. Se salta Fabiani nessuno della corrente entrerà al suo posto nella segreteria regionale. Muro contro muro.
Ma in ballo cosa c’è davvero? Non solo la candidatura di Conte. Ad esempio anche la riforma dello Statuto regionale, auspicata dal presidente Eugenio Giani, necessaria per nominare un nuovo assessore e due sottosegretari. Posti che servono ufficialmente per far lavorare meglio la Giunta (distribuendo meglio il lavoro), ma anche per soddisfare le richieste delle correnti dem. Il Pd, coi propri numeri in consiglio regionale, potrebbe approvare da solo la modifica dello Statuto, ma tatticamente preferirebbe evitare questa mossa in solitaria, per non dare l’immagine del partito che pensa solo alle poltrone. A pochi mesi dalle elezioni regionali, che hanno sancito la vittoria del centrosinistra, la maggioranza è già ai ferri corti. E ad aggravare le cose è il fatto che i problemi siano in seno al partito maggiore, il Pd. Quali soluzioni? Bonafè ha in mente di azzerare tutto e di porre ai vertici regionali coloro che ricoprono cariche ufficiali per il partito. Una soluzione che però non piace a tutti, con il capogruppo in Consiglio regionale, Vincenzo Ceccarelli, che è il primo a chiamarsi fuori.
Lo scontro tra Bonafè e Fabiani riguarda anche la possibile alleanza tra Pd e M5S, con l’eventuale ingresso dei grillini nella maggioranza che sostiene Giani, guardando (inutile nasconderlo) alle prossime elezioni amministrative. Di fatto Bonafè contesta la linea decisa da via del Nazareno, con Zingaretti che spinge per consolidare l’asse con Leu e M5S. Dal Nazareno rimproverano a Bonafè di voler scatenare una guerriglia tra correnti per indebolire la linea decisa dal segretario e avallata dalla direzione nazionale.
Come andrà a finire? Il mediatore dem (o paciere che dir si voglia) avrà un compito assai difficile: trovare l’equilibrio giusto per accontentare (o meglio non scontentare troppo) le correnti in seno al Pd e assicurare la necessaria stabilità alla Giunta regionale. Tenendo in debita considerazione gli sviluppi degli equilibri politici nazionali. Italia Viva, ovviamente, segue con attenzione la vicenda. L’asse Pd-M5S potrebbe farla uscire dalla Giunta Giani…
ovvio! tra ladri di polli e assassini professionisti, non c’è accordo… 🙂
Purtroppo la Toscana da troppi anni è impantanato col partito comunista ora PD e ancora oggi non hanno capito che per rilanciare l’economia e la società bisogna scrollarsi di dosso questa ideoligia del nulla.
il segretario ideale del PD toscano sarebbe Alì Babà, con una quarantina di collaboratori