L’avevano rinchiusa in casa, permettendole di uscire solo se accompagnata dai fratelli maschi. La sua colpa? Voler frequentare un giovane che professa un’altra religione. “Non lo vedrai più”, le avevano detto, arrivando persino a minacciarla di morte per convincerla a non sfidare gli ordini della famiglia. Solo parole? Qualche volta dei casi simili a questo, in passato, sono finiti in tragedia. Alla fine quella povera ragazza della provincia di Arezzo, una ventenne pachistana, è riuscita a chiedere aiuto ai carabinieri. Lo ha fatto scrivendo una mail di poche righe, grazie al pc che poteva utilizzare per seguire le lezioni con la dad (didattica a distanza). Le forze dell’ordine sono risalite al suo indirizzo e l’hanno messa in salvo, portandola in un centro antiviolenza.
Il motivo dello scandalo, come abbiamo detto, era il desiderio della ragazza di frequentare un giovane poco più grande di lei che le piaceva. I familiari, dopo aver appreso che era di religione induista (mentre loro sono musulmani) le hanno detto che doveva cancellarlo dalla testa, altrimenti l’avrebbero riportata in Pakistan. Ma andavano ben oltre, paventando ritorsioni fisiche contro di lei e contro il fidanzato. Entrambi, peraltro, minacciati anche di morte.
Nella settimana di Pasqua la ragazza, segregata in casa e privata della sua libertà (persino del telefonino per comunicare e dei documenti), ha pensato di spedire una e-mail ai carabinieri San Giovanni Valdarno (Arezzo), approfittando di un momento in cui, impegnata con una lezione di scuola da seguire in streaming, il controllo su di lei da parte dei familiari si era allentato. Ricevuto quel messaggio disperato i carabinieri hanno fatto delle ricerche, incrociando i dati delle anagrafi dei vari comuni della zona, per cercare di risalire all’identità della ragazza. Dopo averlo capito i carabinieri si sono presentati davanti all’abitazione della famiglia pachistana (peraltro già seguita, in passato, dai servizi sociali del Comune) e con una scusa l’hanno accompagnata in caserma. In quel luogo “sicuro”, tra le mura dell’edificio militare, la giovane si è aperta e ha raccontato il proprio dramma.
Era commossa quando ha raccontato la sua segregazione. Più volte ha ringraziato i suoi liberatori, raccontando tutti i dettagli sul suo caso. A partire dal ragazzo che non era “gradito” dalla sua famiglia, un indiano di religione indù. La ragazza ha intravisto la strada per la libertà grazie alla didattica a distanza. Solo per seguire le lezioni, infatti, le era consentito di usare il computer. Durante le lezioni ha pensato bene di aprire una casella di posta elettronica e di utilizzarla per uscire allo scoperto, scrivendo ai carabinieri. In fretta e furia ha scritto cinque righe di testo, riassumendo la sua drammatica situazione, senza però fornire, forse per paura, le proprie generalità e l’indirizzo. Dopo poche ore, grazie all’intervento dei militari, ha potuto riassaporare la libertà.
Questo sarà il nuovo stile di vita che ci sarà imposto a breve; non appena i musulmani avranno la possibilità di sostituirci nella nostra società e nelle nostre istituzioni. Se restiamo in mano alla sinistra tutto questo accadrà presto, molto presto.