L’inchiesta della Dda di Firenze, che ha scoperchiato gli affari della ‘ndrangheta in Toscana, tra gestione illecita dei rifiuti, appalti e droga, sta facendo emergere particolari inquietanti sotto il profilo ambientale. Vi abbiamo già parlato delle 8mila tonnellate di rifiuti contaminati provenienti dalle concerie che sarebbero finiti sotto l’asfalto in un lotto dei lavori per la costruzione di una strada (la Sr 429 di Val d’Elsa). Dalle carte degli inquirenti emerge che altre sostanze pericolose, oltre 200mila tonnellate di fanghi inquinanti prodotti dalla depurazione degli scarichi delle concerie, sarebbero stati riversati in terreni agricoli oppure utilizzati, anche in questo caso, come materiale di sottofondo in alcuni cantieri tra Firenze, Arezzo, Lucca e Pisa. Tra i luoghi contaminati vi potrebbe essere anche l’aeroporto militare di Pisa, oltre a diversi terreni coltivati nei comuni di Pontedera, Peccioli, Crespina Lorenzana (tutti in provincia di Pisa), Massarosa (Lucca) e Bucine (Arezzo). A preoccupare è soprattutto il fatto che questi rifiuti illecitamente smaltiti contengono sostanze potenzialmente cancerogene (cromo, arsenico e altri metalli pesanti).
Luigi Bartolozzi, comandante dei carabinieri forestali di Firenze, a Repubblica spiega che è “necessario capire quanto quei rifiuti abbiano inquinato il terreno sottostante. Il rischio di contaminazione delle falde acquifere esiste”. Occorrerà fare dei carotaggi del terreno per verificare il rischio e i livelli di inquinamento. Anche se “non è semplice pensare di smantellare una strada appena realizzata”. Nel sottofondo di un’area di movimentazione veicoli e aeromobili all’interno dell’aeroporto militare pisano, come si legge nell’ordinanza di custodia del gip di Firenze, sarebbero stati smaltiti fanghi con “elevatissime concentrazioni di cromo (fino a 30.000 mg/kg)”, con una contaminazione di diverse centinaia di metri quadrati.
Lo smaltimento dei rifiuti pericolosi in spregio alle regole (e al buon senso) è un fenomeno tristemente noto, come emerso da diverse inchieste giudiziarie negli ultimi anni. Mai però, almeno in Toscana, aveva assunto questi livelli: “I metalli pesanti non si dissolvono nell’ambiente – spiega il colonnello Bartolozzi – penetrano nel terreno e nelle falde acquifere e rischiano di finire sulle nostre tavole. Lo stesso può avvenire attraverso lo scarico nei corsi d’acqua”. Il riferimento è agli sversamenti nel torrente Usciana, con le sostanze pericolose che si sono accumulate per almeno dieci km, fino ad arrivare al fiume Arno.
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