Nel primo giorno di riapertura al pubblico, il 4 maggio, sono stati 1.516 i visitatori totali alla Galleria degli Uffizi. Una buona notizia, che conferma la voglia di tornare a godere, di nuovo, della bellezza dei nostri musei e delle nostre città d’arte. Eppure, nonostante questo, non mancano le polemiche. La direzione del museo fa sapere che chi vorrà fare foto e video alle opere d’arte esposte e pubblicarle sui social network, dovrà pagare una tassa. Come, una tassa proprio dagli Uffizi, che nell’estate 2020 hanno fatto una brillante campagna di marketing tramite Chiara Ferragni e il suo seguitissimo account di Instagram? A quanto pare sì, è la nuova politica degli Uffizi sulle immagini. A protestare sono soprattutto i blogger e le guide turistiche. Sara Innocenti, la blogger che simpaticamente si autodefinisce inFlorecer, punta il dito contro il direttore Eike Schmidt: “Vuole che si paghi per poter mostrare l’arte sui social”. I turisti possono stare tranquilli, nessuno verrà loro a chiedere niente. Le foto e i video a uso personale e privato sono esenti. Gli Uffizi sul proprio sito citano il decreto legge 83/2014 articolo 12 comma 3.
L’uso scattate al museo continua a essere gratuito, ma a una condizione: non deve essere a fini commerciali. Ma chi fa promozione culturale e turistica? In teoria non dovrebbe pagare. Secondo gli Uffizi i blogger possono stare tranquilli, se il loro utilizzo è solo a scopo divulgativo. Altro discorso è se le immagini vengono usate per promuovere attività. Ma entriamo nello specifico: una guida turistica, che ovviamente promuove la propria prestazione professionale legata a quel museo, deve pagare o no? La risposta è sì. E si sa già che, per venire incontro alle guide, è stato proposto loro un “abbonamento” a prezzo calmierato.
Dagli Uffizi rispondono alle polemiche chiarendo che ogni richiesta di utilizzo di immagini viene valutata, caso per caso, e aggiungono che “su internet lo scopo di lucro c’è sempre”. La domanda viene spontanea: la prossima volta che la Ferragni tornerà agli Uffizi e si farà qualche selfie, ovviamente pubblicandolo su Instagram, pagherà anche lei?
La smentita degli Uffizi
Il museo in una nota precisa che non esiste alcun balzello e che la tassa per un utilizzo a scopo commerciale delle immagini è in vigore da quasi trent’anni, come prevede una legge che è stata aggiornata nel 2014.
Stabilisce come l’uso delle immagini delle opere custodite nei musei possa essere libero se effettuato a titolo privato, scientifico, di cronaca, mentre debba invece essere sottoposto ad un canone qualora invece sia effettuato a scopo commerciale. È ovviamente questo il caso qualora si parli di immagini adoperate da guide in corsi offerti online nell’esercizio della loro professione; lo è altresì nel caso di soggetti che promuovano, sui social, la vendita di oggetti che raffigurano, utilizzandole dunque, tali immagini; non lo è affatto per chi, tenendo una pagina social, un blog, o effettuando altre analoghe attività sul web, ne faccia un uso personale, o saltuario, o scientifico, o di cronaca e comunque non di lucro. Anche una recente circolare del Ministero della Cultura chiarisce oltre ogni ombra di dubbio che la proprietà intellettuale delle opere custodite nei musei debba essere tutelata, e l’utilizzo di immagini per tour virtuali da parte di guide abilitate alla professione sottoposto a canone”. “Le Gallerie degli Uffizi si limitano dunque a rispettare, come devono, le leggi dello Stato e le disposizioni ministeriali”.
Alessandro Mininno, ceo di Gummy Industries, tra le agenzie digital più rilevanti nel panorama italiano ed esperto di proprietà intellettuale e comunicazione in ambito culturale, sottolinea che “il comportamento degli Uffizi è particolarmente distopico: un’istituzione che è stata tradizionalmente avversa al digitale, al punto da aver chiesto a Wikipedia Italia di rimuovere, per esempio, tutte le immagini della Venere di Botticelli (in quel momento era possibile trovare un’immagine dell’opera su Wikipedia internazionale, ma non su quella italiana: che follia). Di recente, un ribaltamento epocale: Chiara Ferragni si fa i selfie con il direttore e il museo diventa il primo al mondo su Tik Tok… due segnali di indubbia comprensione del mondo social”. E prosegue: “Questa stretta nei confronti degli influencer è un controsenso: la visibilità sui social non è top down, non è un megafono in cui possiamo parlare senza lasciar intervenire gli altri. Il buon senso vorrebbe che le attività come quelle della guida turistica instagramer vadano incentivate, non stroncate sul nascere”.
Foto in alto: Lapresse (ilGiornale.it)
L’arte presente nei musei pubblici dovrebbe essere un bene dell’umanità o perlomeno un bene condiviso di tutti gli italiani e non vedo per quale motivo qualche museo ci deve fare la cresta pure sulle immagini delle opere d’arte presenti all’interno di esso. Posso capire se un museo privato paga dei pittori contemporanei per delle opere d’arte e voglia lucrarci sulla sua attività, ma qui stiamo parlando di opere antiche, pubbliche e di musei pubblici. VERGOGNATEVI!