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La battaglia di Cascina

- Cultura
11 Maggio 2021

Tommaso Fiaschi

La peste bubbonica (1348) imperversava e decimava la popolazione europea, ma tale disastro non placò le mire espansionistiche e i dissidi tra i vari comuni toscani. Le inimicizie tra Firenze e Pisa, che si riallacciavano alle due diverse vocazioni politiche (Pisa era Ghibellina mentre Firenze appoggiava il Guelfismo), sfociarono nella battaglia di Cascina del 28 Luglio 1364, di cui conosciamo con minuzia i particolari grazie alla “Cronica” di Filippo Villani.

L’esercito fiorentino, composto da 11.000 fanti e 4.000 cavalieri tedeschi, capeggiato da Galeotto I Malatesta, si accampò a poche miglia da Pisa (secondo lo storico ottocentesco Repetti nei pressi di Gello di Lavajano).

Giovanni Acuto (John Hawkwood), comandante inglese dell’esercito pisano, ordinò di attaccare il campo nemico quando il sole e il vento sarebbero stati tali da penalizzare l’esercito ostile. La prima fila era formata dai cavalieri inglesi, seguita dalla fanteria pisana e poi dal comandante con il grosso della cavalleria. L’assalto prese alla sprovvista i fiorentini, ma con buona sagacia tattica questi ultimi riuscirono a raggirare i fianchi nemici, grazie anche all’aiuto dei tiri di balestra dei genovesi (alleati ai Fiorentini) e delle soldatesche aretine. Vistosi accerchiato l’Acuto decise di ritirare i propri cavalieri presso l’abbazia di San Savino. I fanti pisani, abbandonati a se stessi, subirono il violento contrattacco dei Fiorentini. Malatesta preferì evitare di marciare su Pisa.

Le perdite umane furono notevoli: secondo il Villani lo scontro provocò oltre 2000 prigionieri e 1000 morti pisani, i cui cadaveri vennero ritrovati i giorni successivi allo scontro nei fossati, nelle vigne e nei campi interessati dal combattimento. Dal punto di vista geo-politico questo evento determinò dapprima la conquista fiorentina di quei territori e più tardi, dopo altri scontri, il definitivo asservimento dei cittadini pisani.

Questa vicenda fu tanto importante per i fiorentini da indurre Pier Soderini, l’allora gonfaloniere fiorentino, a commissionare a Michelangelo Buonarroti, nei primi anni del ‘500, un dipinto concernente tale battaglia, che avrebbe decorato il grande salone del Maggior Consiglio a Palazzo Vecchio. L’episodio da raffigurare in tale affresco (mai realizzato), è presente in diverse copie. La migliore è quella di Aristotile da Sangallo: rappresenta il momento in cui i fiorentini, stabilitisi a sei miglia “ne’ borghi di Cascina”, a causa del gran caldo decisero di disarmarsi e di rinfrescarsi nelle acque dell’Arno, quando all’improvviso le milizie pisane irruppero contro l’esercito gigliato ma, come già annunciato poco sopra, la loro sortita fu vana.

Tommaso Fiaschi

 

[…] Messer Galeotto Malatesta capitano de’ Fiorentini, movendo la notte dinanzi campo Peccioli, la mattina s’accampò ne’ borghi di Cascina presso Pisa […] e infra il giorno per lo smisurato caldo le tre parti e più dell’oste […] si bagnava in Arno, quale si sciorinava al meriggio, e chi disarmandosi e in altro modo prendea rinfrescamento”.

 

Foto: Copia del cartone di Michelangelo eseguita dall’allievo Aristotile da Sangallo (Wikipedia)

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