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Perché abbiamo ancora bisogno della leggenda dell’Innamorata all’Elba

- Cultura
17 Maggio 2021

Paolo Lazzari

Nel 1534 la vita sa essere un posto ospitale se vivi su un’isola incantevole ed inciampi dentro un amore autentico. Maria proviene da una famiglia umile che tenta di appiccicare il pranzo con la cena ogni giorno. Lorenzo discende invece da una stirpe nobile che all’Elba – perché è qui che si dipana la vicenda – è sempre riuscita a spuntarla nell’agiatezza. Le distanze sociali tuttavia sono dighe mentali di cartapesta: si infrangono non appena la passione deflagra. I due giovani si conoscono casualmente su una spiaggia, gli sguardi che incocciano mentre Lorenzo sta aiutando alcuni pescatori a mettere al riparo le imbarcazioni di famiglia. La chimica fa il resto, imbandendo un flirt che si rivela dirompente. La quiete però è un sentimento passeggero, erosa com’è dalla costante e minacciosa presenza dei pirati saraceni che saccheggiano le coste italiane e penetrano indisturbati negli arcipelaghi circostanti.

Consapevoli del rifiuto da parte dei parenti e della società elbana, Maria e Lorenzo continuano a incontrarsi segretamente in quella spiaggia che assomiglia ad un riparo sicuro per il loro amore. Lì si scambiano tenerezze e promesse, creando una pausa dai giudizi esterni. La storia prosegue felice fino al pomeriggio del 14 luglio: Lorenzo arriva sulla spiaggia in anticipo, senza sapere cosa lo sta attendendo. Sganciatasi da un veliero vicino è appena sbarcata una scialuppa condotta da corsari che lo aggrediscono immediatamente e lo caricano a bordo. Quando Maria finalmente arriva, trasalisce: fa appena in tempo a scorgere il corpo di Lorenzo, agonizzante, gettato in acqua dai pirati. Il dolore è già una lama che squarcia ogni fibra: dilaniata e disperata, Maria compie l’unico gesto che ritiene possibile di fronte al grande amore perduto, gettandosi da uno scoglio. Di lei rimane soltanto lo scialle che indossa, impigliato in quello che – da lì in avanti – verrà ribattezzato “scoglio della ciarpa”.

Circa un secolo più tardi un nobile spagnolo caduto in disgrazia contempla la bellezza della spiaggia in cui si è trasferito. Il suo nome è Domingo Cardenas e suo padre lo ha diseredato. Per il disonore, Domingo sceglie un luogo dove trascorrere il resto della sua vita in esilio e finisce proprio all’isola dell’Elba. La sua abitazione si affaccia su quella che, al tempo, viene ancora definita “Cala de lo Fierro”, per via della vicinanza con una ricca miniera di calamita. Una sera di luglio Cardenas ha lo sguardo rivolto verso il mare che si estende fino all’orizzonte, quando crede di vedere una giovane donna ammantata da una miriade di bagliori. La storia racconta che le sue grida si avvertono fino a Capoliveri. Trasecolato, ma al contempo affascinato dalla leggenda, il nobile spagnolo decide di credere a quello che ha visto e si convince che Maria deve essere aiutata a ritrovare l’amore perduto. Così, ogni anno da allora, dispone una fiaccolata composta da mille torce sulla spiaggia che, da quel giorno, viene ribattezzata “dell’innamorata”.

L’amore che copre il dolore, incurante delle lancette e dello spazio. Una celebrazione che perdura dopo oltre mezzo millennio. Le striature per certi versi implausibili di una leggenda a cui sentiamo di voler credere. La storia dell’innamorata è un’incursione imbevuta di romanticismo dentro vite sfaldate dalla frenesia e racconta il sentimento totalizzante di cui tutti avvertiamo l’urgenza, nel 1534 come oggi. Perché forse i suoi bordi sdrucciolevoli non collimano esattamente con la felicità, ma ci si avvicinano molto.

 

Foto: Tommaso Giacomelli

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