Grosso guaio nel mondo dell’ippica. L’inchiesta della Procura di Firenze sul crac del Centro ippico toscano (associazione sportiva dilettantistica) parla di cavalli svenduti e un buco milionario nei conti. Ventidue persone sono indagate, tutte del cosiddetto “salotto buono”. I reati per cui si indaga: bancarotta fraudolenta e sottrazione di beni dell’attivo fallimentare. Come anticipato dal “Corriere fiorentino” e “La Nazione” la procura sta provando a ricostruire come siano nati i pesanti buchi di bilancio, rispettivamente di 5 e 7 milioni di euro.
Tra i nomi noti finiti nell’inchiesta troviamo Albiera Antinori, Ferruccio Ferragamo, Guido Francesco Pocianti, Stefano Rosselli Del Turco, Oliviero Fani, Margherita Giannini, Carlo Meli, Agnese Mazzei, Paolo Borghini, Giuseppe Urso, Romolo Scarsella, Massimo Berni, Bruna Fanciullo. Risultano indagati anche i sindaci revisori in carica in epoca fallimentare sotto la presidenza di Carlo Comparini. E ancora: Aldo Stefano Paulgross, Enrico Poli, Guo Shenz Zheng, Marco Papucci, Alessandro Burberi e Maurizio Lazzarini, rispettivamente presidente e consiglieri fino al 2019 del Cit (Centro ippico toscano), società dichiarata fallita il 10 aprile 2019.
L’inchiesta ruota intorno al fallimento del Centro ippico toscano e della consorella “Società toscana per il cavallo da sella Srl”. A farla partire sarebbero state le dichiarazioni rese ai pm dal liquidatore, Guido Navarini, che parlò di “buchi” difficilmente comprensibili. I capi di imputazione contestati a vario titolo agli indagati: presunte omissioni, mancati controlli, rischiose operazioni di accesso al credito. Particolarmente spregiudicate, secondo i pm, visto che in quel momento sulla società pendeva la spada di >Damocle del fallimento: alla fine il buco nei bilanci della “Società toscana cavallo da sella” sarà di 5 milioni di euro.
Per spiegare l’eccessiva disinvoltura nel gestire i pm forniscono l’esempio della gestione del parco cavalli: nel 2008 è di 29mila euro, nel 2009 sale a 252mila e nel 2017 arriva a 418mila euro. L’anno successivo sprofonda a 51mila euro. Come si può giustificare una differenza così rilevante? Uno dei cavalli, valutato 80mila euro, sarebbe stato ceduto per 33.300 euro a un giapponese. Altri beni sarebbero stati venduti prima di finire nella procedura fallimentare, che com’è noto avrebbe bloccato tutte le cessioni a tutela degli interessi dei creditori.
Foto: Centro Ippico Toscano (Facebook)