– Ilaria Clara Urciuoli –
Rappresentare in uno spazio e un tempo finiti l’opera di Simone Forti, renderla al pubblico in tutta la sua complessità e carica innovativa, questa è la prova che il Centro per l’Arte Contemporanea Pecci di Prato coraggiosamente affronta con Senza fretta, la prima grande mostra italiana dedicata alla coreografa, danzatrice, scrittrice e pioniera della performance che si muove dagli anni ’50 ad oggi nel panorama internazionale. A curarla Luca Lo Pinto, direttore del Museo d’Arte Contemporanea di Roma (MACRO), e Elena Magini, coordinatrice e curatrice di mostre ed eventi per lo stesso Pecci, che negli ultimi due anni hanno ripensato più volte gli spazi e le possibilità di realizzazione di questa personale fino a giungere a ciò che fino al 29 agosto potete osservare e ascoltare.
Il percorso espositivo è organizzato in due grandi sale che hanno cristallizzato e contemporaneamente reso fluida l’attività della statunitense di origine toscana che sviluppa molto del suo lavoro in workshop difficilmente sintetizzabili in un’esposizione. Il corpo per la poliedrica Forti non solo rappresenta lo strumento principe di comunicazione ma anche un vero e proprio mezzo di conoscenza: la mostra non poteva dunque prescindere dal presentare alcune delle sue performance collettive che rendono vive due delle pareti della prima sala. Ma Simone Forti è tanto altro ancora e la sua metodologia interdisciplinare viene resa accostando a questi video un gruppo di disegni appartenenti alla stessa serie, dando spazio a sculture, audio e alla scrittura che l’artista ha già ampiamente frequentato ma che resta tra i suoi progetti per il futuro.
A partire dagli anni Ottanta una parte importante del suo lavoro si sviluppa nelle News Animations, letture corporee, interpretazioni fisiche delle notizie diffuse dai media: qui pressione, peso e bilanciamento sono le variabili stilistiche che traducono quelle linguistiche del giornalismo. Questi lavori, cui è dedicata la seconda sala, ci rendono con evidenza quella che è una caratteristica chiave dell’esperienza dell’artista: l’improvvisazione, sviluppata anche in termini di consapevolezza del proprio io e delle reazioni che il nostro corpo ci fa vivere.
L’esposizione, che ci permette anche di viaggiare nella storia trasportandoci in luoghi simbolo come il loft di Yoko Ono nei primi anni ‘60, raggiunge i nostri giorni e le tematiche attuali attraverso i Bag Drowings, disegni realizzati durante il lockdown del 2020 su sacchetti della spesa e esposti per la prima volta proprio qui a Prato. Oltre quei segni è facile intuire la dimensione nuova di una donna che sperimenta il distanziamento dopo aver a lungo esplorato, nel suo percorso creativo, le relazioni tra individualità e collettività evidenziate, in performance come Huddle, attraverso il valore della vicinanza e del sostegno, del prendersi cura e avere fiducia, ma anche del negoziare all’interno dei rapporti che si snocciolano tanto nel privato quanto nella vita civile.
Una parte importante della proposta del Pecci su Simone Forti è la riproposizione dal vivo di alcune sue performance: il trapezio vocalico, quello che in linguistica delinea la posizione di ogni vocale designando avanzamento e apertura della bocca, viene interpretato in un canto (l’esibizione prende il nome di Song of the Vowels) originato a sua volta da disegni che intendono riprodurre l’apparato fonatorio impegnato nella produzione del suono. A completare il tutto poi una danza che al suo interno contiene il principio dell’armonia. Questa lunga fase dal vivo vede anche momenti collettivi: è così in Scramble, in cui i movimenti dei singoli generano un insieme capace di variare lo spazio agito e quello rimasto potenziale, la velocità, l’accettazione delle traiettorie altrui e la capacità di essere io oltre e attraverso la presenza degli altri in una metafora di ciò che è la vita del singolo nella realizzazione della realtà sociale. Queste e altre performances (Sleep Wolkers/Zoo Mantras, Cloths, Rollers oltre le già citate Song of Vowels e Scramble) saranno riproposte ogni giovedì alle 18 e alle 21 all’interno dello spazio espositivo.
Ancora una volta dunque il Centro Pecci ci spinge nell’arte contemporanea attraverso una donna, una sperimentatrice, una performer, in continuità con la retrospettiva su Chiara Fumai ancora visitabile nelle stanze attigue. A coloro che possono comprensibilmente essere spaventati dall’affrontare senza sostegni questa arte vanno in aiuto le guide che il giovedì (giorno che vede il prolungamento degli orari di apertura dalle 12 alle 23) accompagneranno il visitatore in un percorso di comprensione di queste personalità.
Ilaria Clara Urciuoli