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Green Pass e code per i tamponi, che succede in Toscana? Ascolta il podcast

- Cronaca
22 Ottobre 2021

Da giorni si parla costantemente del Green Pass, con ampio spazio alle polemiche (e alle proteste) di chi dice no. Per farsi un’idea proviamo a procedere in maniera sistematica, mettendo le varie tessere del puzzle una accanto all’altra. Partiamo quindi dai numeri, quelli ufficiali, forniti dal commissario straordinario per l’emergenza Covid ed aggiornati alla mattina del 21 ottobre 2021. La regione Toscana non è affatto messa male da questo punto di vista. A dire il vero le percentuali sono da record nazionale, cosa che non capita molto spesso. Nonostante l’estensione del vaccino agli over 12, ad aver completato il ciclo vaccinale sono stati l’84,7% dei cittadini toscani, con il 4,5% che sta aspettando la seconda dose. A non essere stato vaccinato è quindi il 10,8% della popolazione, ovvero metà della percentuale registrata in Sicilia e Calabria, le regioni più indietro da questo punto di vista.

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Le fasce d’età più vulnerabili sono quasi completamente coperte dal vaccino, raggiungendo e superando quelle percentuali che, non molti mesi fa, ci erano state vendute come necessarie per un rilassamento delle limitazioni alle nostre libertà individuali. In altri paesi, dalla Danimarca al Regno Unito, persino quegli stati dell’Australia che hanno vissuto i lockdown più lunghi al mondo, sono state fissate soglie di vaccinazioni oltre le quali le limitazioni sono rimosse o profondamente alleggerite. Persino Melbourne, dopo che lo stato di Victoria ha superato il 70% di doppie dosi, ha deciso di riaprire senza limiti i pubblici esercizi. La Toscana ha superato l’80% il 1 ottobre, ma la soglia è stata spostata di nuovo. Ora serve il 90%, cosa che potrebbe essere raggiunta una volta completate le seconde dosi entro tre settimane.

Niente che giustifichi l’introduzione di una norma draconiana praticamente unica al mondo. Nessun paese è andato così oltre, neanche la Francia, che richiede il Green Pass solo per i lavoratori che operino in settori ad alta affluenza, come cinema, ristoranti, grandi centri commerciali, musei, biblioteche, impianti sportivi, festival, fiere e trasporti a lungo raggio. L’unico caso di obbligo vaccinale vero e proprio si registra in Arabia Saudita, paese dalla reputazione discutibile quando si tratta di libertà individuali. Persino nel paese arabo essere guariti dal Covid è sufficiente per evitare il vaccino. Da noi, invece, l’immunità naturale è quasi ignorata, come se fosse una sorta di ostacolo al progresso dell’operazione. Le perplessità, dal punto di vista medico, certo non mancano.

Si è deciso di andare avanti tutta, di mostrare la faccia feroce dello Stato, con multe pesanti, caccia all’untore e, soprattutto, l’arruolamento coatto dei datori di lavoro come sorveglianti dei propri dipendenti. Dopo che gran parte della popolazione aveva acconsentito a farsi iniettare il vaccino, invece di provare a convincere i recalcitranti si è deciso di andare al muro contro muro.

Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di virologia dell’Università di Padova ed ospite frequente dei salotti televisivi, è uno dei pochi che osi criticare questa logica. Ad un incontro tenutosi a Siena pochi giorni fa, non nasconde il suo scetticismo: “Se riusciamo a vaccinare l’85-90% degli italiani è chiaro che il green pass perde di significato. Vale quindi la pena di creare una contrapposizione frontale tra cittadini? Non possiamo usare il dialogo dopo aver raggiunto l’obiettivo? Se l’obiettivo è di indurre i cittadini a vaccinarsi, non è lo strumento adatto, visto che non serve a creare ambienti sicuri”.

Nonostante quello che si sente in giro, nessuno ha mai messo in dubbio che aver ricevuto due dosi non faccia niente per evitare di contrarre il virus e contagiare gli altri. Questa ossessione per il pass, dal punto di vista medico, quindi ha decisamente poco senso. Le ragioni sono altre, evidentemente.

Rendere la vita difficile se non impossibile a chi non si piega ad un diktat del governo è un comportamento che non ci aspetteremmo da una democrazia liberale. I pochi richiami alla ragionevolezza sono stati messi da parte con fastidio, silenziati dal coro urlante dei media ormai assuefatti alla logica dell’emergenza perenne.

Cosa succede a quel dieci per cento di toscani che, nonostante siano dipinti come i peggiori criminali al mondo, non ne vogliono sapere di piegarsi? Pochi parlano di loro senza scaricargli addosso tutti i mali del mondo, ma ogni tanto si legge qualcosa. Diciamo che si arrangiano, in un modo o nell’altro. C’è chi prova a serrare i ranghi, come i membri del gruppo Telegram “Liberi di lavorare”, che cercano di darsi una mano l’un l’altro.

C’è di tutto, dall’insegnante e dal marito entrambi sospesi senza stipendio che si dice disposta a fare di tutto, dalla babysitter alla badante in zona Pisa, ad ostetriche, infermiere, impiegati, rider, tutti allontanati dal lavoro, a caccia di lavoretti occasionali che non richiedano il famigerato Green Pass. Sicurezza, assicurazione sul lavoro, contributi pensionistici? Scherzate, vero? Quelli sono riservati ai cittadini perbene, non-persone come loro non meritano niente. C’è chi sogna in grande, come quei genitori che cercano insegnanti delle superiori o delle elementari in grado di organizzare scuole parentali, da Firenze a Empoli fino al Mugello. Nonostante i mille ostacoli, può darsi anche che l’homeschooling, fenomeno che sta esplodendo nel mondo anglosassone, si conquisti spazi anche alle nostre latitudini. Per ora, tutto fa brodo, basta guadagnare qualcosa.

Il mutuo a fine mese resta da pagare, come le bollette, sempre più pesanti. Anche quando raccontano queste storie profondamente umane, comunque la pensate, i media non riescono a risparmiare il vetriolo. Quelli che fino a pochi mesi fa erano i nostri vicini, ora vanno per forza dipinti come il nemico pubblico numero uno. Se non ci fossero dietro migliaia di famiglie che si ritrovano sull’orlo del baratro, verrebbe quasi da ridere. La rabbia, invece, monta sempre di più.

Particolarmente infuriati sono i nuovi schiavi, i “forzati del tampone”, costretti a lunghe file e peregrinazioni varie pur di garantirsi il taumaturgico Green Pass per lavorare due giorni. Non sono numeri di poco conto, giovedì 21 ottobre in Toscana sono stati eseguiti 8.724 tamponi molecolari e 26.887 tamponi antigenici rapidi. Le farmacie di mezza regione sono prese d’assalto e fanno sapere di non poter reggere a lungo. Proprio quando il generale Francesco Figliuolo chiede alle Regioni “di agevolare le farmacie affinché possano continuare a effettuare i tamponi antigenici rapidi oltre gli orari di servizio, nelle giornate di chiusura e nei casi in cui i soggetti non si siano prenotati”, Sergio Bottari, presidente di Federfarma Toscana, esprime le sue perplessità. Il personale è già al limite, assumere nuovi addetti a termine risulta molto complicato e non si vede all’orizzonte la fine di questa emergenza del tutto evitabile. Cosa potrà far mai calare la richiesta? Chi voleva vaccinarsi si è già vaccinato, inutile sperare in un “miracolo”. Chi si ritrova in coda di fronte alle farmacie non ha molta voglia di scherzare.

Venerdì scorso, quando è scattato l’obbligo, molti sono stati colti di sorpresa. A Viareggio un cuoco di 58 anni è stato costretto dal titolare del suo ristorante. Non si era vaccinato perché “non ero granché rassicurato”. Sperava che indossare la mascherina e mantenere il distanziamento sociale bastasse a passare la “nuttata”. Non è bastato, a quanto pare. C’è chi pensa a chi già non arrivava a fine mese e si trova ora costretto a fare i salti mortali pur di continuare a pagare i conti a fine mese. C’è chi se la prende contro i 15 euro da pagare ogni due giorni e vorrebbe che fosse Pantalone a pagare, altri invece fanno notare come il tampone sia molto più sicuro del favoleggiato Green Pass. Fa pensare che sia proprio quel dieci per cento di “resistenti” che si accusa di essere untori, egoisti, trogloditi ad essere l’unica parte della popolazione ad essere controllata ogni due giorni.

Il sottoscritto, ad esempio, non ha mai fatto un tampone. Ho fatto le due dosi di vaccino a giugno e luglio ma non ho la più pallida idea se abbia mai contratto o meno il virus. I cosiddetti “no-vax” lo sanno benissimo, ogni due giorni. A Livorno un’impiegata di una banca si è organizzata, prenotando tre tamponi alla settimana, lunedì, mercoledì e sabato, sempre alle 17:30. A vaccinarsi non ci pensa proprio. “È scomodo, è vero, ma preferisco così rispetto a un vaccino che non mi dà assolutamente sicurezza. E qualsiasi altra decisione prenderà il Governo, io non mi vaccinerò”.

L’abbonamento le garantisce un consistente sconto, 8 euro a test. Non sarebbe più semplice piegare la testa e vaccinarsi? No, troppe informazioni discordanti, troppi cambiamenti di rotta nei mesi scorsi. A quanto pare, c’è chi ha la memoria lunga. Lo stigma sociale non la umilia, come essere considerata un paria. “Non sono egoista, vado a pulire le strade e cucinare alla Caritas”. Non tutti i no-vax sono estremisti ringhianti, a quanto pare. Le manifestazioni, poi, le lascia agli altri. Non certo l’immagine che si vede in tutti i media, non vi pare?

Cosa fa chi non ha voglia di fare il giro delle sette chiese per riuscire a fare un tampone ogni due giorni? Semplice, prova a fregare il sistema. Da venerdì ad oggi sono aumentate di oltre il 20% le richieste di certificati di malattia. Le storie che raccontano i medici di famiglia sono le più varie. La fantasia agli italiani non è mai mancata, quando si tratta di marcar visita. “Dottore, mi faccia un certificato perché ho avuto diverse scariche di diarrea stanotte”. Dall’altra parte del filo il medico cerca di capire quali sono gli eventuali altri sintomi ma, in caso di sospetta gastroenterite, non gli resta che credere al paziente sulla parola. Una vera e propria epidemia di virus gastrointestinale, a quanto pare.

I medici stanno facendo quadrato, con le associazioni di categoria che prescrivono ai propri iscritti di rilasciare certificati solo dopo visite in presenza, cosa che l’epidemia aveva reso quantomeno rara. Non è una soluzione a lungo termine, ma tre, quattro giorni sono meglio di niente. Domani si vedrà. Meglio di fare la fila nelle farmacie, dove si fanno anche 200 tamponi al giorno. Certo, sono 15 euro a botta, ma il test costa, come lo smaltimento dei rifiuti speciali e gli stipendi dei dipendenti che dalla mattina alla sera sono bloccati a fare tamponi o stampare i magici pass. Una cuccagna di cui molti farebbero volentieri a meno, insomma.

Cosa succede se i dipendenti sono pubblici? Semplice, non si presentano al lavoro, adducendo questa o quella scusa. A soffrire, ovviamente, i servizi al pubblico, come gli autobus. A Lucca sono mancati 50 autisti, 36 dei quali senza Green Pass, il resto malati veri o immaginari. Almeno il 15% delle corse è saltato in tutta la provincia. I pendolari si sono più o meno salvati, il resto è rimasto lì ad aspettare. I sindacati dicono che i numeri sono più alti e le cose continueranno così fino a quando l’azienda non pagherà i tamponi agli autisti. L’azienda sta provando a trovare autisti temporanei ma per qualche giorno le cose continueranno ad andare di male in peggio. A pagare, come al solito, l’utente, ma questo non è certo una novità.

A Pistoia il gestore locale ha chiesto agli autisti vaccinati di non prendere ferie e fare straordinari. Immaginiamo che alla lunga anche questi stakanovisti si stancheranno di coprire i propri colleghi furbetti. La situazione nella raccolta rifiuti non è migliore. A Lucca Sistema Ambiente ha dovuto far fronte all’assenza del 20% dei propri dipendenti per varie ragioni, dalla malattia, ai permessi per la 104, fino alle donazioni di sangue. I cestini rimangono pieni, chissà per quanti altri giorni. Quando i lavoratori pubblici sono più uguali degli uguali, come i magistrati, le cose vanno ancora meglio.

Ad Arezzo almeno due Pm sono sprovvisti di certificato vaccinale. Cosa fanno? Non si presentano al lavoro. Mica devono timbrare il cartellino, loro. Sanno bene che i provvedimenti disciplinari devono essere autorizzati dal procuratore generale o dallo stesso Ministro. Più facile che non se ne faccia di niente. I processi verranno rimandati a data da destinarsi? Pazienza. Lo stipendio comunque arriverà a fine mese, questo è quello che conta.

Nel privato le cose vanno in maniera ben diversa. Secondo Confesercenti un’impresa su cinque sta pensando di sostituire il personale sprovvisto di Green Pass, bar e ristoranti tra tutti. Non definitiva, la normativa non la prevede, un massimo di dieci giorni più dieci da usare dal 15 ottobre al 31 dicembre. Un altro problema per un settore che solo ora iniziava a risollevarsi dalla crisi dovuta ai lockdown. Molti per ora vanno avanti coi tamponi e sperano che i numeri della pandemia facciano sparire il maledetto Pass. La speranza è l’ultima a morire.

Come al solito, la situazione da noi finisce sempre in farsa, come succede nella enorme Chinatown di Prato. I cittadini cinesi sono stati vaccinati con due dosi, ma del vaccino approvato dal Partito Comunista Cinese, quel Sinovac che l’agenzia europea non riconosce. Il presidente dell’Associazione Ramunion Italia ha chiesto una mano al Governatore Giani. “Molti dei miei connazionali ben lungi dall’essere contrari al vaccino, sono stati inoculati con il Sinovac; si capisce immediatamente come questa situazione comporti disagi notevoli nella filiera produttiva, non per mancanza del vaccino quanto per l’impossibilità di ottenerne la certificazione. Questi lavoratori, avendo comunque rispettato la legge, rimangono impigliati nelle pastoie burocratiche e devono veder soffrire il loro lavoro per l’impossibilità di ottenere una semplice autorizzazione amministrativa”.

Il problema sarebbe particolarmente per chi, cittadino italiano, si è vaccinato in Cina e non può tornare in patria. Cosa fa il buon Giani? Scarica il barile sul governo: “Non è competenza della regione”, dice. Visto che ci siamo, scarichiamo un poco anche sull’Europa, l’unica che decide quali vaccini valgano per il Green Pass.

Dopo questo giro d’orizzonte la domanda resta sempre la stessa: quale sarebbe la logica nel rendere la vita impossibile a quegli italiani che non si è riusciti a convincere a vaccinarsi nonostante un anno e mezzo abbondante di propaganda asfissiante condotta 24 ore al giorno a canali unificati? Francamente, non saprei. La puzza di bruciato, però, è parecchia.

Ad insospettire è la risposta stizzita del Governatore Giani di fronte alle critiche di alcuni studenti nei giorni scorsi. “Sono una infima minoranza rispetto all’orientamento generale delle nuove generazioni”. Sono critiche valide, non valide, ragionate, irragionevoli? Non importa, la maggioranza la pensa come me, del resto chi se ne frega. Tanto non sono più cittadini, gente che paga le tasse. Se non piegano la testa non possono più lavorare, no? Non-persone, niente più, niente meno. Non ci vuole niente a passare dalle stelle alle stalle, basta mettersi di traverso.

Gli stessi operatori sanitari, quelli che fino a non molto tempo fa venivano indicati come veri eroi dei nostri tempi, gente senza macchia, infallibili, generosi e chi più ne ha più ne metta, vengono gettati via come mascherine vecchie. Poco importa che molti di loro abbiano già avuto il Covid e quindi sviluppato quella immunità naturale che, secondo un ampio studio condotto in Israele, è venti volte più efficace di quella provvista temporaneamente dal vaccino. L’obbligo non ammette eccezioni, nonostante molti esperti abbiano affermato che le probabilità di effetti avversi aumentano vertiginosamente per chi abbia già una forte immunità naturale. Fuori, cacciato via senza stipendio. Non sono casi isolati, si tratta di centinaia di persone messe alla porta proprio quando sta per iniziare la stagione invernale, sempre complicata per gli ospedali. Già ora si moltiplicano le notizie di medici del pronto soccorso che si dimettono per il troppo lavoro. I sindacati si lamentano da mesi di come molti operatori siano al punto di rottura, dopo mesi di tensione e superlavoro. Il personale manca, le liste di attesa si allungano a dismisura, in certi ospedali ormai l’emergenza è la normalità. Niente, la logica l’abbiamo lasciata alle spalle tanto tempo fa. O pieghi la testa o ti cancello.

Chi pensa che le proteste svaniranno dopo qualche manganellata o getti d’acqua gelida forse si sta illudendo. Il clima di tensione dall’inizio della pandemia è diventato ormai venefico. Cosa succederà quando l’italiano medio, vaccinato o meno, inizierà a guardarsi intorno e notare come i negozi chiusi causa Covid non riaprano più? Cosa succederà quando arriveranno le bollette di gas ed elettricità, i cui rincari si stimano già ad un bel più 50%? Cosa succederà quando i tanto temuti licenziamenti finalmente arriveranno, gettando centinaia di migliaia di famiglie nella disperazione? A cosa servirà il taumaturgico Green Pass allora?

 

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