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Martinelli intervista Guido, autore del romanzo “Bis”

- Cultura
22 Novembre 2021

Sta per avvenire un ennesimo parto letterario, il 26 novembre p.v., alle Officine Garibaldi di Pisa (via Gioberti, 39). Per la precisione, alle ore 17.00, vedrà la luce BIS, romanzo scritto dal sottoscritto. Chi meglio dell’autore può parlare della sua opera? Un’autointervista mi pare, quindi, il modo migliore per presentare questo giovine virgulto di carta si propone al mondo.
Così, dopo un veloce consulto con me stesso medesimo, sono giunto alla conclusione che MARTINELLI, il super-io, la coscienza più razionale, intervisti GUIDO, ovvero l’es, la forza creatrice più istintiva, per far venir meglio alla luce questo BIS. Ecco il verbale di questo incontro epocale svoltosi, ovviamente, a casa mia, pochi giorni fa. In presenza della jakkina Mati che soggiornava sul divano come sempre, mentre la padrona di casa, Ione, era assente.

M- Allora, amico mio, avresti scritto un romanzo?
G -Pare

M – Scommetto che hai pagato per farti pubblicare?
G – No, anche se non ci sarebbe niente di male a meno che non ti chiedano uno sproposito. Esce nella collana INCIPIT di quell’ottima casa editrice che è l’ETS, gestita da due bravissimi scrittori e amici come Daniele Luti e Pierantonio Pardi. Questa collana pubblica gratis ogni anno due libri da quasi vent’anni. Il mio è il numero 26. E se vuoi sapere proprio tutto non prendo un euro per le prime 500 copie vendute. Dopo si vedrà.

M- Insomma, ti senti uno scrittore?
G – Seee, scrittore è colui che vive della sua scrittura. Io gioco, mi diverto con le storie che mi circolano per la testa, come ho fatto per anni in teatro con legioni bambini e ragazzi e diversi adulti, dal 1995 ai giorni nostri. Senza passare alla storia del teatro. Per puro divertimento e voglia di assecondare la mia vanità.

M – Come mai ti girano per la testa tutte queste idee? Assumi sostanze?
G – Solo la spuma al cedro ghiaccia marmata. Con cecina o panino al salame se ho una puntina di fame.

M – Non si può mai fare un discorso serio con te che la butti subito sul faceto.
G – Aceto? O dove lo metti l’aceto? E ti sembra serio, invece, pormi certe domande che sai sono persino mezzo astemio e non ho mai fumato una sigaretta?

M – Non si sa mai, a volte quando mi distraggo potresti deviare dalla retta via. Noto comunque la tua solita convinzione di essere un comico quando fai solo ridere i polli.
G – Borda, almeno sono un p’ spiritoso, mentre tu sei un musone. Ruzzo un briciolino, non la fa’ troppo palloccolosa. La risposta seria è che, come quasi tutti, scrivo per igiene
mentale.

M – Lo vedi che non stai bene? Che sei strano?
G – Uffa, volevo solo dire che scrivo per liberare la mente di tutte le storie prese dai libri e dai film che consumo in quantità industriale da sempre.

M – E da quale grande storia, di grazia, è nata l’idea di questo libro?
G – Niente di letterario, bensì da un dato personale, ovvero l’origine del mio nome. Io mi chiamo Guido perché un fratello di mamma, Guido Togni, che partì nel 1942 dalla Garfagnana, durante la seconda guerra mondiale, per andare con l’Armir per la Campagna di Russia, e di lui non si seppe più nulla. Così, sin da bambino lo considero il mio angelo custode, una sorta di entità che veglia sulla mia vita.

M – E quindi? Che ha a che fare col libro?
G – Nel mio libro, il protagonista Gianni Martini, il mio alter ego, uno che si definisce precario esistenziale perché nella sua vita non ha mai cercato alcuna certezza materiale ed affettiva e di cui da qualche anno narro le vicende in storie lunghe e brevi, ha uno zio che ha avuto la stessa storia di mio zio Guido. La differenza è che questi ha avuto la fortuna di tornare di tornare dal lontano Don. E siccome la mamma lo battezza con lo stesso nome del fratello, ovvero Gianni, ecco che lui diventa il Bis dello zio.

M – Alt, ferma, non aggiungere altro perché sei una lingua lunga e anticiperesti l’intera trama rovinando la sorpresa al lettore.
G – Senti chi parla, il boccalone, sua signoria sincerità patologica.

M – Non raccolgo le provocazioni e vado diritto. Chi è l’aiutante di Gianni Martini, per dirla alla Propp?
G –  Come sei erudito! Intendi il suo aiutante proppiano, uomo che guarda lontano?

M –  Vai avanti senza fare lo scimunito, che tanto non fai ridere, te lo ripeto.
G – Sicuro che non sia offensivo essere proppiani?

M – Vai avanti, per favore. Santa pazienza!
G –  Il braccio destro di Gianni Martini, o meglio proprio il braccio perché trattasi di un ex pugile che ha sempre gli arti superiori ben messi, è Monzon, promettente atleta dal roseo futuro stroncato da un incidente stradale sul viale d’Annunzio. È un pisano doc e quindi si esprime in pisanaccio spinto. Un tipo pratico, necessario per uno come Gianni con la testa sempre nelle nuvole, E con i muscoli belli forti utili a difendere uno che ce l’ha di pastafrolla nei momenti topici come lui.

M – Praticamente tu!
G – Sì, ma almeno ce l’ho una testa, anche se annuvolata. Monzi è l’amico fedele che ognuno vorrebbe. Mica come te che appena mi giro mi pugnali alle spalle!

M – Che coraggio! Parli proprio te, che vai a dire in giro a dire che sono noioso, pedante, rompiscatole.
G –  È la tua foto precisa’ntifica, per dirla alla Camilleri.

M – Ecco, lo sapevo. Ti sei già montato il capo e vedi già il tuo Martini al posto di Montalbano ormai fuori gioco per la morte del suo demiurgo.
G – Ma guarda che non è il mio primo libro, e siccome so come funziona il giochino nessuno s’illude. Insomma, dici battute e non poni domande..

M – Riprendiamo allora. Uffa. Dove si svolge la storia?
G – Tra Pisa, la Val Garfa, che è una Garfagnana sfumata nei contorni geografici ma reale nella sostanza, con le sue usanze e la sua storia.

M – Perché?
G – Come sei pignolo! Devi avere l’ascendente vergine!

M – Solo un irrazionale come te può credere agli oroscopi!
G – Se ti dico cosa sei tu ci resti male. Comunque, ho adottato questo espediente della vallata un po’ inventata perché volevo dare alla vicenda un’impronta fantastica in mezzo a fatti storici reali del secolo precedente come la campagna del Don, la guerra fredda, la strategia della tensione, il futuro angoscioso che ci bussa alla porta. Perché non voglio recitare la parte dello storico bensì raccontare una storia.

M – Parli di argomenti importanti e scottanti, ma sei in grado di trattarli?
G – Si fa quel che passa il convento. Comunque mi sono documentato, perché non so tu, ma io so leggere. Mi piace aggiungere che tra le località percorse dai personaggi del racconto, ci sono. oltre la nostra città, anche Livorno, Marina di Pisa, Lucca, Torino, la Russia.

M – E i livornesi cosa fanno? Rubano le biciclette?
G – Ha fatto la battuta, ha fatto. No, sono donne, e fanno una bella figura, come sempre, al di là del campanilismo fine a se stesso. Perché i livornesi sono un gran popolo.

M – Ruffiano. Ma tanto la presentazione, dalle parti dei quattro mori, non te la permettono di sicuro anche se li riempi di complimenti e lodi. Sei pisanoooo!!!
G – Lo dici tu, i nostri cugini sono meglio di come li dipingono. Ma non ho certi obiettivi, stai tranquillo, se la cosa ti preoccupa. Sono sincero e vado bene così.

M – A proposito di lingua e di popoli, come si esprimono i personaggi del libro?
G – Escono ogni tanto delle parole di qualche dialetto, per dare un tocco realistico…

M – All’intero impianto narrativo. Non posso negare che sia stata un’ottima scelta, a mio modesto avviso. Mi pare proprio una bella melangerie.
G – No, non ti meleggio, è proprio così

M – Che ignoranza crassa c’è in giro. Dicevo, in francese, che mi pare un bel miscuglio, un buon mix.
G – Certo, avevo capito, ma ti stavo meleggiando sul serio. Vorrei anche aggiungere che è un libro di storie, di passioni, di rivelazioni, dove chi viene dal Paleolitico inferiore come me può ricordare e riflettere sul suo tempo passato, mentre chi è nato digitale può respirare l’aria respirata dai suoi genitori. Anche se la storia si svolge ai nostri giorni, che sia chiaro, in cui si rievoca, in tanti momenti, il passato. Perché siamo quello che siamo stati.

M –  Il tono è serioso?
G – Non proprio. Monzon sdrammatizza sempre tutti i momenti drammatici con le sue battute vernacolari. Spero che susciti nei lettori il desiderio di approfondire alcuni spunti

M – Ma che resti tra noi, tanto ci leggono in pochi…
G – Se ti sente il Sacchelli ti fulmina!

M – Vabbè, tranqui Direktor Orlando, si scherza. Lo sappiamo che sei abbinato a quel gran quotidiano del nord per cui hai un vasto bacino di utenti.
G – Anche un mio amico di San Martino Ulmiano lo legge sempre

M – Ecco, siamo a posto. Ora va a finì che ci licenzia!
G –  Non gli conviene, visto che siamo a costo gratis.

M – Concordo, a malincuore. Insomma, dì la verità, è un racconto autobiografico, confessalo, hai parlato della tua vita ma non lo vuoi ammettere, dai, e metti di mezzo questo Gianni. Svuota il sacco!
G –  E che sono, Babbo Natale? Nooo, sono mesi che te lo dico. Tutte le volte che toccavo il mouse te lo ripetevo. Ma siccome sei duro pinato bisogna che te lo ripeta. Anche se lo spunto iniziale, come sottolineo alla fine nei ringraziamenti, è reale, trattasi di una invenzione totale. Mio zio Guido è sempre stato il mio angelo custode e sono felice di aver messo in giro il suo doppio. Mia zia Margherita raccontava che mi somigliava molto anche se era più bello ahah.

M – Ci vuol poco!
G – Invece te, altra roba. Guarda che la faccia è la stessa! Quando passi davanti agli specchi guardi per terra? Guido Togni abitava in un Mulino della Garfagnana, detto Mulino del Riccio, che diventò un Ristorante molto noto in Garfagnana e non solo, proprio come accade alla Cà di Gianni nel libro. Che poi è il posto dove siamo nati anche noi, bel mi tomo, che forse ti vergogni e avresti voluto natali più nobili. Se ti ricordi, perché ormai hai una certa età, era così caratteristico questo mulino del 1755, come attesta la scritta all’ingresso, nel suo stile architettonico garfagnino, da essere inserito, negli anni settanta, nelle cartoline recanti la famosa scritta “Saluti dalla Garfagnana”, insieme ad altri scatti.

M – Certo che me lo ricordo, lo ripeti sempre, anche ad essere smemorati è impossibile non ricordarselo.
G – Scrivendo il libro ho solo seguito i consigli che si danno in qualsiasi corso di scrittura creativa che si rispetti.: “PRENDETE SPUNTO DALLA VOSTRA ESPERIENZA. SCRIVETE QUELLO CHE CONOSCETE ”. Con la classica citazione di Flaubert a seguire che recita :”Madame Bovary c’est moi”. Li ho presi alla lettera, sia pur reinventando tutto.

M – Per me sei rimasto un po’ fedele a tanti dati autobiografici, magari nascosti bene, ma siccome sei orgoglioso non lo vuoi ammettere. Anche se, a dire il vero, e mi scoccia darti ragione, per quel che mi ricordo degli abitanti del Mulino del Riccio: non ce n’é uno simile a questi. Solo qualche vaga rimembranza.

A questo punto mi fermo qui nel resoconto dell’incontro rivelatorio tra i due che hanno continuato, per ore, forse per giorni, a polemizzare tra loro su ogni singolo dettaglio del libro. Credo che continueranno a discutere animatamente, anche per altre questioni, per tutta la vita. È il loro modo di volersi bene.

Voi, però, se volete saperne di più cercate di andare alla presentazione del libro che si svolgerà Venerdì 26 Novembre, alle ore 17.00, alle OFFICINE GARIBALDI di via Gioberti 3, a Pisa, alla presenza dei due, già citati editor, della collana INCIPIT dell’Ets, Daniele Luti e Pierantonio Pardi. E se volete acquistare il libro anche senza venire alle Officine nei giorni successivi vi segnalo che potete farlo alla libreria GHIBELLINA di Borgo. SALUDOS A TODOS! E, nel caso, buona lettura!

Guido Martinelli

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