– Luca Bocci –
Per molti toscani la vacanza vuole necessariamente dire mare ma le cose non sono sempre andate così. L’idea di passare del tempo in riva al mare d’estate sarebbe sembrata bizzarra ai nostri antenati, che preferivano il fresco delle colline. Pochi sanno come il concetto dell’estate al mare sia stata un’invenzione toscana, che risale all’inizio del XIX secolo. I primi bagni italiani, tra i primi d’Europa, furono infatti fondati a Viareggio nel 1827, il che rese la capitale della Versilia tra le apripista del turismo balneare. Col tempo Viareggio divenne una delle località più alla moda del Vecchio Continente, attirando la creme della creme dell’aristocrazia nord europea. Visto che siamo in Toscana, ovviamente c’è chi contesta questo primato – specificamente a Livorno si afferma che i primi “bagni” furono creati oltre 40 anni prima, nel 1780. Sebbene non avessero molto in comune con i bagni a noi familiari, riuscirono a guadagnarsi un seguito tra molte teste coronate europee. ASCOLTA LA STORIA
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Questa è la storia di come nacque l’amore tra i toscani ed il proprio mare – speriamo che la troviate interessante. Fateci sapere cosa ne pensate partecipando alla conversazione sui nostri canali social. Più siamo, più ci divertiamo!
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UN PICCOLO ASSAGGIO DELLA STORIA
L’idea di sfuggire al solleone buttandosi in mare o godersi la brezza marina su uno scoglio o sulla spiaggia è antica come il mondo ma il concetto di andare in riva al mare per rilassarsi e respirare a pieni polmoni lo iodio inizia a farsi strada a metà del XVIII secolo, almeno in Toscana. Il pittore italo-inglese George Christoph Martini ne parla nel suo libro di viaggio sulla Toscana nel 1745, notando come molti nobili lucchesi avessero preso l’abitudine di passare qualche tempo a Viareggio durante i mesi invernali per sfuggire al freddo e all’umidità, decisamente meno opprimenti in riva al mare. Il mare d’inverno, quindi, a caccia non di sole, attività e divertimento ma di rilassate passeggiate, condite magari da caldarroste roventi o grandi mangiate di pesce. L’abbinamento tra mare ed estate iniziò qualche tempo dopo, diffondendosi tra gli strati più bassi della popolazione.
Le prime tracce d’archivio risalgono al 1805, quando viene riportata la pratica di fare un bagno in piena estate solo per divertimento. Le cose, all’epoca, erano decisamente informali. Sceglievi il tratto di spiaggia che più ti piaceva, un sasso per evitare che il vento portasse via i tuoi vestiti e via, nudo come mamma t’ha fatto tra le onde. Chiaramente i benpensanti andarono subito su tutte le furie, considerato che uomini e donne erano presenti sulla spiaggia allo stesso tempo. Il divieto di questa pratica scandalosa scattò rapido ed inevitabile, causando però molti più problemi del previsto. Nel febbraio 1812, fu il sindaco di Viareggio a protestare contro questa “decisione sanitaria” e chiedere che il divieto di frequentare la spiaggia fosse rimosso al più presto. In una missiva inviata al prefetto di Lucca, il sindaco si lamenta di questa pratica, definendola “odiosa per i vacanzieri e dannosa per l’industria dei viaggi”. Visto che di problemi in giro ce n’erano di ben più seri, nel luglio 1814 il divieto fu finalmente rimosso, consentendo la crescita della nascente industria delle vacanze estive.
Passata la buriana napoleonica e restaurato l’ancien regime anche in Toscana, nel 1820 fu la polizia ad intervenire di nuovo, imponendo la separazione tra uomini e donne quando frequentavano la spiaggia. Due anni dopo, questo vero e proprio apartheid fu ufficializzato con misure che ai nostri occhi risultano davvero draconiane. Non solo le spiagge erano divise in sezioni maschili e femminili, ma passare da una parte all’altra della spiaggia era severamente proibito. La difesa del decoro e del pubblico pudore lo imponeva. Non sappiamo molto sulle reazioni dei viareggini e dei turisti, ma la regola generalmente venne rispettata. Altri tempi, altre sensibilità, a quanto pare. Le spiagge all’epoca erano quasi completamente prive di strutture, con solo dei baracchini fatti alla bene meglio dove ci si poteva mettere il costume da bagno riparati dagli sguardi dei passanti e magari ripararsi per qualche minuto dal sole. Decisamente un’esperienza molto spartana ed inadatta alle fasce più ricche della popolazione, quelle che l’industria del viaggio stava cercando di conquistare.
Qualcuno riportò la notizia che, in alcune località di mare francesi, si stavano costruendo strutture permanenti, così da permettere a chiunque di godersi il mare nella massima privacy e comfort. Ci vollero pochi anni prima che l’intuizione transalpina fosse trasformata in quello che molti considerano il primo “bagno” in Italia. Il 31 maggio 1827, il sindaco di Viareggio chiese l’autorizzazione al governo di Lucca per costruire il primo stabilimento balneare permanente. La spiegazione fornita dal sindaco fa sorridere: la gente potrebbe così incontrarsi in maniera comoda e godersi le onde lontane dagli occhi dei passanti, così da potersi vestire e svestire con tutta l’attenzione dovuta alla pubblica decenza.
L’idea di mantenere il massimo decoro era al numero uno delle priorità, a quanto pare, tanto da convincere le autorità a costruire due stabilimenti separati, ad una cinquantina di metri di distanza, riservati rispettivamente a uomini e donne. Ogni bagno aveva un certo numero di cabine dove cambiarsi e un’area di mare recintata dove potersi bagnare in pace. Il ministro degli interni di Lucca fu convinto dall’idea dei viareggini e, probabilmente, dalla percentuale sugli incassi che era prevista per le casse del Ducato. Il progetto fu approvato ed i fondi messi subito a disposizione, sotto forma di prestito non oneroso da restituire in qualche tempo. A Viareggio molti storsero la bocca ma decisero di andare avanti lo stesso, iniziando la costruzione dei primi pontili con i tronchi dei pini tagliati nella grande pineta del demanio… LA STORIA CONTINUA… ASCOLTA IL PODCAST
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Foto: archivitoscana.it