– Paolo Lazzari –
Il nome che le hanno assegnato al battesimo, ad Ajaccio, sarebbe Maria Anna. Il fratello però non è dello stesso avviso e le impone di chiamarsi Elisa. Per lei, comunque, cambia davvero poco. Dopo aver frequentato la scuola reale di Saint Cry, la ragazzina fornisce subito la misura della sua determinazione: sarà anche la sorella di Napoleone Bonaparte, d’accordo, ma il marito se lo sa scegliere benissimo da sola. Così, mentre il condottiero rimugina sulla migliore combinazione possibile per salvaguardare gli interessi del suo impero, Elisa sposa senza chiedere il permesso a nessuno un capitano corso, Felice Baciocchi. Napoleone deve deglutire a fatica la cosa, perché ogni speranza di un’unione meccanica e carica di opportunismo si è adesso dissolta.
Elisa, tuttavia, non è una ribelle totale. Anzi, per la maggior parte del tempo esprime un sentimento di devozione e rispetto per il fratello davvero inscalfibile. Quando si reca per la prima volta a Parigi, nel 1798, scansa con maestria i cliché del tempo: i salotti che intende frequentare sono quelli degli alti funzionari e dei ministri. Non c’è tempo per pettegolezzi e frivolezze. Vuole conoscere ogni possibile striatura della complessa macchina amministrativa francese. Questa attitudine, unita ad una lucidità fuori dal comune quando si tratta di fornire soluzioni pratiche, la issa in alto nella percezione del fratello. Così, non appena l’impero ascende sul serio, Elisa si guadagna il titolo di principessa di Piombino. L’ambizione è però irrefrenabile e non accetta di essere infilata dentro recinti angusti. Il resto lo fa l’intuito. In Toscana c’è una città che cerca in ogni modo di conservare la propria indipendenza, ma ha bisogno di un sussulto per evitare di essere messa alle corde. Lucca cerca una via di fuga ed Elisa Baciocchi desidera un luogo ideale dove poter sfoggiare le proprie capacità amministrative. L’affare si concretizza senza ripensamenti: i lucchesi la invocano come loro sovrana, mettendo in salvo la loro autonomia. Lei, invece, inizia subito a governare questo piccolo stato costituzionale, con piglio decisamente autoritario e illuminato.
Elisa riforma in fretta gli organi amministrativi cittadini, dona nuovo impulso all’economia, alle arti e al commercio, ridefinisce il disegno urbano ed importa in Toscana varietà di piante fino a quel momento inedite. I lucchesi la amano perché riesce a coinvolgere parimenti borghesi e aristocratici, la città cresce florida e radiosa e grazie alla sua intercessione i sudditi sono esentati dalla costrizione della leva imperiale. Quando scende la sera ogni angolo viene illuminato a giorno da migliaia di torce che favoriscono feste, balli e gioia diffusa. Lucca diventa così la più francese tra le città della Toscana: un dedalo di viuzze finemente adornate e lastricate, spazi irrorati dalla luce diurna, alberi e piante ammiccanti che punteggiano il centro. Il carattere di Elisa però la scuote costantemente dall’interno. A differenza del marito, da sempre intento a coltivare modeste ambizioni, lei vuole espandere la gittata del suo governo. Con un’abile mossa riesce così a far detronizzare la rivale Maria Luisa di Borbone, assumendo il comando dell’intera regione nel 1809 sotto il titolo – riesumato – di Granduchessa di Toscana.
La successiva caduta dell’impero la spoglierà quasi di ogni onorificenza, ma l’opera compiuta non può essere intaccata. Rimane sotto lo sguardo collettivo come monito e testimonianza della grandezza di una donna che, armata di feroce volontà e ingegno, ha saputo cucirsi un ruolo cruciale qualche passo fuori dall’ingombrante ombra del fratello.