– Ilaria Clara Urciuoli –
Tre piccole bandiere sventolano tra le finestre di casa Ammannati, in via Giusti al numero 24 a Pisa. Tre piccole bandiere che rappresentano milioni di cittadini tutti debitori, più o meno consapevoli, di un uomo barbuto e sofferente, di un illustre rivoluzionario della scienza. Pisa, 15 febbraio 1564. È un sabato, l’ennesimo per molti passato pregustando il giorno di riposo, confidando nell’arrivo di un sole tiepido che inviti le fanciulle ad uscire e i giovani a corteggiare; è un sabato di paura e di emozioni per la ventiseienne Giulia che a pochi metri dall’Arno dà alla luce il piccolo Galileo. Il padre, Vincenzo della famiglia Galilei, attende: da questo matrimonio ha ricavato 100 scudi d’oro e ora un figlio maschio. “Seguirà le mie orme, sarà musicista e teorico della musica, o forse sarà un medico, un ricco e affermato medico!”: quali pensieri avranno attanagliato il neopapà ci è dato solo immaginarlo.
Ma ciò che i padri scelgono non sempre corrisponde a ciò che renderà i figli veri padroni del proprio tempo, che consentirà loro di agire spendendo al meglio abilità, opportunità e fortuna: il piccolo compie i primi studi nella scuola pubblica della comunità di Pisa e poi li approfondisce a Firenze, presso i monaci vallombrosani ma giunto il momento di definire il suo percorso, Galileo abbandona la via indicata dal padre, che nel 1580 lo aveva iscritto come “artista”, cioè studente in medicina e filosofia dell’Università di Pisa, e si dedica invece allo studio della geometria e di Archimede che gli fornisce un metodo a lui più congeniale rispetto a quello aristotelico, imperante in quel periodo nelle accademie e non solo.
All’ombra della Torre pendente il giovane studioso muoverà i suoi primi passi nella scienza, passi che sono legati, tra realtà e leggenda, proprio a quella piazza dei Miracoli. È qui – ci dice l’allievo e biografo Vincenzo Viviani – che le oscillazioni della lampada del Duomo gli suggerirono la legge sull’isocronismo del pendolo; sempre qui che lanciando degli oggetti dalla Torre arrivò a contestare la legge sulla caduta dei corpi.
Ma aver rinnegato la carriera di medico non significa certo per il giovane studioso non doversi prendere cura economicamente di sé e della propria famiglia: ed ecco che a partire dal 1589 e per molti anni Galileo intraprenderà la carriera di insegnante. Il primo incarico lo vedrà sulla cattedra di matematica nella stessa Pisa. Poche, in verità, le soddisfazioni per lui, sia da un punto di vista economico che intellettuale, perché l’ambiente accademico che si trova intorno è lo stesso dal quale, qualche anno prima, aveva voluto allontanarsi, un ambiente non certo favorevole alle sue ricerche.
A questo periodo risalgono le teorie galileiane sul moto che entrano in aperto contrasto con alcuni punti cardine della fisica aristotelica. Ma la ragione del contrasto va ben oltre il moto e già riguarda il metodo di indagine scientifica.
Tutta l’insofferenza che accumula nei confronti dei colleghi si riversa nelle terzine che vanno sotto il nome “Capitolo contro il portar la toga”:
Mi fan patir costoro il grande stento,
Che vanno il sommo bene investigando,
E per ancor non v’hanno dato drento.
E mi vo col cervello immaginando,
Che questa cosa solamente avviene
Perché non è dove lo van cercando.
Questi dottor non l’han mai intesa bene,
Mai son entrati per la buona via,
Che gli possa condurre al sommo bene.Perché, secondo l’opinion mia,
A chi vuol una cosa ritrovare,
Bisogna adoperar la fantasia,
E giocar d’invenzione, e ’ndovinare;
E se tu non puoi ire a dirittura,
Mill’altre vie ti posson aiutare.
Questo par che c’insegni la natura,
Che quand’un non può ir per l’ordinario,
Va dret’a una strada più sicura.
Lo stil dell’invenzione è molto vario;
Ma per trovar il bene io ho provato
Che bisogna proceder pel contrario.
Le difficoltà dell’uomo di scienza sono a tutti note in un mondo tanto frammentato: se alcuni Stati avevano da poco raggiunto un’identità nazionale (così la Spagna e la Francia, acerrime nemiche che si contendevano l’amicizia del Papa), altri erano ancora ben lontani da questo (l’Italia era divisa in ducati e repubbliche che spesso spostavano i loro favori cercando assetti propizi alla loro politica). Una crisi di portata internazionale interessava la fede: Lutero, Calvino, persino Enrico VIII in Inghilterra avevano sconvolto l’egemonia della Santa Romana Chiesa che reagì con violenza a questa perdita di controllo, riducendo in polvere tutto ciò che si distaccava dalla dottrina. Così l’Inquisizione spense menti e accese libri, facendo tacere illustri pensatori.
Appena ne ha la possibilità, nel 1592, Galileo si sposta a Padova accolto dalla Repubblica di Venezia, più libera dalle interferenze della Chiesa. L’ambiente universitario non è molto diverso da quello pisano ma fuori da quelle stanze la presenza di intellettuali con i quali scambiare idee e punti di vista gli valsero amicizie come quella di Gianfrancesco Sagredo, con il quale strinse un legame tanto forte da inserirlo come interlocutore nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”. Lì incontrò anche Marina Gamba, donna dalla quale ebbe tre figli pur senza mai sposarla. Tutto ciò lo portò a definire quelli “li diciotto anni migliori di tutta la mia età”.
L’amicizia per i Medici lo porterà poi a Firenze, città che non poté proteggerlo dalle accuse della Chiesa né risparmiargli nel 1633 il tanto sofferto “abiuro, maledico e detesto li suddetti errori et heresie” alla quale sopravvisse a lungo, chiuso nella casa di Arcetri fino a che, come ancora una volta ci racconta Viviani nel “Racconto istorico della vita di Galileo”, “sopraggiunto da lentissima febbre e da palpitazione di quore, dopo due mesi di malattia che a poco a poco gli consumava gli spiriti, il mercoledì dell’8 di gennaio del 1642, a hore quattro di notte, in età di settantasette anni, mesi dieci e giorni venti, con filosofica e cristiana costanza rese l’anima al suo creatore, inviandosi questa, per quanto creder ne giova, a godere e rimirar più d’appresso quelle eterne et immutabili meraviglie che per mezzo di fragile artifizio con tanta avidità et impazienza ella aveva procurato di avvicinare agli occhi di noi mortali”.
Pisa festeggia il compleanno
In calendario per la “Giornata Galileiana” un convegno sull’ottica “da Galileo agli Space Telescopes”, una conferenza sugli anni pisani del grande scienziato e l’esposizione di importanti documenti galileiani presso l’Archivio di Stato e l’Archivio Diocesano, tra cui il certificato di battesimo di Galileo. Per mercoledì 16 inoltre è prevista la premiazione della terza edizione del premio Galilei a cura del Comune di Pisa. L’evento, che si ripete dal 2019, vede la collaborazione del Comune di Pisa con l’Università di Pisa, Scuola Normale Superiore, Scuola Superiore Sant’Anna, Archivio di Stato e Arcidiocesi di Pisa e archivio diocesano, CNR – Istituto Nazionale di Ottica.