Dal primo maggio al 30 giugno il celebre dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo, il Quarto Stato, si potrà ammirare nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio (Firenze). Due metri e 93 centimetri di altezza per cinque metri e 45 di larghezza, l’imponente quadro dal 2010 è esposto al Museo del Novecento di Milano.
Quando tornerà a Milano potrebbe essere collocato in un’altra sede. Anche se non si sa ancora dove è quasi sicuro lo spostamento. L’opera fu acquistata dal Comune di Milano nel 1920 grazie a una sottoscrizione popolare. Sotto il fascismo finì in un deposito, mentre nel dopoguerra abbellì la sala del Consiglio comunale di Palazzo Marino, restandovi fino al 1980. Quell’anno fu portato alla Galleria d’arte moderna di Milano (Gam) e nel 2010 al Museo del Novecento.
Dipinto tra il 1898 e il 1901, l’artista ebbe l’ispirazione Pellizza dopo aver assistito alla protesta di un gruppo di operai. Quella scena, che Pellizza annotò in un taccuino, finì nel bozzetto di un’altra opera, gli “Ambasciatori della fame”, del 1891. L’opera raffigurava una rivolta operaia avvenuta nella sua città, Volpedo, in provincia di Alessandria.
Dopo un’altra opera simile considerata intermedia, la Fiumana, di cui Pellizza rimase insoddisfatto, nel 1898 l’artista decise di cimentarsi con quello che sarebbe diventato il suo lavoro più famoso e celebrato, un vero e proprio “manifesto che il proletariato italiano possa vantare fra l’Otto e il Novecento”.
Cosa rappresenta il Quarto Stato
Nel suo grande quadro Pellizza raffigurò un gruppo di braccianti in cammino, o meglio in marcia, per protesta. La loro avanzata è pacifica e lenta, con passo sicuro. In primo piano tre figure: due uomini e una donna con un bimbo in braccio. La donna è scalza e invita le persone dietro a seguirla. Alla sua destra un !uomo sui 35, fiero, intelligente, lavoratore”, come spiegò lo stesso Pellizza, che avanza disinvolto. Il resto dei manifestanti si trova in secondo piano. Ognuno compie gesti naturali: c’è chi si ripara gli occhi dal sole, chi guarda davanti, chi tiene dei bambini in braccio.
L’iniziale indifferenza, poi il successo
Mostrato la prima volta nel 1902, alla Quadriennale di Torino, l’opera non ottenne alcun riconoscimento. Venne accolto con sostanziale indifferenza. E nessuno si fece avanti per acquistarlo. Il successo arrivò grazie alla stampa socialista e le numerosissime riproduzioni. Fu nel 1905 che divenne un simbolo vero e proprio dei lavoratori, stampato su l’Avanti! della domenica, l’inserto domenicale del quotidiano del Psi.
Lo spostamento dell’opera da Milano a Firenze
Foto: Ansa (ilGiornale.it)
Purtroppo poi quest’opera d’arte è stata usurpata, quasi rubata, perché fortemente politicizzata.
Se ne sono apprproati indebitamente facendone proprio vessillo.
L’ennesima Sinistra vergogna.