– Ilaria Clara Urciuoli –
Quante rivoluzioni ci separano da Filippo Strozzi? E quante di queste rivoluzioni appartengono alla nostra storia più recente, come a sottolineare il desiderio di futuro che caratterizza l’uomo contemporaneo rendendolo, a volte, forse anche un po’ alieno a se stesso?
Da oggi queste domande prendono corpo (o se non corpo almeno bit) proprio nel palazzo del mecenate fiorentino dove fino al 31 luglio le opere di Donatello dialogano con l’ultima frontiera del contemporaneo artistico, che si impossessa del cortile e degli spazi della Strozzina affermando così il valore della Crypto art anche nei più tradizionali spazi dell’arte. Questo valore, in realtà, era già ben evidente da quando l’11 marzo 2021, poco più di un anno fa, la casa d’aste Christie’s decretava il peso in dollari (oltre 69 milioni) di un leggerissimo file JPG realizzato da Beeple, all’anagrafe Mike Winkelmann, e facendo del quarantenne americano il terzo tra gli artisti più costosi al mondo dopo David Hockney e Jeff Koons, che dunque segue tanto nella quotazione quanto nell’esporre in una delle sedi più rappresentative per l’arte a Firenze.
Ad Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, e Serena Tabacchi, direttrice del Museo d’arte digitale contemporanea MoCDA, l’onere e la sfida di curare una mostra che cerchi di rappresentare un mondo in continuo movimento come quello dei Non-Fungible Token, più sinteticamente NFT o più chiaramente (almeno per qualcuno) oggetto non riproducibile perché certificato, quindi crittografato, e perciò non solo non modificabile ma anche registrato in un archivio che ne garantisce l’univocità della proprietà.
I protagonisti della mostra sono il già citato Beeple che unisce irriverenza, cultura pop e politica sullo sfondo di nefasti universi distopici, Daniel Arsham, statunitense che ci proietta in un luogo in perenne trasformazione dove materiale e immateriale si fondono, Krista Kim, canadese dalle geometrie ambigue, tanto impossibili quanto rassicuranti, e Andrés Reisinger, argentino dall’animo meditativo che induce anche noi a una riflessione sul nostro vivere in relazione ai social. In questo panorama americano si riconosce però la firma di un collettivo made in Italy, Anyma (Matteo Millari e Alessio De Vecchi), che esplora l’intersezione tra musica e visual performance in un lavoro site specific per la Strozzina.
La mostra è per Firenze e la Toscana l’occasione per avvicinare anche i più tradizionali fruitori dell’arte ai cambiamenti in corso, lasciando loro la possibilità di guardare, conoscere, studiare e (perché no?) comprendere, accettare e apprezzare queste nuove forme espressive, rompendo magari il ghiaccio con la gigantesca opera che accoglie il visitatore già nel cortile di Palazzo Strozzi, un’altra istallazione site-specific, realizzata dal turco (ma californiano d’adozione) Refik Anadol che, attraverso un algoritmo di machine learning “nutrito” con dipinti realizzati tra il XIV e il XVII secolo, ci propone un Rinascimento fatto di forme e colori masticati e restituiti in una chiave sicuramente nuova.