– Maurizio Ficeli –
Prosegue il giro de “L’Arno.it” alla scoperta dei personaggi che caratterizzano il tifo pisano. Stavolta abbiamo individuato un supporter di eccezione, si tratta del dottor Felice Foresta, medico del 118, calabrese di nascita ma ormai pisano di adozione visto che sono più di 40 anni che vive nella città della Torre pendente. Con lui non abbiamo parlato solo di calcio e della sua passione per il Pisa, ma anche della sua professione.
Grazie, dottore, per la sua disponibilità, può farci una piccola presentazione di sé a beneficio dei nostri lettori?
“Mi chiamo Felice Foresta, ho quasi 64 anni, sono vecchietto (ride, ndr). Sono nato il 13 dicembre del 1958. Sono arrivato a Pisa tanti anni fa, da studente universitario, per frequentare la facoltà di Medicina. Erano gli anni Settanta, poi dopo laureato mi sono fermato qui, mi sono sposato con una pisana doc, Laura Saviozzi, ho tre figli, tutti nati qui a Pisa: Antonio, il primogenito, Sara e Giulia. Una volta laureato mi sono specializzato in medicina dello sport, ho iniziato a fare sostituzioni di medici di famiglia e via via di guardie mediche turistiche, poi ho svolto per 5 anni il lavoro di medico sportivo a Viareggio ed infine nel 118 dove sono da 26 anni, come medico di emergenza”.
Il suo lavoro è sicuramente gratificante per certi versi ma indubbiamente presenta delle difficoltà. Ci può dire un episodio bello che ancora si ricorda ed uno invece difficile?
“Un episodio bello è stato quando tempo fa, in un operazione di soccorso, è venuto alla luce un bambino: è nato in casa e poi lo portammo in ambulanza all’ospedale, con la mamma. È accaduto a Cascina: è stata la prima volta che sono intervenuto per una vita che è venuta al mondo, un intervento diverso da quelli che capitano di routine. Episodi belli sono anche tutti quelli in cui riesci a salvare delle vite umane e questo ti dà gratificazione. L’altro lato della medaglia, chiaramente, è che c’è tanto stress e sofferenza per il tipo di lavoro. Episodi negativi che lasciano il segno sono quando ti capita di intervenire su persone morte, specie ragazzi giovani. Mi sono capitati incidenti con più morti e tutti giovani, poi è triste quando capitano suicidi, ti parlo in generale di episodi brutti che ti lasciano amarezza e stress”.
Come sicuramente stressante sarà stato il periodo della pandemia, vero?
“Senza dubbio, soprattutto nei primi mesi quando questo virus si conosceva ancora molto poco, non che ora si conosca ancora del tutto, ma all’inizio faceva parecchio paura, con tutti i contagi e tutti i morti, situazioni difficili, chiusi in un lockdown stretto, con noi medici in prima linea, barricati in queste tute spaziali. È stata davvero dura, in certe condizioni non è stato facile, poi piano piano ne siamo usciti, anche se non del tutto, comunque abbiamo preso tutti le misure per affrontare la situazione in maniera diversa, poi sono arrivati i vaccini e le cure che sono indubbiamente servite”.
Spesso la notiamo anche allo stadio con la pettorina arancione durante le gare interne del Pisa. Che ruolo svolge?
“Praticamente faccio il medico all’Arena Garibaldi per tutti gli spettatori e tutte le persone presenti nell’impianto. Se dovesse accadere qualcosa di grave, anche negli spogliatoi, come medico di emergenza del 118 sono abilitato ad intervenire. Svolgo questo servizio ormai da tanti anni”.
Il suo amore per il Pisa quando è sbocciato?
“Non tantissimo tempo fa, a dire il vero, perché, anche se sono qui a Pisa da una vita, vale a dire dalla fine degli anni Settanta, a quel tempo il Pisa non lo seguivo se non da appassionato di calcio in generale. Avevo altri interessi ed altre passioni, poi venendo dal Sud ero più tifoso della squadre meridionali. Da bimbetto andavo con mio padre a vedere il Catanzaro ai tempi di Gianni Bui o di Palanca, poi il Crotone, città dove vivevo”.
La svolta decisiva per il tifo nerazzurro qual è stata allora?
“Negli anni, stando qui a Pisa ed entrando sempre più nel tessuto sociale della città, con amicizie pisane, piano piano mi sono fatto coinvolgere, anche se mi sono perso l’era fantastica di Romeo Anconetani. Il merito di tutto comunque è di Lorenzo Del Mancino, il mitico “Loriano”, che frequentava la zona nostra e la parrocchia dei frati Cappuccini di San Giusto, dove io andavo da studente. Con la moglie, amica della mia, Loriano veniva in parrocchia e suonavano in chiesa. Dopo esserci conosciuti piano piano mi ha trasmesso questa passione per il Pisa. Passione che risale al 2006/07 l’anno in cui la squadra, guidata da Piero Braglia, fu promossa in serie B. Praticamente le ultime partite di quel campionato furono le prime che cominciai a seguire “.
Si ricorda la sua prima trasferta?
“Fu a Monza, la gara di andata dei Playoff di quel campionato vinto e da allora ho cominciato a seguire il Pisa a tempo pieno in tutte le trasferte. Diciamo che è stata una passione sbocciata forte. Poi dopo qualche anno ho iniziato come medico a lavorare anche all’interno dello stadio nelle gare casalinghe”
C’è qualche aneddoto particolare che ha da raccontare riguardo alle trasferte fatte al seguito dei nerazzurri?
“Proposi a mia moglie, senza dirle nulla di preciso, di passare il nostro anniversario di matrimonio, andando a visitare qualche città non troppo lontana e le proposi di andare a Parma. Era lo scorso campionato. Lei era ancora inconsapevole che c’era il trucco. Quindi siamo partiti il giorno prima, abbiamo visitato i dintorni di Parma, Fontanellato e poi la città stessa. Il giorno dopo, in una giornata caratterizzata da un diluvio, ho portato mia moglie allo stadio Tardini a vedere la partita, quindi il nostro anniversario lo abbiamo festeggiato vedendo il Pisa. Poi la ho coinvolta in altre trasferte, nelle quali c’erano gite di più di un giorno, organizzate dal Centro Coordinamento di Liana Bandini, come Lecce e Venezia, dove al calcio si abbinava sport, arte e cultura. Poi ci sono anche tante trasferte fatte insieme a Lorenzo, il mitico “Loriano” Del Mancino, per esempio quella di Cosenza, lo scorso anno, da dove ritornai attraversando la Sila, sotto una tempesta di neve che non si vedeva nulla da 5 metri. Ce ne sono tante, insomma”.
E quando c’è stata la partita fra Pisa e Crotone, visto che è di là, per chi ha tifato?
“Quando c’è stato Crotone-Pisa io non ho mai avuto alcun dubbio perché ci sono i miei fratelli e sorelle che sono nei settori del tifo crotonese mentre io sono sempre stato fra i tifosi pisani. Lo sanno, io mi metto lì e tifo Pisa. Qualche anno fa, a Crotone, prima di una gara del Pisa, io e i miei fratelli cenammo a casa dell’allora presidente del Crotone, Raffaele Vrenna, il quale mi disse: ‘Ma perché non vieni in tribuna con i tuoi fratelli, ti do io il biglietto’. Ma io risposi così: ‘Grazie, no no, io vado in curva ospite e tifo Pisa, è un amore ed una passione troppo forte”.
Dei giocatori passati da Pisa e di quelli attuali, chi ricorda con particolare piacere o con chi ha un bel rapporto di stima ed amicizia?
“Allora, di quelli del recente passato, ho stimato tanto e sono rimasto affezionato a Ciccio Favasuli, perché poi, al di là della bravura in campo, sono molto attaccato a chi mi dà qualcosa dal punto di vista umano, a chi è umile e semplice e ti considera un po’, perché deve essere un rapporto di reciprocità e Ciccio è senza dubbio uno di questi. Poi Ciccio è anche conterraneo mio, perché, anche se sono di Crotone, sono però nato in provincia di Reggio Calabria proprio come lui. Una delle più grandi emozioni che Favasuli ci ha dato è quel gol a Perugia nella semifinale playoff dove fra poco svenivo, quindi tutta Pisa deve essere sempre grata a questo capitano che ha scritto un pezzo importante di storia nerazzurra. Un altro giocatore del recente passato che ho stimato è il grande Gabriel Raimondi. Di quelli attuali sicuramente un rapporto buono ce l’ho con i senatori, di questi ti cito quelli che sono più alla mano, ti posso dire Tano Masucci, Antonio Caracciolo, Alessandro De Vitis, Robert Gucher, Nicholas Siega, Davide Di Quinzio, così come avevo un buon rapporto con Stefano Gori, con cui parlavo volentieri. Un ragazzo alla mano, sempre sorridente e disponibile”.
Con la grande fede nerazzurra che la contraddistingue, è vero che ha un cane a cui ha dato il nome di un ex giocatore nerazzurro?
“Ecco, infatti un altro giocatore che ricordo con piacere è Nacho Varela, infatti il mio cane, che è un border collie, l’ho chiamato Nacho”.
Lei è stato al ritiro di Rovetta a vedere la preparazione della squadra, che impressione ha avuto?
“Premesso che ho seguito tutti gli ultimi ritiri, da Storo a Rovetta, quest’anno sono stato lì due giorni e ho avuto una buona impressione: ambiente tranquillo e sereno ed anche un po’ un cantiere, qualcuno dovrà partire, altri arriveranno. Io sono fiducioso, mi sono piaciuti Canestrelli e Juereskin”.
Cosa vuol dire ai tifosi, specie a quelli che possano essere un po’ scettici su certi cambiamenti?
“Noi tifosi, io compreso, per carità, vorremmo sempre ad ogni ritiro la squadra al completo, però io parto da un presupposto: grazie a Dio, abbiamo una società solida e quando ci sono le basi e le spalle coperte, bisogna avere fiducia e un po’ di pazienza, la squadra si farà, anche perché credo che un tecnico preparato come Maran, se è venuto a Pisa, lo ha fatto per sposare un progetto ambizioso”.
Maurizio Ficeli