Il recente omicidio di un giovane parrucchiere marocchino, ucciso da un tunisino pluripregiudicato, proprio davanti al suo negozio di via Corridoni, mi ha rattristato moltissimo. Avevo poco meno di 10 anni quando, con la mia famiglia, andai ad abitare in via Mascagni, poco lontano da dove è accaduto il fatto di San due. Scegliemmo quella zona perché era, non ci crederete, prestigiosa e ben servita.
Molti i negozi che si affacciavano sulla stazione, ricordo in particolare Cofer Abbigliamento, ed il vicino Alimentari sempre fornitissimo. Via Corridoni iniziava con gli uffici di Alitalia per poi proseguire con una notissima Sala Giochi, molto frequentata dai giovani pisani. E andando verso la passerella c’era il Panettiere dove io e la mia amica Monica andavamo a comprare il pane con i soldi contati, mentre dietro, in via Vespucci, Piero e Deanna si prendevano cura dei nostri capelli. Ancora più avanti Gigi il bar del Totocalcio e i mitici Pugliesi che ogni fine settimana facevano salire dalla loro splendida regione, prodotti freschissimi e succulenti. Come non ricordare le loro gustosissime burrate.
Per tutto questo, ma anche perché discendo da una famiglia san martinese doc, commercianti molto conosciuti e stimati, ho voluto rimanere in quelle zone finché ho potuto. Mi sono sposata e sono andata ad abitare proprio in via Corridoni. Per anni siamo vissuti bene. Eravamo vicini a via Cattaneo, la Borgo Giannotti pisana. Una comunità vivace e coesa. Poi tutto è precipitato. Erano gli anni 2000 e poco a poco lo scenario si è trasformato. Hanno iniziato i bengalesi con l’apertura di negozi di chincaglierie e poi i cinesi che silenziosamente ma in modo “scientifico”, si sono inseriti in quelle strade andando ad alimentare il mercatino dei ‘vu cumprá’. Poi i kebab ed ancora i cingalesi ed infine i nordafricani. Scoprimmo presto che dietro a queste attività si nascondeva un gioco losco che afferiva prevalentemente allo spaccio di droghe. Quanti giovani traballanti e con gli occhi stralunati abbiamo visto perdersi tra quei figuri.
Sono nati comitati già all’epoca. Abbiamo protestato, ma non è servito a niente. Chi di noi ha potuto si è trasferito, chi è restato ha provato a combattere come ha potuto questo degrado. L’allora parroco di San Marco alle Cappelle, ad esempio, con il Centro San Marco, ha dato seguito ad iniziative di volontariato insieme alla Scuola di Quartiere (I. C. Fucini) che avevano lo scopo di promuovere l’inclusione e la socializzazione.
Con un progetto di rete abbiamo avvicinato molte famiglie promuovendo, soprattutto tra i più piccoli, valori come solidarietà e rispetto di sé stessi e del bene comune. Tutto in spirito di gratuitá. Le Istituzioni? Presenti solo per le passerelle o quando si avvicinavano le Elezioni. Oggi molti di noi non ci sono più, oppure si sono trasferiti. Il Quartiere è ormai totalmente trasformato. Resistono ancora dei baluardi come il macellaio Paolo di via della Spina, le lavanderie di via Vespucci, ll barrino in via Corridoni, il Paladini tappezzerie con le vicine parrucchiere compresa la mia amica Emilia. In via Cattaneo come non citare Lando, ottica Niccolini, Cei elettrauto, la Casa del Campeggio, L’Alimentari Il Portone della mia amica Betti, l’Oreficeria Leotta con le dolcissime Lucilla e Serena, la Farmacia Ciucci con la mitica Stefania e… Il Centro San Marco, questo piccolo Centro Sociale che resiste ai cambiamenti e che, anzi, li vuole affrontare garantendo il più possibile “prossimità”.
Alle famiglie pisane e straniere che vivono quei quartieri poco interessano i battibecchi politici sui fatti di sangue e sul degrado. Loro vogliono solo vivere in pace e serenità, e chiedono di essere messe in grado di farlo. Oggi sono molto spaventate e questo non è giusto. Noi, lo staff del Centro insieme a me, ci stiamo impegnando molto per offrire gratuitamente quella pace e serenità che manca da tanto ed è stata aggravata dalla pandemia. Offrire vicinanza e tendere una mano è davvero semplice se si vuole.
Ormai il passato è dietro alle nostre spalle ma chi è rimasto ha il dovere morale di combattere ancora affinché il quartiere che non c’è più, si trasformi “nell’Isola che c’è”. In fondo i sogni non costano niente.
Paola Viegi
Presidente Centro San Marco Onlus