L’autunno pisano prevede da molti anni una serie di eventi culturali di grande rilievo che attraggono migliaia di persone da ogni parte. Uno di questi è stato senza dubbio il “Pisa book festival”, fiera nazionale dell’editoria indipendente, giunto quest’anno alla ventesima edizione. Si è svolta in diverse sedi dei lungarni ed è durata quattro giorni (dal 29 settembre al 2 ottobre), facendo registrare circa diecimila visite.
Non potevamo mancare all’appuntamento visto che ci occupiamo spesso di libri, e non siamo mancati. Mi sono recato sul posto muovendomi tra i numerosi espositori dell’ Arsenale Mediceo alla ricerca di alcuni editori e scrittori pisani, con qualche casuale e fortunata eccezione. Incontri brevi per un veloce accenno alle loro personali attività in mezzo a quella stupenda e simpatica, colorata baraonda di libri, autori e lettori. Parallelamente, nelle altre sedi, si sono svolte, nel corso di questi giorni, un centinaio di presentazioni di libri e incontri con autori. Nel mio casuale girovagare innanzitutto ho avuto la fortuna d’imbattermi nella direttrice Lucia Della Porta (nella foto sotto) che si è prestata gentilmente a scambiare alcune impressioni.
Allora, come dico sempre in questi casi ai miei interlocutori, si presenti…
“Sono Lucia Della Porta e sono la fondatrice e organizzatrice di questo festival che è iniziato vent’anni fa alla Leopolda e che con gli anni si è spostato al Palazzo dei Congressi, dove abbiamo trovato una casa molto accogliente. Lì siamo cresciuti tantissimo arrivando ad ospitare 140 editori e realizzando proprio una bella fiera dell’editoria. Purtroppo, col Covid, il Palazzo dei Congressi ha chiuso e quindi ci siamo un po’ ristrutturati come festival diffuso. Abbiamo trovato gli Arsenali Repubblicani del Comune che ospitano gli 80 stand delle case editrici, un numero inferiore a 140, ma in una location meravigliosa. Le presentazioni vengono ospitate nel Museo delle Navi Antiche e a Palazzo Blu. Nel museo delle Navi Antiche abbiamo tre sale a disposizione: due proprio nel museo e una nella chiesa di San Vito. Anche questa chiesa, molto amata dai pisani, è diventata una sala di presentazione degli eventi. A Palazzo Blu, invece, si svolgono tutti gli incontri sull’arte e sulle illustrazioni. Quindi sono differenziati un po’ come contenuti, ma sono tutti targati Pisa Bookfestival”.
Come nacque, nel 2003, l’idea di far partire questo festival?
“Per difendere e promuovere l’editoria indipendente. Credo che ci siamo riusciti perché in venti anni c’è stato, anche a livello nazionale, una grandissima e crescente attenzione per questi piccoli brand, alcuni dei quali sono cresciuti negli anni diventando medi. E quindi credo che il bookfestival abbia contribuito alla loro affermazione e questo mi pare un buon risultato”.
Ha detto che ci sono 80 case editrici?
“Sì, certo, rispetto al Palazzo dei Congressi, come dicevo prima, ce ne sono di meno perché lì erano appunto in 140. Tanti che fanno richiesta purtroppo non entrano”.
L’editoria post Covid è migliorata o peggiorata?
“Non credo che l’editoria sia stata molto toccata dalla pandemia perché la gente ha continuato a leggere. Il Covid ha toccato l’organizzazione di eventi, le fiere, tutto quello che era un po’ spettacolo pubblico, ma l’editore ha continuato a vendere online. Non credo neppure che ci sia una grande crisi dell’editoria perché ci sono editori rimasti fuori, e se ci fosse una crisi non ci sarebbero state richieste perché venire qui ha un costo, dato che si può vendere anche online. Invece c’è stato il bisogno di ritrovarsi tutti insieme, ed è stata una cosa bellissima. Però, dal punto di vista di vista economico il comparto editoriale non credo ne abbia risentito molto della pandemia. Certamente, dal punto di vista dei rapporti umani, del vedersi, di stabilire contatti e scambi di autori, di presentazioni, di fare progetti insieme, è chiaro che è stato un periodo molto difficile e faticoso. Quindi c’era gran voglia di stare tutti insieme, di ritrovare il pubblico, e quello pisano è molto generoso, molto attento, quindi era proprio necessario confrontarsi di nuovo con loro”.
Chi vi sostiene economicamente?
La “Fondazione Pisa” ci ha sempre aiutato. È stato il partner più fedele e più generoso. Anche il Comune ci dà una buona mano mettendo gli Arsenali a disposizione, quindi da questo punto di vista siamo molto fortunati”.
Prospettive?
“Cosa possiamo fare? Aumentare il numero degli editori è impossibile”.
Il Palazzo dei Congressi non è più praticabile?
“È difficile, è dell’università, come dicevo prima ha chiuso per il Covid e l’istituzione dovrebbe ristruttarlo, ma non se ne ha più notizie. Comunque noi stiamo benissimo qui, gli editori sono contenti perché quelli che sono riusciti ad entrare si trovano bene. L’anno scorso, la prima volta dopo il Covid, gli editori hanno detto di aver venduto il triplo rispetto al Palazzo dei Congressi”.
C’è una rotazione annuale tra gli editori?
“No, se quelli che ci sono confermano noi li ospitiamo volentieri anche l’anno successivo. Qualcuno che non conferma lascia entrare gli altri. Forse 5-6 hanno cambiato quest’anno, mentre tutti gli altri hanno confermato alla svelta”.
Bisogna essere veloci a confermare?
“È così, dove c’è poco posto chi prima arriva…”
…prima alloggia!
“D’altronde quale altro criterio dovremmo seguire? Mica abbiamo simpatie o antipatie nei confronti di qualcuno. Ci sono editori che sono con noi dalla prima edizione. La fedeltà è importante. D’altronde questa fiera è per loro, che sono la nostra missione, e i protagonisti assoluti. Tutte le presentazioni e gli eventi speciali sono un po’ a corredo di questo, e servono anche a dare lustro alla città di Pisa, perché anche questa è un’altra nostra missione; non a caso la chiamiamo ‘Pisabookfestival’, ed è la terza fiera in Italia. C’è Torino, Roma, e poi ci siano noi. Ce ne sono tanti altri ma nessuno di loro supera i nostri numeri”.
Siete medaglia di bronzo…
“Certo, e ce la teniamo ben stretta”.
Nel corso degli anni sono intervenute tante personalità e molti scrittori famosi, quest’anno chi verrà?
“Vero. Quest’anno, come scrittori diciamo famosi, c’è Marco Vichi, che festeggia il ventennio passato con noi col commissario Bordelli che ha venduto e vende milioni di copie. Poi verrà un grande scrittore russo dissidente, Michael Shishkin, che vive all’estero da dieci anni. Avremo un po’ d’incontri sull’Ucraina con una giornalista ucraina e un libro su questa nazione che ce ne racconta la storia. Interverrà anche la scrittrice russa Anna Zafesova che è autrice del libro “Navalny contro Putin” un saggio che descrive la mente del capo dei russi. Alle 18 ci sarà il “Premio Traduzione” di cui l’anno scorso è partita la prima edizione. E’ un premio dedicato sempre agli editori indipendenti perché è una caratteristica dell’ editoria indipendente quella di fare molte traduzioni perché non è facilissimo trovare uno scrittore italiano, mentre si possono acquistano i diritti di un autore all’estero e tradurlo. Sono tutti molto bravi a scoprire scrittori stranieri. Quindi ci sarà il premio al traduttore o traduttrice.
Che è stato assegnato a?
“Non si può dire, ma c’è il premio alla carriera che quest’anno è stato assegnato a Susanna Basso, grande traduttrice di Jane Austen. Ci sarà anche un “Premio poesia” a Laura Coltelli, che è una grande esperta di letteratura e cultura dei nativi americani traduttrice, tra gli altri, dei versi di Leslie Marmon Silko e Joy Harjo”.
Ho ringraziato l’ideatrice di questa super manifestazione, una vera e propria miniera per i bibliofili. A dir la verità mi sono rimaste nella faretra delle domande più specifiche per comprendere come avviene l’organizzazione durante tutto l’anno di una simile fiera, ma le tirerò fuori l’anno prossimo, dove auspico che noi arnini s’intervenga in forza per girare ancora di più tra le centinaia di eventi che caratterizzano ogni anno questo festival.
Immaginando, forse a torto, che qualcuno degli sparuti lettori di queste mie righe, che spero superiori ai 25 manzoniani, possa essere voglioso di conoscere il nome del vincitore del premio-traduzione, avrei pensato di svelarlo. Erano tre i traduttori in lizza per la vittoria: Giuliano Geri, Alessandro de Vito e Sara Reggiani. Ha vinto quest’ultima per la traduzione di “A volte una bella pensata” (Ed. Black Coffee 2021- Ed. originale in inglese 1964) di Ken Kesey, un libro-romanzo fiume ambientato negli anni sessanta in un piccolo paese dell’Oregon.
Un premio speciale è stato, invece, assegnato a Giuseppe Dell’Agata per la traduzione di “Cronorifugio” di Giorgio Gospodinov, vincitore del Premio Strega Giovani 2022 (Voland).
Dopo aver salutato e ringraziato la gentile e disponibile organizzatrice ho cominciato il mio giro tra gli stand.
Seguitemi nei prossimi articoli e vedrete che bella gente ho incontrato!
Guido Martinelli