Nello stand della Carmignani al Pisa Book Festival trovo alcuni autori che decido di coinvolgere. Il primo è Luca Poli, autore del recente “Aloha” di cui ho sentito parlare un gran bene e che mi propongo di leggere al più presto. Intanto riesco a coinvolgere il giovane scrittore in una breve chiacchierata.
Luca, si presenti…
“Sono Luca Poli, ho 36 anni, sono laureato in “Cinema musica e teatro” all’Università di Pisa dove ho concluso il mio ciclo di studi con una tesi sul doppiaggio poiché mi interessava la relazione fra la recitazione e la declamazione, ovvero la voce come strumento per recitare”.
Da questo suo interesse mi par di comprendere che lei ha svolto attività teatrale, vero?
“Sì. Ho iniziato alle elementari, poi ho continuato alle medie e quindi sono stato sette anni all’interno del Teatro “Verdi” di Pisa dove si svolgono ottimi corsi di teatro e di drammaturgia, con Franco Farina, Cristina Lazzari, Luca Biagiotti. Li ho potuto realizzare diverse esperienze, tra cui un bellissimo studio e spettacolo sui campi di concentramento di Auschwitz e sul processo di Norimberga. È stata proprio una bella esperienza svoltasi più di dieci anni fa che ci ha portato anche a visitare Auschwitz per raccogliere testimonianze da utilizzare nella messa in scena di un bellissimo spettacolo. Nel frattempo mi sono avvicinato alla letteratura e alla scrittura”.
Qual è l’importanza della scrittura nella sua vita?
“Allora, diciamo che sta diventando molto importante, ma è nata per caso. Mentre con il teatro, avendolo iniziato fin da piccolo, avevo il desiderio di fare l’attore e di continuare l’esperienza, sia pur facendo piccole cose, mi sono avvicinato alla letteratura dando la mano a un mio amico, Carlo Scorrano, che gestiva la Istos edizioni nata dalle ceneri della Felici Edizioni. Lì mi sono trovato ad occuparmi dell’organizzazione di presentazioni, mercatini e altro. Quindi, stando in mezzo ai libri, mi è venuto in mente di lanciarmi anch’io nel mondo della scrittura. Infatti, anch’io mi ero un po’ cimentato nella scrittura pur lasciando dei racconti a metà, così li ho ripresi. Volendo, poi, scrivere un romanzo che è più complesso di un racconto, sono entrato piano piano nell’ottica della scrittura di qualcosa di più lungo e articolato e con più personaggi. E con pazienza l’ho finito. Questo primo romanzo, ”Clochard”, è andato bene perché ha vinto anche il terzo premio a un concorso letterario nazionale sull’Argentario nel 2016. A dire la verità, m’ero persino scordato di averlo mandato e la notizia della cerimonia del premio mi ha sorpreso piacevolmente. Nel frattempo la “Istos” edizioni ha cambiato connotati e direttore e quando ho finito il secondo romanzo, “Baba Kunya. Una strana famiglia” ho preso una pennina usb, dato che oggi si usano le pennine mentre una volta si usavano i dischetti, e ho cominciato a far girare questa pennina con dentro il romanzo presso diverse case editrici. Dopo qualche mese mi ha chiamato la Carmignani. Così ora sono al terzo, “Aloha”, di nuovo con loro”.
Ce ne parla?
“Aloha è un romanzo molto particolare perché innanzitutto è un romanzo breve di meno di 100 pagine e si caratterizza per essere un romanzo epistolare. Tutti i protagonisti, che vivono in Versilia, per la precisione a Marina di Pietrasanta e a Pietrasanta, si scrivono delle lettere, ma i protagonisti principali sono un uomo e una donna che si conoscono fin dall’adolescenza. Sono molto amici e forse non hanno mai ammesso nemmeno a loro stessi di essere innamorati l’uno dell’altra. Si ritrovano davanti ad una loro comune amica in punto di morte e rievocano il passato”.
Si danno anche i baci?
“Vuol sapere troppo. Io, per scriverlo, sono andato a rievocare ricordi della Versilia degli anni 60-70-80. Nel libro, invece, loro riallacciano un rapporto che almeno all’inizio rimane nascosto. Volendo essere precisi si può dire che questo libro parla di due tipi di lutti: uno relativo alla perdita di una parente o di un’amica e l’altro di un amore. Non aggiungo altro per non svelare troppo”.
Bravo, si fermi qui. Quali sono i suoi autori di riferimento?
“Non ce n’è uno in particolare. Diciamo che cerco di leggere di tutto: romanzi sentimentali, gialli, vado a periodi. Mi piacciono molto anche le biografie di attori del passato, o comunque anche la letteratura sudamericana come i libri di Isabel Allende, qualche autore anche dell’Europa del nord. Tutte le volte che mi chiedono un autore particolare a me, però, piace ricordare, come è successo in diverse interviste, Mariateresa Di Lascia. Lei è riuscita a pubblicare, purtroppo, solo un romanzo che si intitola “Passaggio in ombra”, stampato postumo dopo la sua morte, avvenuta in età molto giovane, che ha vinto pure il premio Strega.
Già, ricordo…
“È un romanzo straordinario, scritto in una maniera straordinaria, che parla di un’Italia che forse non esiste più, di un paese del sud d’Italia, dei suoi ricordi d’infanzia. Dovrebbero inchinarsi tutti di fronte a un simile libro. Mi piace ricordarlo perché lei, forse, è più conosciuta come politica dato che è stata rappresentante dei radicali e, tra le tante cose, ha fondato l’associazione “Nessuno tocchi Caino”. Conobbi suo fratello Franco che mi fece leggere delle sue cose allora inedite molto belle”.
Prospettive future?
“Ora sto cercando di pubblicizzare e presentare il più possibile questo “Aloha” e posso dire che, qualche anno fa, era molto più semplice presentare i libri. Ora, un po’ per la crisi economica, un po’ per la pandemia, è molto più difficile organizzare delle presentazioni soprattutto in luoghi adatti come questo “Pisabook festival” che io definisco una vetrina di “artigiani della letteratura”. Tengo molto a promuovere questo “Aloha” perché vi sono dei ricordi anche della mia infanzia dato che io frequento Pietrasanta e Marina di Pietrasanta da vent’anni. Poi, piano piano, mi metterò al lavoro per scriverne un altro. Tutti i libri che ho scritto sono quasi tutti sentimentali come “Clochard” e “Baba Kunya” che racconta di un bambino che va alla ricerca del padre naturale in Marocco. Forse quest’ultimo è ancora più sentimentale perché è un romanzo d’amore. Ecco, per il prossimo libro vorrei cercare di cambiare un po’, ma non ho ancora deciso nulla”.
Per concludere la classica domanda delle cento pistole. Secondo lei la letteratura può cambiare il mondo?
“Può far riflettere sicuramente qualcuno. Leggere un libro è molto interessante, io lo consiglio sempre. Magari è giusto avere un autore di riferimento preferito, ma ritengo sia preferibile non fossilizzarsi su un genere tipo solo gialli o solo thriller secondo me un po’ limitante, ma di spaziare tra i generi e gli autori. In questo modo forse qualcosa cambierà, però non credo che i libri possano cambiare più di tanto la mente dei potenti che ci comandano. Certamente i libri invitano a riflettere, e sono una bella presenza nelle nostre vite”.
Osservazioni finali degne di nota. Aloha, ciao ciao, Mr. Poli, e arrivederci al suo prossimo libro.
Guido Martinelli